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Cosa c’è dietro lo stop turco ai colloqui Nato con Svezia e Finlandia

Nella partita si intrecciano gas, Mediterraneo e nuove forniture di F16 e F35. Alessandro Politi: “Il governo svedese potrebbe correre il rischio di cadere nella stessa trappola in cui è caduto il governo danese con Rasmussen nella crisi delle vignette islamiche”

La decisione turca di rinviare sine die i colloqui tripartiti con Svezia e Finlandia in merito alla loro adesione alla Nato ha una serie di motivazioni a valle, interne ed esterne, che abbracciano una lunga serie di temi e di contingenze. In rosso va cerchiata la data del 14 maggio, quando si celebreranno le elezioni presidenziali e parlamentari in un clima complesso, sui cui il presidente Recep Tayyip Erdogan sta concentrando tutti i suoi sforzi. In secondo luogo, la partita per il posizionamento mediterraneo legato al dossier energetico rappresenta per Ankara un preciso banco di prova per gli equilibri futuri e per gli approvvigionamenti di oggi.

Rinvio sine die

Il vertice con Svezia e Finlandia era in programma a febbraio e il congelamento turco prende spunto dalle contrarietà iniziali già espresse sull’adesione dei due Paesi all’Alleanza Nord Atlantica da parte di Erdogan. Negli ultimi giorni si sono verificate una serie di proteste, con i manifestanti svedesi che hanno bruciato il Corano, scatenando le contro-manifestazioni in Turchia. Lo stesso Erdogan ha dichiarato di non “vedere” possibile l’adesione della Svezia alla Nato, aggiungendo che la Svezia non dovrebbe attendere il sostegno della Turchia per la sua adesione. La risposta della Nato arriva per bocca di Jens Stoltenberg che ha invitato la Turchia a non ostacolare l’adesione del Paese.

Intervistato dal quotidiano tedesco Die Welt, Stoltenberg ha sottolineato che “la libertà di espressione è un bene prezioso in Svezia e in tutti gli altri paesi membri della Nato, per questo motivo, gli atti inappropriati non sono automaticamente considerati illegali”, commentando l’azione dell’estrema destra svedese di Rasmus Palundan di incendiare una copia del Corano durante una manifestazione sabato scorso a Stoccolma.

Sulla stessa scia il ministro degli Esteri finlandese Pekka Haavisto, secondo cui il suo Paese potrebbe trovarsi costretto ad andare avanti nel processo Nato, senza la Svezia. Della questione discuterà oggi in un incontro con il ministro degli Esteri della Lettonia, Edgars Rinkēvičs: oltre alle relazioni bilaterali tra Lettonia e Finlandia e all’aggressione russa contro l’Ucraina, toccheranno il processo di adesione della Finlandia alla Nato.

Le motivazioni

“Ho la sensazione – dice a Formiche.net Alessandro Politi, Direttore della Nato Defense College Foundation – che la Turchia in primo luogo ponga una questione politica, utile per il fronte interno, ma di portata più grande, anche se s’inserisce in un lungo contenzioso bilaterale con gli Stati Uniti. Le questioni sollevate da Erdogan sono concrete per il suo governo, ma sembrano rinviare all’opportunità d’includere adesso i candidati, complicando gli sviluppi in Ucraina ed aprendoli ad ulteriori escalation”.

E aggiunge: “Il governo svedese potrebbe correre il rischio di cadere nella stessa trappola in cui è caduto il governo danese con Rasmussen nella crisi delle vignette islamiche. Il che conferma che alcuni partner ed alleati nordici ed orientali non possono ignorare le dinamiche sul fianco sud dell’Alleanza perché un serio approccio a 360° evita appunto problemi del genere”.

I dossier aperti

Non ci sono solo le elezioni turche e i riflessi del Cremlino sul Bosforo a condizionare lo stop deciso da Erdogan, ma anche altre questioni regionali, come il gas e la fornitura di nuovi caccia.

La scorsa settimana in occasione della sua visita a Washington, il ministro degli esteri Mavlut Cavousoglu aveva chiesto all’amministrazione Biden di convincere il Congresso degli Stati Uniti a ritirare la sua opposizione all’accordo per la vendita degli F-16 alla Turchia (affare da 20 miliardi di dollari). Il ministro turco a margine del vertice, parlando con i giornalisti a Washington, aveva raccontato di aver detto al segretario di Stato americano che il suo governo avrebbe ritirato le sue obiezioni all’adesione della Svezia e della Finlandia alla Nato e che non sarebbe stata una precondizione per la vendita dei caccia. Le delegazioni hanno concordato di proseguire le consultazioni in occasione del prossimo incontro previsto ad Ankara nella primavera del 2023.

Di contro il premier greco Kyriakos Mitsotakis, commentando l’arrivo in Grecia del quinto caccia F-16 nella configurazione Viper, ha lasciato intendere di essere vicino alla conclusione di un accordo per acquistare alcuni F-35, il primo dei quali dovrebbe essere disponibile per l’aeronautica greca nel 2026.

@FDepalo

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