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Presidenzialismo e autonomia, una nuova Costituzione all’orizzonte? Parla De Siervo

“Il rischio che intravedo è che le Regioni vengano sovraccaricate eccessivamente e peggiorino l’erogazione dei servizi”. Il presidenzialismo? “Accentramento dei poteri”. Conversazione col giurista e già presidente della Corte Costituzionale

La questione dell’autonomia sta diventando, giorno dopo giorno, sempre più spinosa. Sia sul piano politico, che sul piano giuridico. Sì, perché la proposta del ministro leghista Roberto Calderoli si intreccia con il progetto di mandato del Governo: la svolta presidenzialista. Ugo De Siervo, giurista di vaglia e già presidente della Corte Costituzionale, mette in guardia sul fatto che, perseguendo questo duplice disegno, si arriverebbe a “una profonda revisione dell’intero impianto della Costituzione”. Insomma, un combinato disposto che suscita più di un dubbio.

De Siervo, l’autonomia differenziata e il presidenzialismo devono viaggiare di pari passo?

Diciamo che se c’è un’interconnessione tra le due componenti, si arriverà a una revisione molto importante della Carta e dell’impianto ordinamentale. L’esito che prevedo per il presidenzialismo sarebbe un potere più concentrato e accentrato, meno soggetto al condizionamento del Parlamento.

E sull’autonomia qual è il suo giudizio?

Da piccole modifiche si passa a una corposa riforma dell’intero Titolo V della Costituzione. Con la proposta che è stata avanzata si sposterebbero in capo alle Regioni poteri molto forti, rafforzando il ruolo dei territori a detrimento dello Stato centrale. Ma c’è un’altra considerazione da fare. Già con le competenze attuali, le regioni faticano a svolgere appieno il loro ruolo specie nell’ambito del controllo. Il rischio che intravedo è quello di sovraccaricarle eccessivamente e di peggiorare l’erogazione dei servizi e la funzionalità degli enti sui territori. Ed è per questo che, secondo me, prima di proporre una riforma, occorrerebbe soffermarsi e fare una sorta di mappatura dei poteri in capo alle Regioni per capire come vengono esercitati.

C’è, come viene paventato da più parti, il rischio che questa riforma penalizzi il meridione?

Senza assolutizzare, ma è chiaro che privilegiando in qualche modo le zone del Nord Italia si accentuino ulteriormente le discrasie che già intercorrono tra il Settentrione e il Mezzogiorno. Invece, a mio modo di vedere, quando si decide di avviare una riforma, occorre farsi carico di queste divergenze e ponderare le decisioni da prendere.

Insomma si corre il pericolo di enfatizzare dei limiti oggettivi presenti al Sud.

C’è un dato inconfutabile, su cui occorre riflettere. La zona del Lombardo-Veneto e che si allarga anche al Piemonte è una delle più ricche non solo d’Italia, ma d’Europa. Alcuni punti del Sud, d’altro canto, sono tra i più arretrati d’Europa. Non tenere in considerazione questi aspetti è assolutamente miope.

Ed è per questo che il Colle vigila sulla proposta dell’autonomia differenziata?

Le ragioni sono molteplici, immagino. Anche se quella sull’autonomia mi sembra diventata più che altro una battaglia di bandiera.

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