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Il miracolo della Dc che Meloni non può dimenticare. Scrive Sisci

Oggi non c’è cultura di destra o di sinistra. Il liberalismo non c’è. Da dove ricominciare? L’Italia che Meloni oggi governa è tale perché nel 1948 la Dc fece un miracolo, fermò insieme fascismo e comunismo collegando insieme voglia di rinascita, la Chiesa e gli Stati Uniti. Questo ha fatto 50 anni di libertà e sviluppo economico dell’Italia. Forse è da qui, da quella Dc, che occorre ripartire

Il 1968 fu una data spartiacque, dopo l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, il Partito comunista Italiano (Pci) fino ad allora lealmente filo russo, si spacca. Una parte diventa critica dell’Urss e criticamente filo americana. Le proteste studentesche di sinistra e libertarie approfondiscono poi la frattura, permettendo a un ambito di sinistra di sentirsi a cavallo di due mondi, né con gli Usa né contro gli Usa, comunista ma critici dell’Urss.

Dopo i fatti di Tiananmen in Cina, il crollo del muro di Berlino nell’89 si arriva nel 1992 alla fine dell’impero sovietico e anche la fine del Pci ma senza ragionamento critico.

Personalmente, nella primavera del 1989 da Pechino, seguendo la protesta studentesca per il Manifesto e poi le evoluzioni in Europa dissi ai grandissimi Rossana Rossanda e Valentino Parlato: “È l’occasione vostra. Rivendicate che avete ragione, che il comunismo realizzato è orrore. L’idea di il comunismo può essere salvato come orizzonte, utopia, ma non come obiettivo reale”.

Per me fu fondamentale un articolo pubblicato tra la fine del 1988 e l’inizio del 1989 sul prestigioso giornale di Shanghai Shijie jingingji dabao (Eraldo economico mondiale), firmato da uno studente di Harvard che tracciava la differenza fra proprietà (capitalista) e possesso (socialista), possesso è senza responsabilità, proprietà ha responsabilità. Quindi meglio la proprietà del possesso. In quel momento la lettura in voga in Cina era Hayek.

Ma questo passaggio non accadde alla sinistra italiana. Rossanda si rifugiò nei sogni di un maoismo che non era mai esistito. Era, credo, la punta di lancia di un fenomeno più largo, una incapacità di tagliare dei cordoni ombelicali, peraltro marci, con il passato.

Con gli anni la sinistra divenne sempre più critica degli Usa senza sentire il bisogno di fare i conti con l’orrore del comunismo realizzato, che nel frattempo era svanito con la fine dell’Urss. Da quel momento ha cominciato a crearsi allo stesso tempo un cortocircuito e un vuoto culturale. La cultura della DC fu distrutta da Mani Pulite e contorno; quella comunista si era sciolta come neve al sole per mancanza oggettiva di riferimenti culturali con il fallimento sovietico. Né era emersa una cultura liberale. Ci fu un semplice assalto al potere.

Certo il primo Berlusconi cercò di arruolare liberali ma entrarono in contrasto con suoi interessi privati, e quindi vennero scaricati. L’ex Pci si arroccò sulla questione morale. Quando poi la stella Berlusconi calò, calò anche l’ultimo velo di cultura. La rottamazione di Renzi, i vaffa-vaffa del Movemento 5 Stelle sono la distruzione per la distruzione senza un progetto culturale di ricostruzione. Quando si è esaurita questa stagione il pallino è arrivato a Giorgia Meloni.

Oggi non c’è cultura di destra o di sinistra. Il liberalismo non c’è. Da dove ricominciare?

Forse occorre provare dalla storia e dal 1948. L’Italia che Meloni oggi governa è perché nel 1948 la Dc fece un miracolo, fermò insieme fascismo e comunismo collegando insieme voglia di rinascita, la Chiesa e gli Stati Uniti. Questo ha fatto 50 anni di libertà e sviluppo economico dell’Italia. Forse è da qui, da quella Dc, che occorre ripartire.

Se FdI oggi è al potere è perché i “duce-duce” sono stati fermati ed emarginati. Quindi lei non deve fare l’errore dei comunisti che non hanno mai rinnegato gli errori del passato.

Ma qui c’è il problema del Pd adesso. Il radicalismo di M5S non è macchiato dal passato comunista e quindi può permettersi di parlare in libertà e a vanvera, senza responsabilità di conti e realizzabilità. Ma il Pd che ha ancora reminiscenze con il socialismo reale facendo i conti veri con il suo passato. Esso poi può trovare uno spazio di sinistra riformista proponendo politiche popolari che la distinguono dal centrodestra, ma decidendo di lasciare a sinistra gli estremisti, anzi aumentando la polemica con gli estremismi di M5S.

Senza questo passaggio il Pd, o quella area di sinistra moderata è destinata a rimanere schiacciata, e l’estremismo inconcludente dei 5 Stelle poi lascia spazio libero al centrodestra. Quest’ultimo però senza avere fatto profondamente conti con il passato, senza un orizzonte forte di riferimento culturale, quindi senza un vero piano, e con iniziative tattiche, rischia di girare a vuoto e scivolare ad ogni passo.


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