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Pechino e Jack Ma fanno pace. Via libera all’aumento di capitale di Ant Group

La mossa è il segnale della fine della guerra fredda tra il governo centrale e il settore tecnologico cinese. La richiesta imprescindibile del Partito era di dividere le holding finanziarie dalle società di e-commerce, per evitare lo strapotere delle Big Tech. Ora può iniziare una nuova fase

Non sarà una pace a tutti gli effetti, ma il via libera della China Banking and Insurance Regulatory Commission (Cbirc) di Chongqing all’aumento di capitale di Ant Group è un segnale che ci si avvicina molto. Le autorità cinesi hanno infatti concesso alla società fondata da Jack Ma, la holding finanziaria della sua Alibaba, di iniziare a raccogliere dal mercato 1,5 miliardi di dollari, che al cambio sono 10,5 miliardi di yuan. L’obiettivo è quello di arrivare a una capitalizzazione complessiva di 2,6 miliardi di dollari (18,5 miliardi di yuan). Quando la raccolta sarà terminata, Ant Group potrà tenere solo il 50% delle azioni. Più che i numeri, però, conta l’aspetto politico.

Sono due anni che Ant è stata messa sotto torchio da Pechino, che durante questi ventiquattro mesi ha cercato in ogni modo di slegare la parte finanziaria da quella commerciale (Alibaba), visto che si presentavano come un’entità unica. I regolatori del mercato cinese ponevano come condizione primaria la necessità della separazione, tanto per Alibaba quanto per le altre Big Tech. La fusione della parte finanziaria con quella della vendita online, visto che la prima garantiva la maggior parte dei profitti aziendali. E, alla fine, Pechino ha avuto ragione.

La decisione della Cbirc segna un passo in avanti nelle relazioni dell’azienda leader dell’e-commerce e, più in generale, un allentamento delle misure restrittive nel settore tech. Il Partito Comunista Cinese (PCC), specie appunto nell’ultimo biennio, ha adottato una politica molto più dura nei confronti delle grandi aziende tecnologiche, con sanzioni pesantissime per questioni di concorrenza e utilizzo dei dati personali. Molte di queste, come scrive Il Sole 24 ore, si comportavano da vere e proprie banche e garantivano introiti enormi. Tra di loro figurava, appunto, Ant Group, la prima a finire sul banco degli imputati. A fine 2020 aveva lanciato una Ipo a Hong Kong dal valore di 34 miliardi di dollari, ma venne bloccata dalle autorità.

Il vero sconfitto è inevitabilmente Jack Ma, che si è dovuto arrendere di fronte alle pressioni del governo cinese. Alibaba fa sapere che l’ex re del tech cinese, decapitato (metaforicamente) da Pechino, vuole ridurre la sua partecipazione in Ant Group a non oltre l’8,8%.

D’altronde, l’ultimo periodo è stato tutto fuorché roseo. Quando aveva accusato la Cbirc di avere una mentalità vecchia e retrograda, infatti, è finito nell’occhio del ciclone. E, insieme a lui, la sua società. Il 2021 è stato l’anno in cui Alibaba ha iniziato a capire l’andazzo, con multe salatissime dall’Antitrust e divieti imposti dalla politica di utilizzare piattaforme finanziarie per raccogliere denaro. Quello successivo, il 2022, è stato invece un periodo di riassetto – non semplice, vista la portata – che si è conclusa oggi con la presa di coscienza di come le cose stessero andando nella direzione indicata dal governo.

Il risultato si vede anche in borsa. Come riportato da Bloomberg, le azioni di Alibaba sono salite fino al 7,7% dopo che si è diffusa la notizia della concessione dell’aumento di capitale per Ant Group. La mossa delle autorità cinese ha dato manforte a tutto il settore tech, che ha ripreso a correre. Seppur sui binari costruiti da Pechino.

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