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Inflazione e Cina, il trasporto ferroviario di merci tra paura e speranza

Colloquio con Giuseppe Rizzi, direttore di Fermerci, l’associazione del trasporto merci su ferro. Il 2022 è stato un anno difficile, i lockdown cinesi e l’impennata del costo dell’energia hanno impattato in modo significativo sul settore. Ma nel 2023 le cose potrebbero mettersi meglio

 

La Cina, l’inflazione, la guerra e quella gomma che vince, ancora, sul ferro. Non è certo stato un anno facile, il 2022, per il trasporto ferroviario di merci. Giuseppe Rizzi guida dalla scorsa estate, in veste di direttore, Fermerci, l’associazione italiana del trasporto di merci su ferro, che include tra gli altri anche Ferrovie dello Stato. Rizzi spiega come e perché il trasporto ferroviario di merci dello Stivale non può, e non deve, essere abbandonato a se stesso, in un momento in cui l’inflazione e le strozzature a monte delle filiere aprono le porte a una nuova recessione.

“Non abbiamo ancora numeri certi che ci dicano come è andato il 2022 per il nostro settore. Per il momento possiamo dire che l’anno non si è chiuso nel migliore dei modi, è stato un anno difficile, complesso, con tanti fattori che hanno pesato sul trasporto ferroviario di merci”, premette Rizzi. “Tra gli elementi che hanno condizionato il mercato, che comunque continua a reggere il colpo, questa va detto, ci sono certamente il costo dell’energia, che nel 2022 è esploso, generando dei costi extra, solo in parte recuperati grazie agli incentivi del precedente governo”.

Ma non è finita. “Abbiamo assistito ad una pesante riduzione, anche parziale, di certe filiere, come la ceramica, siderurgico e automotive, che hanno rallentato la loro produzione. A questo si sono aggiunti altri due fattori, non meno importanti dei primi. E cioè i lockdown cinesi, che hanno impattato molto sull’import della componentistica con ripercussioni anche sulla logistica nazionale. L’urto dei lockdown in Cina ha penalizzato il trasporto ferroviario delle merci, un trasporto oggi ancora poco sviluppato in Italia”, spiega Rizzi.

“Oltre a tutto questo, anche gli Stati Uniti nella seconda parte del 2022 hanno registrato un calo della domanda di beni italiani. Guardando avanti, c’è da essere un po’ più ottimisti. Il fatto che l’energia abbia avuto una riduzione dei costi ci fa ben sperare”, mette in chiaro Rizzi. “Gli indicatori ci dicono che l’ultimo trimestre del 2022 è stato migliore, morbido, meno aggressivo in termini di costi rispetto ai mesi precedenti. Questa può essere una buona premessa e dunque anche il primo trimestre potrebbe alla fine andare un po’ meglio. Questo è sufficiente per sperare bene sul futuro”.

Rizzi affronta poi il tema dell’eccessivo sbilanciamento del trasporto su gomma rispetto a quello su ferro, in cui l’Italia è carente. Occorre bilanciare gli incentivi. “Riguardo al ferrobonus, ritenuto da alcune organizzazioni di rappresentanza inefficace, vorrei segnalare che questo bonus, dato per la prima volta spot nel 2011, con un importo di circa 20 milioni di euro. Ad oggi, trascorsi 12 anni, nonostante sia diventato uno stanziamento pluriennale, è costituito dallo stesso l’importo…ovvero 20 milioni. Il trasporto ferroviario merci è poco sostenuto dal governo. Nessuna polemica con il settore dell’autotrasporto, necessario partner con cui collaboriamo quotidianamente. Però non possiamo  negare che il ferroviario merci è figlio di un Dio minore, uno spare…”

 


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