L’attacco missilistico su Makiivka non produce risultati operativi, ma psicologici e politici altrettanto importanti, aumentando le critiche dei soldati russi e filorussi ai propri comandanti. E intanto Erdogan propone un improbabile cessate il fuoco unilaterale a Putin
L’Ucraina sta sfruttando l’attacco missilistico di Makiivka per ricordare al nemico che non esistono basi sicure dietro le linee del fronte. Un impatto psicologico importante, mentre sembrerebbe che stia aumentando l’insoddisfazione dei soldati russi verso i propri comandanti.
La notte tra il 31 dicembre e il 1° gennaio, un missile Himars ha colpito una base di alloggio temporaneo russa, circa 12 chilometri dietro la linea del fronte, vicino a Donetsk. Non è la prima volta che gli ucraini riescono a colpire dietro le linee nemiche. Gli episodi dell’attacco al ponte di Kerch e quelli alle basi aeree di Engels-1 e Dyagilevo erano stati clamorosi per gli obiettivi colpiti, ma non avevano fatto grandi vittime. Il bombardamento della base di Makiivka, al contrario, è stato una strage. Come in ogni guerra, è molto difficile ottenere stime veritiere: secondo gli ucraini i morti sarebbero 400; ma anche se fossero “solamente” gli 89 dichiarati dal ministero della Difesa russo, l’entità dell’attacco sarebbe comunque grave.
Come ha spiegato a Formiche.net il generale Vincenzo Camporini, l’episodio non produrrà cambiamenti significativi dal punto di vista delle operazioni belliche. Ma certamente ne provoca dal punto di vista politico e psicologico.
Questa è la prima volta che un ministero russo riconosce ufficialmente la perdita di così tanti soldati in un attacco dall’inizio dell’invasione del 24 febbraio. In un video diffuso su un canale Telegram si vede un soldato ucraino di fianco a un missile Himars suggerire ai russi di inviare le coordinate di veicoli militari, posti di comando e polveriere: “Se mi date queste informazioni non colpirò gli alloggi dei soldati, distruggerò solo l’artiglieria, le armi e il carburante. Nessuno vi manderà all’attacco. Salverete le vostre vite e quelle dei vostri amici”.
Una serie di blogger e comandanti militari russi hanno cominciato a cercare i responsabili a cui chiedere conto. Alcuni danno la colpa a partigiani locali che hanno fornito le coordinate per l’attacco, molti sostengono che la responsabilità primaria debba ricadere sui comandanti che hanno scelto di concentrare un gran numero di unità in un unico punto.
La Difesa russa ha optato per la via più semplice: dare la colpa ai morti. In un comunicato si legge che “una commissione speciale sta ancora indagando sull’incidente. Ma è già evidente che la ragione principale dell’accaduto è l’utilizzo massiccio di telefoni cellulari da parte del personale, nonostante il divieto”. Le forze ucraine non hanno voluto smentire o confermare l’affermazione.
Al momento circola online un video twittato dalla community di open-source intelligence InformNapalm che ritrae un presunto sopravvissuto all’attacco. Si tratterebbe di tale Nikita Bakulin, un coscritto ventottenne di Samara, che si rivolge alla madre incolpando due colonnelli russi della tragedia.
Aleksandr Khodakovsky, un importante comandante filorusso di Donetsk, ha affermato che esistono ancora diversi siti in cui sono concentrate forze russe e filorusse. E ha proseguito: “Se la nostra leadership militare non adotterà alcuna misura prima del prossimo attacco (…) questa inazione dovrebbe essere considerata come un tradimento”.
Nel frattempo, il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha telefonato questa mattina all’omologo Vladimir Putin chiedendo un cessate il fuoco “unilaterale” in Ucraina e una soluzione pacifica della crisi, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters. La proposta arriva quasi contemporaneamente all’appello del Patriarca russo Kirill che ha invocato una sospensione delle ostilità in occasione del Natale ortodosso dal mezzogiorno del 6 gennaio alla mezzanotte del 7 (orario di Mosca), per consentire ai fedeli di celebrare la festività. Una proposta che è “una trappola cinica”, ha replicato Mykhailo Podolyak, consigliere presidenziale ucraino. La Chiesa ortodossa russa “non è un’autorità per l’ortodossia globale e agisce come un propagandista di guerra”, ha aggiunto sottolineando che “in precedenza aveva incitato al genocidio degli ucraini, al massacro e alla militarizzazione della Russia”. “Quindi, la dichiarazione della Chiesa ortodossa russa sulla ‘tregua di Natale’ è una trappola cinica e un elemento di propaganda”, ha concluso Podolyak.
Il presidente Putin avrebbe risposto alla richiesta di Erdogan sostenendo che la Russia “è disponibile al dialogo serio, a condizione che le autorità di Kiev soddisfino requisiti noti e ripetutamente espressi e contengano le nuove entità territoriali”. Ovvero che Kiev accetti la sovranità russa sui territori occupati.
È poco probabile che queste proposte trovino sbocco in negoziati seri che possano condurre a una pace. In sostanza perché Kiev spera ancora di vincere grazie al supporto occidentale, mentre i Mosca spera che gli occidentali prima o poi si stufino di sostenere l’Ucraina in maniera così massiccia. La prossima primavera vedrà probabilmente una nuova fase della guerra, nuovo sangue e nuovo dolore per chi ogni giorno vive nella tragedia delle bombe, delle sirene antiaeree, delle trincee fangose.