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Meloni, i rapporti con la Santa Sede e un ruolo forte in Ue. Parla Cesa

“La sintonia riscontrata tra la premier Meloni e la presidente von der Leyen ribadisce il ruolo importante e fondamentale del nostro Paese in Europa”. Sull’incontro in Vaticano, il segretario dell’Udc e più volte deputato sottolinea: “Bisogna ripartire da qui, dalle radici giudaico-cristiane dell’Europa, in cui noi ci democratici cristiani e popolari europei ci riconosciamo da sempre”. E sul conservatorismo…

Sono giornate concitate, fitte di appuntamenti e incontri. L’agenda della premier Giorgia Meloni è densa. Ieri il confronto con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha aperto scenari molto interessanti e, in qualche modo, ha rafforzato il posizionamento dell’Italia sullo scacchiere internazionale. Anche l’udienza in Vaticano con papa Francesco si inserisce in questo solco. Di questo ne è convinto anche Lorenzo Cesa, più volte deputato, europarlamentare e segretario dell’Udc.

Onorevole Cesa, l’incontro tra Ursula von der Leyen e la premier Meloni ha avuto un esito positivo. Questo pare essere un ulteriore consolidamento del ruolo del governo in Europa. Come la vede?

È il segnale eloquente del profilo di questo governo: nel centrodestra siamo una coalizione che ha le idee molto chiare sulla posizione europeista e atlantista dell’Italia di cui noi democratici cristiani siamo i garanti. La sintonia che è stata riscontrata più volte tra la premier Meloni e la presidente von der Leyen ribadisce il ruolo importante e fondamentale del nostro Paese in Europa.

Sul Pnrr, tema che inizialmente ha creato qualche tensione, c’è stata un’apertura da parte della presidente della Commissione. Ora quali saranno i prossimi passi? Su quali punti il governo dovrà concentrarsi con maggiore urgenza?

Nel corso dell’incontro ieri a Palazzo Chigi tra Giorgia Meloni e Ursula von der Leyen è stato riaffermato l’impegno del nostro governo sul Pnrr. La Commissione Ue ha riconosciuto il lavoro fatto dall’Italia nel raggiungimento dei target previsti dal Piano di Ripresa e resilienza. Le aperture della presidente della Commissione sono senza dubbio positive: ora dobbiamo concentrare tutti gli sforzi contro gli effetti dell’inflazione e dei rincari delle materie prime, tenendo conto delle difficoltà per la messa a terra delle risorse europee. In questi primi mesi del 2023 questa sarà una delle nostre priorità da affrontare con la massima urgenza.

Oggi la premier ha incontrato il Pontefice per il quale, dopo la morte di Benedetto XVI, si è aperta una fase non certo facile. Qual è lo stato dell’arte dei rapporti fra la Santa Sede e Palazzo Chigi?

La visita di oggi della premier Meloni in Vaticano è un segnale importante degli ottimi rapporti tra la Santa Sede e il governo italiano. La scomparsa del papa Emerito lascia un grande vuoto nel mondo della cristianità. Ratzinger è stato un grande teologo, custode dei valori cristiani. In più occasioni sia il papa Emerito che Sua Santità papa Bergoglio hanno messo in evidenza la stanchezza della coscienza cristiana dell’Europa. Bisogna ripartire da qui, dalle radici giudaico-cristiane dell’Europa, in cui noi ci democratici cristiani e popolari europei ci riconosciamo da sempre.

Il confronto tra Meloni e Weber dei giorni scorsi apre probabilmente a scenari nuovi su scala Europea. Che sviluppi prevede per l’area conservatrice?

Il dialogo che si è aperto tra il presidente Weber, leader dei popolari europei, e la presidente e leader dei conservatori europei, Giorgia Meloni, è certamente rilevante e significativo. Questo “varco” può portare a nuovi scenari in vista delle prossime elezioni europee. È un primo passo ma non è il momento di fare previsioni sugli eventuali sviluppi.

L’indirizzo assunto dalla premier è molto attenzionato anche oltre oceano. La leadership di Meloni, sempre più proiettata come figura di riferimento del mondo conservatore, si sta consolidando anche sul piano internazionale?

Noi, a differenza della narrativa disfattista di certa sinistra, siamo sempre stati consapevoli che questo governo avrebbe consolidato sul piano internazionale la posizione dell’Italia. Il percorso intrapreso dall’esecutivo va nella direzione di mettere in atto il programma politico del centrodestra con cui ci siamo presentati agli elettori, dove – lo ricordiamo – al primo punto c’è proprio la collocazione chiaramente europeista e atlantista dell’Italia.

Molti escludono che si possa immaginare un partito conservatore unico in seno al centrodestra italiano. Lei che idea ha su questo punto?

A me piacerebbe di più un grande Partito popolare italiano, visto il radicamento che abbiamo in Europa e la nostra appartenenza alla famiglia del PPE. Il tema non può essere il nome o la sigla ma il metodo e il merito. Il partito conservatore unico, semmai dovesse esserci, comunque non può tradursi in un’operazione di palazzo ma dovrebbe partire dal basso, coinvolgendo i mondi che stanno al di fuori dei partiti e che si identificano nei nostri valori, altrimenti si rischia di promuovere delle iniziative che, come abbiamo visto in passato, rischiano di implodere su se stesse e di non avere possibilità di sviluppo.

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