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Pechino cerca il Golfo per una zona di libero scambio

Il ministro degli Esteri cinese ha ribadito, in una telefonata con l’omologo arabo, che la Cina vuole costruire un accordo di libero scambio con Riad (e il Golfo) il prima possibile, per giocare di anticipo su altri attori internazionali

Il nuovo ministro degli Esteri cinese, Qin Gang, vuole rafforzare i legami con l’Arabia Saudita e creare una zona di libero scambio tra Cina e Golfo “il prima possibile”, secondo una dichiarazione del ministero pubblicata lunedì 30 gennaio.

Qin — che è stato recentemente nominato in carica dopo la promozione tra i ranghi del Partito/Stato del suo predecessore — ha fatto la proposta di dinamizzare un dossier già in discussione da tempo durante una conversazione telefonica con il suo omologo saudita, il principe Faisal bin Farhan Al Saud. Qin ha anche aggiunto che Pechino apprezza molto il “costante e fermo sostegno dell’Arabia Saudita su questioni che coinvolgono gli interessi fondamentali della Cina”.

È una stilettata contro Washington, che da tempo ha perso un po’ i contatti con Riad. Parole che però mettono in difficoltà i sauditi, perfettamente consapevoli che nell’attuale fase della competizione strategica globale si stanno riducendo gli spazi per sostenere “gli interessi fondamentali della Cina” ed essere contemporaneamente partner primari degli Stati Uniti.

L’uso di questa retorica è parte della narrazione strategica cinese. Pechino, attualmente meno forte dal punto di vista economico di qualche anno fa, ha la necessità di mantenere al massimo il suo lustro, soprattutto agli occhi di Paesi terzi come l’Arabia Saudita. Il regno è in una fase di sviluppo storica, nella quale si segneranno cambiamenti determinanti per il futuro del Paese e della regione, mentre l’economia spinge — anche come effetto positivo degli scombussolamenti al mercato energetico prodotti dalla guerra di Putin in Ucraina.

Qin sostiene che Pechino e Riad dovrebbero espandere ulteriormente la cooperazione in materia di economia, commercio, energia, infrastrutture, investimenti, finanza e alta tecnologia. Per farlo la Cina sfrutta anche gli spazi che si sono aperti nella relazione saudita con Washington.

Il ministro cinese, che insiste sul continuo rafforzamento del partenariato strategico Cina-Golfo, ha ravvivato nella conversazione la costruzione della zona di libero scambio Cina-Golfo perché sa che farla “il prima possibile” significa giocare di anticipo rispetto altri attori geopolitici internazionali. C’è per esempio l’Unione Europea, che ha pensato al perimetro di una nuova partnership strategica con il Golfo, ma ci sono anche Paesi come India e Giappone che sono già molto avanti nelle relazioni economico-commerciali con la regione.

Il principe Faisal ha affermato che l’Arabia Saudita considera le relazioni con la Cina come un’importante pietra miliare delle relazioni estere. Poi ha fatto un’aggiunta probabilmente concordata con Pechino: ha dichiarato che l’Arabia Saudita aderisce pienamente al principio “One China”, ossia quello che disconosce l’esistenza di Taiwan. La sottolineatura è sostanzialmente non necessaria, se si pensa che senza riconoscere quel principio, e pensarvici attorno le policy con Taipei, non è possibile avere relazioni formali con Pechino. Tuttavia ricordarlo in questo momento, in cui al destino dell’isola si lega parte del confronto globale Usa-Cina, non è banale.

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