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Tutte le ansie dell’industria italiana per il caro energia secondo Masulli

“Sarà necessario vedere quale sarà l’impatto congiunto sulla spesa energetica di famiglie e imprese di queste misure e della ripida discesa che stanno sperimentando le quotazioni del gas naturale e quale sarà la loro dinamica futura”. Conversazione con il direttore del comparto energia di i-Com

Nonostante più di 90 miliardi di euro impegnati per fronteggiare la crisi, è evidente che tutto il tessuto sociale sia in grande sofferenza ed il comparto industriale non fa eccezione. Lo dice a Formiche.net Michele Masulli, direttore del comparto energia di I-COM che in questa conversazione analizza il trend italiano di inizio anno.

L’anno “energetico” per l’Italia inizia con il diesel che aumenta: che significa, non solo per gli automobilisti, ma per le imprese?

Sì, il 2022 si è chiuso con un rialzo dei listini dei prezzi dei carburanti e il nuovo anno è cominciato con la mancata proroga del taglio alle accise. Sale pertanto il costo del rifornimento non solo del diesel, ma anche della benzina e del Gpl. Anche i prodotti raffinati hanno terminato il 2022 in aumento, il terzo consecutivo. Registrano prezzi in crescita anche i combustibili per uso industriale. Come dice giustamente lei, ne risulterà un aggravio non solo per gli automobilisti, ma anche per le imprese, che da molti mesi soffrono un rialzo significativo dei prezzi alla produzione (seppure con un ritmo di crescita in diminuzione).

Ovvero?

Se guardiamo all’ultima rilevazione Istat, infatti, vediamo come a novembre i prezzi alla produzione dell’industria sono aumentati del 2,6% su base mensile e del 29,4% su base annua (era +27,7% a ottobre). Si tratta di un aumento concentrato nel mercato interno, spinto soprattutto dall’incremento dei prezzi di fornitura del gas. Per questo, sul mercato interno i prezzi sono cresciuti del 3,3% rispetto a ottobre e del 35,7% su base annua. Risulta dirimente la componente energia alla base di questa pressione inflazionistica. Al netto del comparto energetico, infatti, i prezzi risultano stabili rispetto a ottobre, ma si registra comunque un aumento del 12% rispetto all’anno precedente.

Il governo ha immesso molte risorse sul settore, ma al di là della politica dei bonus quali passi in concreto andranno fatti per non impattare sulla nostra industria?

La crescita tendenziale dei prezzi di fornitura di energia elettrica e gas rimane elevata, prossima al 90%. Come è noto, la legge di bilancio destina al caro energia gran parte delle proprie risorse, 21 su 36 miliardi. Quota consistente è orientata a rifinanziare per il prossimo trimestre misure già adottate. Penso, in particolare, all’azzeramento degli oneri generali di sistema, al taglio dell’Iva sul gas sia per gli usi civili sia per quelli industriali, al potenziamento del bonus sociale. In alcuni casi, le misure sono state potenziate, anche prestando un’attenzione specifica alle sofferenze del comparto industriale. Penso all’estensione del taglio dell’Iva sul gas e soprattutto al potenziamento del credito d’imposta destinato alle aziende energivore e gasivore. Alcuni interventi hanno invece carattere strutturale, ma proporzioni limitate. Faccio riferimento alla fiscalizzazione degli oneri di sistema sostenuti per lo smantellamento delle centrali nucleari e le relative misure di compensazione, che ammontano a 400 milioni.

Sarà necessario vedere quale sarà l’impatto congiunto sulla spesa energetica di famiglie e imprese di queste misure e della ripida discesa che stanno sperimentando le quotazioni del gas naturale e quale sarà la loro dinamica futura. Oggi il prezzo del gas al TTF si attesta a 76€/MWh, un livello inferiore all’invasione dell’Ucraina, ma comunque più che doppio se paragonato ai valori pre-crisi.

Esiste il rischio di una mini-deindustrializzazione a causa del caro energia?

Nonostante più di 90 miliardi di euro impegnati per fronteggiare la crisi, è evidente che tutto il tessuto sociale sia in grande sofferenza ed il comparto industriale non fa eccezione: è sottoposto a fortissimo stress e un processo di deterioramento della base manifatturiera è già in corso. La crescita straordinaria dei prezzi dell’energia non esclude nessun settore di attività industriali. Conoscono quasi tutti aumenti in doppia cifra rispetto a un anno fa. Penso soprattutto all’industria chimica e della gomma e materie plastiche (+20,0% mercato interno), alle industrie alimentari, delle bevande e del tabacco (+18%) e all’industria del legno e della carta (+17%). Per questo si rileva anche un calo dell’indice di produzione industriale, seppure in misura molto più contenuta rispetto alla contrazione dei consumi industriali gas ed elettrici. Il grido di allarme delle associazioni datoriali non può che essere raccolto dalle Istituzioni, se vogliamo evitare di pregiudicare ulteriormente la ripresa economica avviata dopo la crisi covid-19.



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