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Il governo a Davos e le letture esagerate della sinistra. La versione di Cangini

Il governo sarà a Davos con il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, ma la rappresentazione mediatica della scelta dell’esecutivo italiano si muove in due direzioni, entrambe leggermente esagerate… Il commento di Andrea Cangini

La scelta del governo è la stessa, ma le diverse anime della sinistra ne danno letture opposte. Il sito di informazione antiglobalista (e un po’ complottista) Byoblu titola: “Il governo Meloni cede alle sirene di Davos: ci sarà il ministro Valditara”. Decisione che invece viene letta in chiave contraria dal Pd. E da Repubblica, che accusa Giorgia Meloni di aver “rifiutato tutti gli inviti” e con Francesco Manacorda ne disapprova la scelta attraverso un commento emblematicamente intitolato “Il governo no global”. Due letture leggermente esagerate. Ma non c’è dubbio che tra i ranghi dell’establishment nazionale ed internazionale a prevalere sarà la seconda.

È piuttosto anomalo, infatti, che la neopremier e i suoi ministri economici non abbiamo voluto approfittare del consesso annuale che a Davos riunisce il gotha della politica, della finanza e dell’industria globali per presentarsi e tessere ciascuno la propria tela. Nel 2019, il neofita Giuseppe Conte lo fece. Lo fece soprattutto nel tentativo di ricucire gli strappi con Francia e Germania e per rassicurare gli investitori internazionali, comprensibilmente scettici sull’affidabilità del primo governo “sovranista” d’Europa. In tutta onestà, non si può dire che quel debutto, che vide il presidente del Consiglio italiano sciaguratamente appaiato all’allora presidente del Brasile Jair Bolsonaro, gli servì a molto.

È possibile che Giorgia Meloni abbia considerato inutile spendere il proprio tempo sulle Alpi svizzere. È probabile abbia ritenuto che dopo anni di retorica antiestablishment quella foto di gruppo, scattata di punto in bianco, avrebbe nuociuto alla propria immagine domestica. Ma i tempi sono cambiati e con i tempi è naturale che cambino anche l’immagine del leader e il suo discorso pubblico. Giorgia Meloni non è più, come disse durante il suo discorso al Parlamento per la fiducia, una “underdog”, cioè un’emarginata, una sfavorita. E non è più neanche il capo dell’opposizione. È la presidente del Consiglio di uno Stato saldamente ancorato alla Nato, all’Europa e alle logiche dell’economia di mercato. L’ancoraggio del governo Meloni è dimostrato dai fatti, ma ai fatti ancora non corrispondono parole conseguenti. La storia è radicalmente cambiata, così come cambiate sono le responsabilità personali e nazionali. Tanto vale cominciare subito a raccontare la storia nuova come farà a Davos il ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, unico rappresentante del governo italiano.



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