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Così TikTok prova a rassicurare gli Usa. I dettagli della proposta

Lo stallo sull’accordo deve essere sbloccato e l’azienda ha lasciato trapelare una bozza di proposta. Pur di convincere il Congresso Usa, è disposta a ristrutturarsi interamente, condividere con le autorità le informazioni e modellare l’algoritmo così da poter operare senza fiato sul collo

In attesa che lo stallo sull’accordo tra il Committee on Foreign Investment degli Stati Uniti (Cfius) e TikTok, l’azienda cinese ha avanzato la sua proposta. L’ha confidata un funzionario dell’app di proprietà di Byte Dance a CyberScoop, a condizione di rimanere nell’anonimato. Il Project Texas, nome dell’accordo, pensato da TikTok prevede che la piattaforma condivida con Oracle parti importanti della sua tecnologia, dando spazio ai controlli affinché venga appurato che non divulghi contenuti promossi dalla Cina o condivida i dati degli utenti americani con Pechino. Insomma, prova a venire incontro alle richieste di Washington.

La preoccupazione degli americani, democratici e repubblicani all’unisono, risiede proprio nell’oscurità delle politiche promosse dal Partito Comunista Cinese, che potrebbe servirsi di TikTok per influenzare Paesi terzi e promuovere la propria propaganda. Esportarla negli Stati Uniti, per di più senza muovere un dito, sarebbe infatti un colpo da maestro. La Casa Bianca però vigila da tempo sull’attività del social network ed è arrivata persino a minacciare di bandirla, considerandola una minaccia per la sicurezza nazionale. Ci aveva provato Donald Trump, poi l’arrivo di Joe Biden ha fatto compiere marcia indietro. Ma bisogna arrivare a un accordo, per far continuare il rapporto.

L’idea dell’azienda è di creare un TikTok ad hoc per gli Stati Uniti, con una sua struttura indipendente ma aperta a collaborare con il Cfius e il Dipartimento del Tesoro, adattando la piattaforma alle regole americane. Inoltre, tutti i dati degli utenti registrati (100 milioni solo negli Usa, un miliardo in giro per tutto il mondo) non usciranno dal Paese. Ci sarebbero diversi step di controllo, che devono passare al vaglio delle autorità. “Nessun bit o byte entra o esce dal cloud Oracle a meno che non passi attraverso questi gateway”, ha dichiarato la fonte di CyberScoop.

Un altro sforzo riguarda la garanzia sull’algoritmo, che dovrà lasciar passare anche quello che in Cina viene considerato materiale da censura. “Oracle può rivedere gli algoritmi, il software, i modelli di dati”. Come non è chiaro, visto che non è stato specificato se Pechino possa o meno rimetterci mano. Soprattutto, non è stato definito (lo sarà presumibilmente nel momento in cui la proposta verrà ufficializzata) come si possa modificare l’algoritmo.

Per Biden si tratta di una questione spinosa: da una parte deve dimostrarsi intransigente di fronte ai pericoli che arrivano dall’esterno (specie dalla Cina), dall’altra non può ignorare il fatto che chiudere un’app come TikTok possa generare un malessere nell’elettorato più giovane, per la maggior parte registrato sul social.

La questione rimane aperta e lo sarà ancora per un po’. Non basta una proposta per convincere i funzionari americani, ma servirà qualcosa di più concreto. Certo è che, se davvero TikTok intende ristrutturarsi per poter continuare a operare negli Stati Uniti, è un passo in avanti considerevole da parte dell’azienda compiuto per riappacificarsi con Washington.

Un altro capitolo importante dell’intera faccenda, che viene trascinata ormai da anni, avverrà fra circa un paio di mesi. L’amministratore delegato di TikTok, Shou Zi Chew, apparirà infatti davanti all’House Energy and Commerce Committee il prossimo 23 marzo, proprio per dare un segnale al Congresso sulle buone intenzioni della sua società. Da capire se sarà davvero sufficiente a sbloccare la situazione.


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