Dall’Ecofin emerge la strategia comunitaria per non perdere terreno rispetto agli Stati Uniti. Pronta la risposta all’Inflation reduction act americano, ma sugli aiuti di Stato il governo italiano mette i paletti: guai ad avvantaggiare Germania&co
La risposta non poteva tardare troppo. L’Europa è pronta a fare la sua parte per fermare sul nascere un’emorragia di competitività e di imprese. La questione è nota, gli Stati Uniti con l’Inflation reduction act, 370 miliardi (qui l’intervista all’economista e docente Marco Fortis) che hanno creato di fatto una gigantesca calamita per le aziende, oltre a fornire un tonico all’economia reale già presente in loco.
Il che, come espressamente ribadito dal presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen nel suo intervento a Davos, preoccupa l’Europa. Per questo l’Ecofin appena concluso non poteva chiudersi con un nulla di fatto. Guai a tornare nelle rispettive capitali con un pugno di mosche in mano. Per fortuna, qualche indicazione di sorta è arrivata, anche e non solo grazie al pressing del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
L’ORA DELLE FIDUCIA (IN EUROPA)
A tirare le somme è stato il numero due della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che prima di entrare nel merito della questione sussidi, si è lasciato andare a delle premesse. Sull’economia continentale “sebbene la situazione resti impegnativa, ci sono stati alcuni sviluppi positivi, come i cali dei prezzi di petrolio e gas, scesi sotto i livelli dello scorso autunno, le scorte elevate di gas, grazie al clima mite e al price cap che funziona con successo. Intanto i dati delle indagini, sebbene restino deboli, mostrano diversi segnali di miglioramento del clima di fiducia. Anche se è presto per l’autocompiacimento”.
RISPOSTA A WASHINGTON
Le conclusioni dell’Ecofin ruotano poi, come da previsioni della vigilia, intorno al piano di aiuti e gravi statunitense. A breve, l’Europa batterà un colpo. “Il primo febbraio la Commissione europea presenterà una proposta in risposta al controverso Inflation Reduction Act varato dall’amministrazione Biden negli Usa”, ha annunciato Dombrovskis. Il quale non si è sbilanciato più di tanto sui dettagli. “Nelle modifiche annunciate al quadro Ue per gli aiuti di Stato, volte consentire e facilitare il sostegno pubblico per i settori strategici dell’industria nella transizione verde e digitale, anche in risposta all’Ira negli Usa, la Commissione europea farà attenzione a rafforzare il mercato unico, e a non minarlo, preservando le pari condizioni per le imprese di tutti i Paesi membri”.
C’è dell’altro. “Riguardo alla risposta politica dell’Ue (agli Usa, ndr), stiamo guardando anche a una soluzione europea nel medio termine: stiamo lavorando a un Fondo di sovranità europea e guardiamo pure agli strumenti già esistenti di investimento, compresi il Fondo Rrf (che finanzia i Pnrr, ndr), e il piano Repower Eu (il piano della Commissione europea per rendere l’Europa indipendente dai combustibili fossili russi ben prima del 2030, ndr). Stiamo valutando che margine rimane da utilizzare ancora in questi strumenti, per finanziare la nostra risposta politica. E poi dovremo vedere anche come facilitare il finanziamento dell’economia europea da parte del settore privato, anche attraverso l’Unione del mercato dei capitali”.
L’APPUNTO DI GIORGETTI
Attenzione però, perché l’Italia nelle contromisure allo studio di Bruxelles, vorrà fare la sua parte. Giorgetti non ha mancato di dare indicazioni per rendere la proposta comunitaria il più efficace possibile. “Come Italia vorremmo sottolineare che il semplice allentamento delle regole degli aiuti di Stato non è una soluzione perché sarebbe sproporzionato avvantaggiare gli Stati membri che godono di un margine di bilancio più ampio, aggravando così le divergenze economiche all’interno dell’Unione e conseguente frammentazione del mercato interno”, ha chiarito il responsabile di Via XX Settembre.
Il messaggio è chiaro, Paesi come la Germania, che hanno conti pubblici più in ordini e dunque maggiore disponibilità di cassa, potrebbero mettere sul piatto molte più risorse di quanto possa fare l’Italia. “Va bene rispondere all’Ira ma attenzione a fare autogol in Europa. Servono regole comuni. Dovremmo stare attenti a non replicare all’interno della Ue le stesse dinamiche di agguerrita competizione che l’Ira ha determinato tra Usa ed Europa. Vorrei anche ricordare che abbiamo progetti comuni, come gli Ipcei (lo strumento agevolativo che supporta le attività svolte dai soggetti italiani coinvolti nella realizzazione degli importanti progetti, ndr) che sono la dimostrazione dell`importanza di percorsi di sviluppo europeo per l`industria dell`innovazione tecnologica. Grazie anche agli effetti di ricaduta, tutti gli Stati membri beneficerebbero direttamente o indirettamente di questi fondi. Potremmo sfruttare l’efficacia di strumenti comuni come Next Generation Eu e Sure, che possono essere replicati con successo nel contesto dell’attuale crisi”.
Bruxelles però ha inteso tranquillizzare l’Italia, lasciando tutte le opzioni aperte. “In effetti c’è una discussione sul ruolo che dovranno svolgere gli aiuti di Stato come risposta politica all’Ira. Abbiamo cominciato la consultazione con gli Stati membri riguardo al necessario adeguamenti delle regole, sapendo che comunque dobbiamo preservare la parità di condizioni (level playing field’, ndr) nell’Ue. Servono degli adeguamenti mirati, senza cambiare la logica sottostante al quadro sugli aiuti di Stato dell’Ue, e che è un elemento importante del mercato unico. Chiaramente la nostra risposta politica deve essere rafforzare il mercato unico e non minarlo. Questa è la direzione che stiamo valutando, naturalmente tenendo a mente questo aspetto della parità di condizioni”.