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Alleanze? Prima un cambio di rotta. Il rilancio del Pd secondo De Micheli

L’ex ministra dem ha pubblicato, con Rubbettino, il libro che contiene la mozione con la quale si candida alla segreteria del Pd: “Il Pd deve tornare a rappresentare la maggioranza del Paese, ma senza essere la somma delle minoranze. Deve tornare a occuparsi di lavoro, di investimenti, di sanità, di diritti sociali, di partite Iva e di infrastrutture”. E sulle alleanze: “Bisogna invertire la prospettiva: l’obiettivo deve essere quello di far tornare il Pd forza egemone del centrosinistra”

Una vita dedicata alla politica. Più che il titolo di un libro suona come la base di una visione che proietta al futuro. Di una mozione congressuale, finalizzata a uscire dall’ombra in cui il Pd sembra essersi confinato. Ed è in effetti un condensato anche di una visione che Paola De Micheli, ex ministra e deputata del Pd in lizza per succedere a Enrico Letta alla segretaria nazionale del partito, vorrebbe proporre. L’ex ministra dem, all’indomani della decisione di correre per la segretaria del partito, ha pubblicato “Concretamente. Prima le persone” (Rubbettino), di cui ha parlato a Formiche.net.

Un manifesto, una visione, ma anche un condensato di esperienze personali. Che cosa rappresenta questo libro?

Il volume nasce dopo l’annuncio della mia candidatura alla segreteria del Pd. Per la verità la parte più personale, nella quale tratteggio anche tutte le difficoltà che ho incontrato nella vita, è stata caldeggiata dai miei collaboratori. Un modo per dimostrare che la mia volontà di guidare il partito non nasce dal nulla, ma da una vita difficile di povertà e di lavoro con un grande amore per la politica.

Nell’analisi della sconfitta del Pd, ci sono passaggi che travalicano i confini nazionali. La crisi della sinistra, anche a livello europeo, è un processo irreversibile? «Non lo sarà. Certo, i partiti progressisti, anche sul piano sovra-nazionale, non vivono un periodo particolarmente florido. Ma resto convinta che per risollevare le sorti del Pd non basti cambiare la classe dirigente. È una condizione necessaria ma non sufficiente. E abbiamo visto che non porta da nessuna parte.

Qual è, dunque, la sua ricetta?

Sono due. La prima riguarda i processi decisionali. I gruppi dirigenti e la linea del partito devono essere decisi dagli iscritti e dagli elettori. Questa sarebbe anche un’operazione di trasparenza che senz’altro farebbe bene al partito. Il secondo aspetto è legato ai comportamenti. La prossimità territoriale deve essere un modo di fare politica, un modello organizzativo vincente. Insomma, uno stile di vita.

Quali sono le proposte concrete?

Sono convinta che il Pd debba tornare a rappresentare la maggioranza del Paese, ma senza essere la somma delle minoranze. È un partito che ha una forte tradizione di governo, e deve tornare a occuparsi di lavoro, di investimenti, di sanità, di diritti sociali, di partite Iva e di infrastrutture. In merito a quest’ultimo aspetto è importante difendere il piano che avevamo predisposto durante il governo giallorosso. Un piano che ha come obiettivo il riscatto delle aree interne e del sud. Opere, insomma, che hanno un duplice scopo: dare una infrastruttura e combattere le disuguaglianze.

Un tema centrale per il prossimo segretario del Pd sarà quello delle alleanze. Lei come si pone con 5 Stelle e Terzo Polo?

Bisogna cambiare paradigma, anche in questo caso. Con i 5 Stelle ho governato, nel precedente esecutivo. Tutti avevano paura che fermassimo i cantieri, invece abbiamo sbloccato tutte le opere a tempi di record. Ma sul tema delle alleanze bisogna invertire la prospettiva: l’obiettivo deve essere quello di far tornare il Pd forza egemone del centrosinistra. A quel punto si può ragionare di futuro e di alleanze.

Una valutazione sui primi mesi del governo?

Mi pare che l’esecutivo guidato da Giorgia Meloni sia innanzitutto privo di una politica economica degna di questo nome: la Finanziaria vuota ne è un esempio. Ha distribuito poco, scontentando tutti. Sulle accise, il premier ha messo a nudo una grande fragilità del suo governo. Una fragilità che, drammaticamente, pagano gli italiani.

 

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