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Sì alle intercettazioni ai fini delle indagini, no alla gogna mediatica. Scrive l’avv. Benedetto

Niente bavagli, ma siccome non possiamo appellarci all’etica della responsabilità in un campo minato come è quello delle intercettazioni, agiamo a monte. L’opinione dell’avvocato Giuseppe Benedetto, presidente della Fondazione Luigi Einaudi

Diciamocelo con franchezza cosa sono divenute oggi le intercettazioni? Rappresentano la tortura dei giorni nostri, perché chi ci incappa, vede il suo nome e la sua vita spesso rovinati per sempre. Non per le intercettazioni, ma per le successive, a volte indiscriminate, pubblicazioni. Oggi non c’è bisogno della violenza fisica, basta quella informatica.

Quando dopo il XIII secolo tramontò l’Inquisizione, la frase tipica che da quel momento si trova nelle minute degli interrogatori è “confessionem esse veram, non factam vi tormentorum” (la confessione è valida, non resa sotto la violenza). Ecco, riguardo alle intercettazioni oggi si dovrebbe scrivere a verbale: le intercettazioni sono da portare a processo, solo se non preventivamente diffuse e pubblicate erga omnes. Come si ottiene ciò?

Questo è un problema. In realtà un falso problema. Perché ha ragione il sottosegretario Andrea Ostellari quando dice: la libertà di una democrazia si misura anche dalla possibilità della stampa di pubblicare opinioni (e ci mancherebbe altro!) e notizie scomode, ma questo non può trasformarsi in diritto alla gogna”.

E allora, niente bavagli. Ma siccome non possiamo appellarci all’etica della responsabilità in un campo minato come è quello delle intercettazioni, agiamo a monte. Enrico Costa segnala un dato giustissimo, ben conosciuto da tutti gli operatori della giustizia, quello di passare ai giornali le ordinanze di custodia cautelare in versione integrale. E poiché li sono riportate, per l’appunto “integralmente” tutte le intercettazioni, ecco che il gioco è fatto.

Il detto popolare “fatta la legge (divieto di pubblicazione delle intercettazioni irrilevanti) gabbato lo Santo” trova sostanza.

Altra cautela possibile quella proposta dall’U.C.P.I., per cui sono utilizzabili solo le intercettazioni relative ai reati per i quali un Giudice le ha specificatamente autorizzate. Dunque niente intercettazioni “a strascico”.

Insomma la questione centrale è sempre la stessa, l’uso di uno strumento importante per le indagini e l’abuso che se ne fa.

Uso o abuso.

Sempre nel quadro della nostra carta fondamentale che recita all’art. 15 “La libertà e la segretezza della corrispondenza e di ogni altra forma di comunicazione sono inviolabili”.

È la Costituzione della Repubblica Italiana.


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