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Governo promosso al varco dei 100 giorni. Per Sacconi ora la sfida è l’Europa

L’ex ministro: “In politica estera sta facendo ottime scelte, individuando le priorità per il nostro Paese. Come la scelta di investire sul Nord Africa con cui confiniamo, in ottica di alleanze energetiche, di loro sviluppo e di governo dei flussi migratori. Il secondo aspetto sul quale Meloni non ha mai avuto tentennamenti è il posizionamento sul conflitto in Ucraina”

Molte più luci che ombre. E con una sfida di portata europea da vincere. L’ex ministro Maurizio Sacconi non ha dubbi: i cento giorni del governo guidato da Giorgia Meloni hanno avviato un buon percorso. Ma siamo solo all’inizio.

Sacconi, proprio a partire dalla Finanziaria, tante sono state le critiche mosse al nuovo esecutivo. Eppure, non si sono verificate le catastrofi preconizzate da qualche profeta di sventura. Critiche strumentali?

Questo esecutivo è subentrato con la scadenza impellente della legge di bilancio, redatta e approvata in continuità e con l’aggiunta di alcuni elementi identitari. Ma senza mettere in discussione la stabilità di finanza pubblica, nella consapevolezza che è finita l’illusione di poter allargare il debito in nome dell’emergenza.

Politicamente, quali sono i tratti che più hanno distinto l’operato del Governo?

Mi pare che questo sia un governo a cui Giorgia Meloni da una forte impronta identitaria. Non è la vecchia destra sociale, ma è una nuova destra moderna non statalista, che vuole ordine e garanzie, a suo modo europeista. Attenta quindi a liberare la vitalità sociale. Più volte il premier ha dichiarato che non è lo Stato a dover fare sviluppo ma si deve limitare a non disturbare chi ha voglia di fare, agevolandone l’iniziativa. Insomma meno ipertrofia regolatoria e incertezza del diritto. La nuova Europa sarà poi la vera sfida.

Si riferisce alle elezioni europee del 2024?

Questa è una destra non ostile all’Unione e che si candida a guidarla per cambiarla. Con ogni probabilità la prossima maggioranza in Ue sarà composta da liberali, popolari e conservatori. E ciò produrrà nuovi vertici della Commissione e un forte ruolo dell’Italia.

In politica estera Meloni come si è mossa?

Mi pare bene, individuando fin da subito le priorità per il nostro Paese. Come la scelta di investire sul Nord Africa con cui confiniamo, in ottica di alleanze energetiche, di loro sviluppo e di governo dei flussi migratori. Il secondo aspetto sul quale Meloni non ha mai avuto tentennamenti è il posizionamento per quanto riguarda il conflitto in Ucraina. In questo l’Italia deve avere un ruolo fondamentale anche nel tentativo di addivenire a un accordo di pace, ma nel rispetto delle ragioni del paese aggredito.

L’agenda delle riforme è piuttosto densa. Quali sono gli scenari e i consigli che si sente di dare al nuovo esecutivo?

Il consiglio è quello di prepararsi agli inevitabili conflitti sia sulle riforme, sia sulle politiche per lo sviluppo. La riforma della giustizia non avrà un percorso facile e sarà osteggiata dalla sinistra giudiziaria. D’altra parte però c’è una maggioranza di magistrati che sarebbe pronta a sostenere il cambiamento e con la quale vale la pena dialogare. Allo stesso modo penso che Meloni debba individuare dei blocchi sociali di riferimento per portare avanti le politiche di sviluppo che ha inserito nel programma, e che vogliono sostenere il lavoro e la libertà d’impresa. In questo senso è necessario coltivare i corpi intermedi che non hanno pregiudizi come Cisl, Ugl e le associazioni dei commercianti, degli artigiani e degli agricoltori.

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