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Sui jet non basta dire quinta generazione. Il punto di Alegi

Lockheed operativa

Il contratto canadese per l’acquisto di 88 F-35 è l’ennesimo clamoroso dietrofront sul caccia americano, le cui caratteristiche si sono dimostrate più solide delle critiche alla travagliata fase di sviluppo. Il confronto con il concorrente russo Sukhoi Su-57 è utile a comprendere la differenza tra realtà operativa e propaganda politica. Dopo un quarto di secolo, sono stati prodotti 894 F-35 e 75 Su-57

Anche il Canada sale a bordo dell’F-35, con un ordine per 88 esemplari. L’annuncio di ieri impone innanzitutto una battuta sulla straordinaria capacità del Paese di fare scelte giuste, annullarle e tornare sui propri passi. Il Canada aveva scelto il caccia Lockheed Martin già nel 2010, salvo uscire dal programma nel 2015 in seguito agli attacchi politico-mediatici ai suoi presunti problemi irrisolvibili, salvo scoprire che non ci sono altri aerei con le stesse capacità. Altrettanto era avvenuto con l’AgustaWestland EH101 (ora Leonardo Helicopters AW101), scelto nel 1987, cancellato nel 1993 e alla fine ri-scelto nel 1998, con un ordine supplementare a fine 2022. Chissà che aspettando abbastanza il Canada non cambi idea pure sulla scelta dell’Airbus CN295 e decida finalmente di acquistare il C-27J.

Battute a parte, l’aggiunta del Canada porta a ben 17 le nazioni che si stanno dotando del caccia Lockheed Martin, ma soprattutto impone alcune riflessioni di carattere strategico e tecnologico. La prima è che il dietrofront del Canada segue quello della Germania, che nell’era Merkel per spregio a Trump aveva scelto il Boeing F/A-18E/F Super Hornet quale successore del Tornado nel ruolo strike, e della Svizzera, che è approdata all’F-35 solo nella seconda iterazione della gara per sostituire gli F-18 di prima generazione. Senza contare la ex-neutrale Finlandia, che aveva scelto l’F-35 per sostituire i vecchi Hornet prima ancora di chiedere l’ingresso nella Nato. A ciò contribuiscono le caratteristiche tecnologiche innovative, ma anche l’interoperabilità (segno della crescente consapevolezza di essere tutti nella stessa barca – pardon, aereo!) ma anche i costi unitari che scendono di pari passo con la diffusione del modello.

La seconda è il confronto con i sistemi russi, la cui potenza e progresso sono temi ricorrenti nella discussione della guerra in Ucraina. Che si tratti di missili Zyrkon o di minacciare l’uso dell’atomica, la reazione è sempre quella di prendere le dichiarazioni russe a valore nominale, quando non addirittura di raddoppiarlo. La realtà è assai differente, come ci racconta la vicenda dei caccia di quinta generazione F-35 e Su-57. Concepiti alla fine della Guerra fredda, i due programmi hanno avuto vicende molto diverse e altrettanto indicative della differenza tra piani e realtà, sviluppo e produzione, intuizione e impiego. In ultima analisi, tra Occidente e Oriente.

L’allora Urss iniziò a pianificare la successione di MiG-29, Su-27 e MiG-31 prima della caduta del Muro (1989). Fu però solo nel 2002 che la Russia poté permettersi di affidare a Sukhoi lo sviluppo del caccia pesante PAK FA (poi Su-57). Primo stealth russo, nasceva contro l’F-22A Raptor americano, che aveva volato sin dal 1990. Gli Usa nel frattempo avevano già impiegato operativamente il caccia stealth F-117 (primo volo nel 1981) erano già partiti con il concetto del Joint strike fighter (Jsf). Nel 1996 ordinarono a Boeing e Lockheed Martin i dimostratori X-32 e X-35, che volarono nel 2000-1 nelle versioni convenzionale, decollo corto, imbarcata. Forte dell’esperienza fatta con F-117 e F-22A, vinse Lockheed Martin, che ricevette il contratto di sviluppo a fine 2001.

Il prototipo F-35A volò il 15 dicembre 2006, seguito dalle versioni B (2008) e C (2010). Intanto avionica e sensori venivano provati su grandi simulatori e banchi prova volanti. L’intero software di bordo volava nel 2011. Il primo Sukhoi T-50 volò il 29 gennaio 2010. Aveva poca avionica e motori da 15t di spinta (da sostituire con altri da 16,5t). Il requisito era di 250 per la Russia (con entrata in servizio nel 2015) e 250 per l’India (2017). Le consegne di serie sono iniziate nel 2020.

Intendiamoci: è chiaro che lo sviluppo dell’F-35 ebbe problemi e costi alti, peraltro enfatizzati e amplificati da media e politici. Del T-50/Su-57 nulla è trapelato, benché il fatto che i nuovi motori siano in forse e che l’India ha acquistato caccia Rafale qualcosa suggerisca. Quel che è certo è che frattanto Lockheed Martin ha risolto problemi e abbassato costi di produzione. Altrettanto certo è che a fine 2022, a circa un quarto di secolo dal lancio dei programmi, sono stati prodotti 894 F-35 (141 quest’anno, con altri sette pronti ma non collaudati per il maltempo) e 75 Su-57 (dei quali pare uno solo in servizio). La Russia prevede 24 Su-57 operativi nel 2024. Gli Usa hanno appena firmato contratti per altri 398 F-35, compresi i primi per Belgio, Finlandia e Polonia.

La storia parallela dei caccia ha per corollario quella dei bombardieri di quinta generazione. Nel 2010 la Russia voleva far seguire al PAK-FA il bombardiere PAK-DA. Non se ne hanno più notizie. Un anno dopo gli Usa lanciavano lo sviluppo del Northrop Grumman B-21, destinato a sostituire i vecchi B-1 e B-2. Il primo B-21 è stato presentato nel dicembre 2022 e dovrebbe volare presto.

Conclusione: tra il dire e il fare, c’è di mezzo il cielo. L’analista estrapola dai casi noti per valutare quelli ancora sconosciuti. Seguire acriticamente una sola parte o condannare la realtà che non si adegua alle proprie teorie non aiuta a comprendere fenomeni complessi.


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