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Pasdaran “terroristi” e nucleare. Le mosse di Ue (e Italia)

Il Parlamento ha votato a larga maggioranza per inserire le Guardie della rivoluzione nella lista nera. Anche negli Stati membri si sta alzando la pressione su Teheran per la repressione delle proteste

Ieri il Parlamento europeo ha votato a larga maggioranza per inserire i Pasdaran iraniani nella lista delle organizzazioni terroristiche. L’emendamento, presentato dal gruppo dei conservatori Ecr e allegato alla relazione annuale sulla politica estera e di sicurezza, è stato votato a favore da 598 parlamentari (9 contrari e 31 astenuti). Oggi l’Eurocamera ha chiesto di ampliare l’elenco delle sanzioni per includere tutti gli individui e le entità responsabili di violazioni dei diritti umani e i loro familiari, tra cui la Guida suprema Ali Khamenei, il presidente Ebrahim Raisi, il procuratore generale Mohammad Jafar Montazeri e tutte le fondazioni legate ai Pasdaran.

Nei giorni scorsi anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen si era detta a favore dell’inserimento dei Pasdaran tra le organizzazioni terroristiche per rispondere “alle violazioni dei diritti umani” nel Paese. E la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola aveva partecipato a una manifestazione di solidarietà alle proteste in Iran, di fronte all’Eurocamera. In conferenza stampa aveva poi chiesto “più sanzioni” per dimostrare alle persone che manifestano contro il regime di Teheran che “sono dalla parte giusta della storia” e che “noi saremo dalla loro parte”.

Dall’inizio delle proteste, l’Unione europea ha ampliato la lista dei sanzioni, aggiungendo 60 tra persone ed entità. Tra queste ci sono i quattro membri della squadra che ha arrestato Mahsa Amini, il generale Kiyumars Heidari, comandante delle forze di terra dell’esercito di Teheran, Vahid Mohammad Naser Majid, capo della polizia informatica iraniana, e pure il ministro dell’Interno Ahmad Vahidi, responsabile delle forze di polizia. Nell’elenco attuale ci sono attualmente un totale di 126 persone e 11 entità, compresa l’emittente pubblica Press TV, responsabile di aver prodotto e trasmesso confessioni estorte a detenuti.

Dopo quattro mesi dalla morte di Mahsa Amini, l’Unione europea appare decisa a imboccare una politica più dura nei confronti dell’Iran per aumentare la pressione in una fase in cui Teheran ha scelto la via della repressione interna e dell’alleanza con la Russia nella guerra contro l’Ucraina. “Gli ayatollah sono più minacciati oggi che in qualsiasi altro momento dalla rivoluzione islamica del 1979 che li ha portati al potere”, ha spiegato in un’intervista esclusiva a Formiche.net l’ambasciatore John Bolton, già consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Nel mirino europeo sono dunque finiti i Pasdaran, un elemento fondamentale dell’assetto costituzionale dell’Iran e già definito organizzazione terroristica dagli Stati Uniti quattro anni fa. La designazione sarebbe un netto atto formale e simbolico, più che pratico, nei confronti del regime. Anche dai parlamentari francesi, tedeschi, olandesi e britannici sono arrivate richieste in questa direzione.

Zohreh Elahian, deputata iraniana della commissione parlamentare per la sicurezza nazionale e la politica estera, ha avvertito l’Unione europea: “Dovrebbe sapere che designare le Guardie della rivoluzione come un’organizzazione terroristica e imporre nuove sanzioni comporterà un caro prezzo per gli Stati europei”. La questione è arrivata anche in Italia, con Fratelli d’Italia che ha depositato una mozione – primo firmatario il senatore Giulio Terzi di Sant’Agata, che nelle scorse settimane, in un articolo su Formiche.net, ha definito un cambio di regime a Teheran “ineludibile” – per designare i pasdaran come “entità terroristica”. Una simile mossa “costituirebbe una linea rossa per l’Iran e abbiamo chiesto ai Paesi europei, tra cui l’Italia, di non entrare in questi ambiti”, ha risposto il nuovo ambasciatore iraniano Mohammad Reza Sabouri (qui il suo profilo) nella sua prima conferenza stampa a Roma.

Il Consiglio Affari esteri di lunedì dovrebbe affrontare la questione. Che però è spinosa. Infatti, intreccia il futuro dell’accordo nucleare Jpcoa proprio nei giorni in cui il ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan Al Saud ha dichiarato al World Economic Forum di Davos che Riad sta cercando di trovare un percorso di dialogo con Teheran per risolvere le divergenze.

(Foto: Tasnim News)



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