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Ecco perché è giusto rimborsare i prof. fuori sede. Scrive Ciccotti

Il ministro Giuseppe Valditara, propone di sostenere economicamente i docenti e il personale Ata fuori regione. I presidi approvano. I sindacati contrari. Mai affrontata la questione della valutazione dei docenti. Il parere del preside Eusebio Ciccotti

È innegabile che i docenti che si rechino a lavorare in una regione nella quale il costo della vita è superiore alla media nazionale, e debbano anche affrontare l’impegno economico dell’affitto, abbiano uno stipendio intaccato sensibilmente dalle spese extra. Quindi, non ci vedo niente di scandalistico, antisociale, antimarxista, antileninista, “classista”, nella proposta del ministro del Mim, Giuseppe Valditara.

Consideriamo, inoltre, che il dipendente fuori regione, ogni tanto, dovrebbe raggiungere i propri cari, coniuge o figli, genitori anziani, e, di conseguenza, affronta spese aggiuntive. Ciò renderebbe giustizia sociale a tutti quegli insegnanti e Ata (ma anche i presidi e i Dsga: perché i giornali non li considerano mai?), emigrati della cultura, che “ci rimettono”. A favore la Anp (Associazione nazionale presidi): “È una proposta sensata”, ha detto Mario Rusconi.

Quasi tutti i sindacati hanno risposto che non si possono creare stipendi geograficamente disomogenei: “Differenziare i salari ci porterebbe indietro”. Gli aumenti, avvertono i sindacati, vanno inseriti nel contratto nazionale. Interpreto (forse mi sbaglio): tutti debbono avere il medesimo aumento di stipendio. Poiché, aggiungo, i docenti e gli Ata sono tutti bravi. E se tutti bravi, ergo, tutti uguali. È la quadra che dimostra come esista, marxisticamente, la democrazia perfetta. Peccato la si incontri solo nella scuola italiana. Nei sistemi scolastici europei, nonché nel resto del mondo del lavoro, si riconoscono le competenze certificate e le diverse innegabili necessità.

Su come individuare dette competenze, alfine di differenziare il personale della pubblica istruzione, la sinistra e, decenni addietro, la “balena bianca”, e i sindacati, non hanno mai voluto lavorarci seriamente. Prima di trovare il metodo per “valutare” il personale si è già contrari, a priori.

Quando Luigi Berlinguer propose il concorsone per individuare i “super-professori” (come titolò spregiativamente certa stampa dell’epoca), io e alcuni colleghi docenti, facemmo domanda per sottoporci all’esame. Eravamo, nella mia scuola di allora, tredici su cento docenti. Sappiamo come poi Berlinguer dovette ritirare la proposta: colpito da molto fuoco amico.

Alcuni sindacati non riescono a liberarsi da un dogma laico: i dipendenti sono tutti uguali, e tutti debbono ricevere il medesimo aumento (briciole: lo Stato, oggettivamente, considerato il numero dei dipendenti del settore, di più non può). Ma, questa volta, sulle spese vive dei docenti fuori regione i sindacati e l’opposizione, forse (e lo dico educatamente), hanno preso un abbaglio.

 

 

 

 

 

 

 

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