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Tutti dobbiamo essere grati a Ratzinger. Scrive Pedrizzi

Il dibattito va spostato, sganciato dai luoghi comuni di chi intende farne uno scontro ideologico. Il valore della vita umana non è appannaggio di alcun credo religioso o fede politica: il diritto alla vita è il fondamento di tutti i diritti umani e la non discriminazione tra gli esseri umani è il fondamento stesso dell’umana convivenza e principio base della democrazia

Durante tutto il suo pontificato Benedetto XVI ha richiamato più volte il mondo politico sulle questioni inerenti la famiglia e i temi legati alla bioetica, con parole ferme, chiare ed inequivocabili. Tutto il mondo politico perciò dovrebbe essere grato a questo Pontefice per la sua opera di riaffermazione della legge naturale, dei principi oggettivi, perenni, universali e non negoziabili. Dovrebbero essergli grati, ora per allora, non solo coloro che credono, perché dal messaggio del Santo Padre prendevano coraggio e si sentivano rafforzati nella loro fede e nella loro quotidiana testimonianza, ma anche i non credenti in buona fede che non intendono mettere in discussione i valori della nostra tradizione né vogliono veder aggredire i fondamenti stessi della nostra convivenza civile e sociale.

Il nostro Stato infatti è democratico, liberale, tollerante e civile in quanto contempera la salvaguardia dei diritti di ogni cittadino con la tutela del bene comune, della coesione sociale e dell’identità valoriale e popolare. E non è, il nostro, uno Stato agnostico, indifferente alla dimensione religiosa, ai principi etici. Tanto è vero che si basa sul principio di uguaglianza, cioè sul riconoscimento della pari dignità di ogni persona. Questo umanesimo, questo personalismo è un principio di matrice cristiana, ma è anche un principio laico nel quale possono riconoscersi tutti; i laici ed i cattolici.

Eppure molti laicisti quando il papa, il cardinal Ruini, allora presidente della Conferenza Episcopale italiana, o i pastori della Chiesa parlavano su questi temi, gridavano all’interferenza e all’ingerenza della Chiesa nella sfera civile.

Dovrebbe essere chiaro a tutti, invece, indipendentemente dal credo religioso o dall’essere o meno atei, che è interesse di laici e cattolici la difesa e la “conservazione” dei valori della tradizione, che sono gli autentici presidi della nostra libertà e della nostra identità, soprattutto in un momento, come quello che stiamo vivendo, di forti flussi migratori, di crisi demografica, di fondamentalismo e terrorismo islamico. Oltretutto tale difesa risponde ad una domanda che sale sempre più alta e diffusa dalla nostra società.

Prendiamo il dibattito sul riconoscimento giuridico dei matrimoni tra omosessuali, di suicidi assistiti, di diritto alla libertà di educazione, di teorie transgender: stiamo parlando o no di istituti di diritto pubblico?

Perché una cosa è certa: l’equiparazione giuridica delle unioni tra omosessuali alla famiglia è contro la Costituzione. Secondo la nostra Carta fondamentale, infatti, la famiglia è una “società naturale fondata sul matrimonio”, i cui diritti sono solamente “riconosciuti” e non assegnati dallo Stato. La famiglia e i suoi diritti, dunque, preesistono alle leggi dello Stato.

E la contrapposizione tra laici e cattolici è scorretta anche sui temi legati alla bioetica. Se usare la ragione significa essere laici, infatti, noi rivendichiamo la nostra profonda laicità, pure in questo campo. I limiti che abbiamo voluto stabilire nella legge sulla procreazione medicalmente assistita, ad esempio, intendono rispettare il diritto alla vita, alla famiglia, all’identità. Dunque la nostra posizione è laicissima. O forse i “laici” non vogliono che questi diritti siano rispettati? Essi invocano il pluralismo etico e la democrazia liberale. Ma il pluralismo etico e la democrazia liberale non possono essere interpretati come una giungla dove i più forti (cioè gli adulti) possono ottenere ciò che vogliono a spese dei più deboli (cioè i figli allo stadio embrionale).

Il dibattito, dunque, va assolutamente spostato, sganciato dai luoghi comuni di chi intende farne uno scontro ideologico. Il valore della vita umana non è appannaggio di alcun credo religioso o fede politica: il diritto alla vita è il fondamento di tutti i diritti umani e la non discriminazione tra gli esseri umani è il fondamento stesso dell’umana convivenza e principio base della democrazia.



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