Tajani in Egitto consolida l’attività italiana nel Mediterraneo. Egitto, Tunisia, Algeria, Libia, Turchia. Roma proietta i suoi interessi nazionali
Sicurezza energetica, cooperazione economica e stabilità nel Mediterraneo, soprattutto in Libia, anche per contrastare l’immigrazione irregolare. Sono questi i temi che la Farnesina comunica a proposito dell’incontro del ministro degli Esteri Antonio Tajani con il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi (con cui ha affrontato anche le evoluzioni riguardo ai casi Regeni e Zaki).
Ma sono anche i temi con cui l’Italia proietta i suoi interessi nazionali nel Mediterraneo allargato, promuovendo come guida di un’integrazione regionale che è necessità sempre più sentita dai Paesi dell’area. Gli stessi che riguardano la visita di Giorgia Meloni in Algeria, altrettanto identici a quelli visti in Tunisia nel viaggio di pochi giorni fa di Tajani e del collega agli Interni, Matteo Piantedosi. Parte degli stessi temi è anche stata discussa in Turchia, dove gli stessi due ministri sono stati nelle ultime due settimane.
L’attività italiana di questo periodo racconta di come Roma sia presente nella fase che il Mediterraneo sta vivendo. Il governo Meloni prosegue sul solco storico della politica estera italiana. E come ricordava su queste colonne Karim Mezran (Atlantic Council) sembra agire con “più incisività”.
L’Italia sembra aver ritrovato una dimensione strategica. Una volontà spinta dall’interesse nazionale che ha ragioni sia politiche che economico-commerciali — come dimostra la presenza insieme a Meloni, oggi ad Algeri, del presidente di Confindustria Carlo Bonomi e il Ceo di Eni, Claudio Descalzi.
Con questa rinnovata centralità, Roma si conferma piattaforma di contatto tra il mondo (nord)europeo e quello del Mediterraneo. Un fronte meridionale in cui l’Italia trova presenti attori competitivi e rivali dell’Occidente, come la Russia e in parte la Cina. Ma trova anche la sponda forte statunitense. Come dimostra per esempio la recente visita del direttore della Cia in Libia — dossier la cui stabilizzazione non è importante solo per l’Italia, ma per l’Europa intera, visti i rischi sotto vari aspetti securitari collegati, (dal ruolo del Wagner Group al terrorismo) che Washington ha per buona parte chiari e per questo sta riattivandosi diplomaticamente.
Un impegno che vede l’Italia automaticamente proiettata anche verso l’Africa (continente in evoluzione e pieno di sfide e opportunità), anche questo tra gli interessi americani ed europei primari. Ambiti geopolitici e geostrategici dove Roma può giocare anche un’ulteriore carta: quella della consapevolezza e della comprensione reciproca, qualità che permette all’Italia di muoversi (comunque con decisone) tra gli equilibri esistenti — spesso iper-sensibili — e di lavorare sul capitale umano.