Il nuovo ministro degli Esteri cinese conferma la tradizione (trentennale) di visitare l’Africa come prima tappa annuale. Viaggio di Stato in cinque Paesi per stringere la cooperazione win-win e il ruolo cinese tra il Sud del Mondo
Il nuovo ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, inizia il suo mandato con un viaggio di una settimana in cinque Paesi africani: Etiopia, Gabon, Angola, Benin e infine Egitto. Il viaggio, iniziato ieri, lunedì 9 gennaio, non era stato annunciato in anticipo ma reso pubblico dalla nuova portavoce durante il briefing quotidiano con i media di due giorni fa.
Qin segue le orme dei suoi predecessori, che da oltre tre decenni iniziano ogni anno con un viaggio in Africa. “Questo dimostra come la Cina attribuisca grande importanza alla tradizionale amicizia con l’Africa e allo sviluppo delle relazioni sino-africane”, ha dichiarato il ministero degli Esteri da Pechino.
In Egitto, Qin incontrerà anche il segretario generale della Lega Araba, Ahmed Aboul Gheit. Etiopia, Gabon, Angola, Benin sono tutti Paesi dove la Cina ha piazzato investimenti strategici, mirati alla costruzione di infrastrutture fisiche e politiche. L’Africa è uno degli ambiti di proiezione per il Partito/Stato, sia per le sue potenzialità futuribili, che per il valore simbolico che ha il continente nella costruzione dell’identità globale cinese.
Uno dei grandi e ambiziosi obiettivi del leader Xi Jinping è infatti fare della Cina la potenza di riferimento del “Sud del Mondo”, andando contro al ruolo rivestito dall’Occidente (sovente descritto ancora come colonialista nella narrazione strategica cinese). Stante ciò, la visita di Qin arriva in un momento particolare: lo scorso mese, alla Casa Bianca, Joe Biden ha ospitato un importante vertice con i leader africani con il quale ha rilanciato l’impegno americano per il continente.
Qin, 56 anni, è stato nominato ministro degli Esteri il 30 dicembre, uscendo direttamente dall’ambasciata di Washington — da dove ha costruito una serie di relazioni sopratutto col mondo business della capitale statunitense. È succeduto a Wang Yi, che a sua volta ha sostituito Yang Jiechi come massimo responsabile della politica estera del governo. La nuova posizione di Wang non è stata annunciata ufficialmente (probabilmente si attendono momenti più solenni) ma un suo recente articolo sul sito web del ministero degli Esteri lo descriveva come direttore dell’ufficio per gli affari esteri del Partito Comunista al potere, la carica che ricopriva Yang.
Ad agosto dello scorso anno, Wang, presiedendo la riunione ministeriale del Cina-Africa Forum, parlava di una “fruttuosa cooperazione win-win” che darà “nuovo impulso allo sviluppo globale, genererà energia positiva per la stabilità mondiale e porterà nuove speranze ai popoli di tutto il mondo”. “Siamo certi — diceva l’ex ministro ora promosso a capo della diplomazia del Partito — che l’amicizia Cina-Africa resisterà a qualsiasi prova di vento e tempesta e continuerà a essere la spina dorsale della cooperazione Sud-Sud e un bell’esempio nelle relazioni internazionali”.
La narrazione di Pechino ruota attorno al promuovere lo sviluppo della cooperazione internazionale con l’Africa e a sviluppare “il consenso dei fratelli africani” tramite cui “portare avanti una cooperazione trilaterale o multipartitica in Africa” contro “la mentalità della guerra fredda a somma zero”. Un richiamo alle preoccupazioni degli africani, che temono di finire oggetto degli interessi dello scontro tra potenze. Una linea che Qin continua a calcare, confermando l’Africa come primo viaggio all’estero per il trentatreesimo anno consecutivo.