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Dante appartiene all’Italia. L’attenzione ai piccoli dettagli secondo Sisci

La destra per decenni ha attaccato la sinistra perché voleva mettere una targhetta alla cultura. Ma ci sono autori che appartengono all’Italia e al mondo, al di là di ogni bandiera. Un consiglio (non richiesto) al presidente Meloni: non inciampi su sciocchezze…

 

A 18 anni la signorina Song Ruoci ha lasciato Pechino ed è andata a Bologna per studiare Dante. Al suo liceo aveva imparato italiano in un programma sperimentale come seconda lingua, dopo l’inglese, e si era appassionata al poeta fiorentino. L’anno scorso, dopo avere preso la laurea, ha cominciato un master, sempre concentrata su Dante, e sogna un dottorato di ricerca nei rapporti fra Dante e Virgilio.

La dottoressa Song, ne sono sicuro, non ha mai pensato che l’Alighieri nostrano fosse di destra. Politico, appassionato, militante, complottista, inventore di trame non solo letterarie, combattente, Dante era guelfo, cioè favorevole al Papa nella disputa con i Ghibellini, sostenitori dell’imperatore di Germania. Ma era pure un fan di Federico II di Svevia, era un aristotelico appassionato dell’”eretico” Averroè. Dante è l’Italia, né di destra o di sinistra.

La destra per decenni ha attaccato la sinistra perché voleva mettere una targhetta alla cultura. Presa l’egemonia culturale il Pci dava voti rosso o nero, quasi fossero novelli Stendhal, a ogni libro, film, autore.

Se era bello era di sinistra, e il contrario, se era di sinistra era bello. L’assunto ha creato orrori di cortocircuiti: polpettoni illeggibili passati come capolavori per la bandiera rossa in copertina o capolavori senza tempo venduti come guide alla rivoluzione per la convenienza del momento.

Solo che i tic di ieri non giustificano quelli, a ruoli invertiti, di oggi, come si è visto nelle dichiarazioni del ministro Gennaro Sangiuliano, sull’eterno Dante.

Su queste pagine abbiamo parlato di cosa sia o possa essere una cultura di destra in Italia, ma questo non è colorare di nero le dichiarazioni di rosso di ieri. Non può essere una mano di vernice sullo stesso identico Minculpop.

Non solo Dante non è di sinistra o destra, ma Gramsci, che pure era segretario del Pci, non è di sinistra. Sono autori che hanno fatto l’Italia e il mondo e a loro appartengono al di là di ogni bandiera. Non sono del Pci ma nemmeno di FdI.

Certo, la questione è una sciocchezza, ma è importante proprio perché è tale. I matrimoni finiscono sui piccoli dettagli, come si strizza il tubetto del dentifricio, troppo sale, poco sale nel sugo. Sui grandi sistemi possiamo anche essere tutti d’accordo.

Il problema quindi non è se Dante era destro o mancino. È che il governo di Giorgia Meloni, per cui abbiamo tifato quando nessuno la prendeva sul serio, non può inciampare un giorno sì e l’altro pure. De Rita, Ricolfi hanno testimoniato nei giorni scorsi le loro perplessità sul governo, anche loro non sono prevenuti sull’esecutivo, anzi.

Presidente Meloni, se posso, prenda fiato e ci pensi, altrimenti le cose potrebbero incepparsi per i motivi più banali.

La grande fortuna del governo è che l’opposizione ha deciso di estinguersi mandando in giro la signorina Schlein che in posa plastica si mostra con gli occhiali sulla testa come fermacapelli o ferma pensieri.

Solo che anche il vuoto altrui non è garanzia eterna di successo proprio.

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