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Un anno di guerra. Il doppio massacro di Putin secondo D’Anna

Quali scenari di proseguimento del conflitto si delineano a quasi un anno dall’inizio della fallita invasione russa dell’Ucraina e cosa si muove al Cremlino? L’analisi di Gianfranco D’Anna

Sottovalutato per l’“effetto Leopard” dell’indecisionismo poi superato della Germania, il vertice di Ramstein ha invece messo a punto la strategia occidentale a sostegno dell’Ucraina. Lo scenario prefigurato, riassumibile nel concetto Bleed Russia win step by step, dissanguare la Russa e vincere passo dopo passo, delinea in realtà la prospettiva di un dopo Putin col rischio di un regime più oltranzista dell’attuale.
Anche se contraddittori, i segnali che arrivano da Mosca evidenziano infatti un marasma latente negli apparati delle forze armate, dei servizi di sicurezza e nei gangli economici.

Secondo un reportage della Cnn ci sarebbe una vera e propria ondata in fuga di alti funzionari ed anche di esponenti dei servizi segreti che stanno scappando dalla Russia, disgustati dalla guerra in Ucraina e convinti della prossima sconfitta.

Il loro punto di riferimento, racconta la Cnn, è Vladimir Osechkin, giornalista russo fuggito in Francia nel 2015, fondatore dell’organizzazione per i diritti umani Gulagu.net. “Ogni giorno”- racconta il giornalista- c’è qualcuno che chiede aiuto. Molti sono soldati semplici, ma ci sono stati anche un ex ministro, un ex generale a tre stelle e diversi agenti dell’Fsb, i servizi segreti eredi del Kgb”.

Conoscendo la “prassi del suicidio” che il regime riserva a coloro che dissentono e non si adeguano, gli alti funzionari fuggono perché temono di venire uccisi e chiedono aiuto alla rete di Osechkin. “Nell’Fsb è ormai ognuno per sé, tutti vogliono scappare. Hanno capito che la Russia non vincerà mai questa guerra”, racconta Erman Navruzbekov, un ex tenente dell’Fsb, fuggito in Europa. “E’ importante che le mie azioni siano d’esempio per i miei compatrioti, gli altri agenti dei servizi” – dice Maria Dimitrieva, 32enne ex dottoressa dell’Fsb, che aggiunge – “Putin e la sua cerchia, tutti quelli che approvano questa guerra, sono tutti assassini”.

Secondo Osechkin “tanti ritengono non sia più conveniente stare con Putin”. Il leader del Cremlino, continua il giornalista moscovita, “ha molti nemici nel suo sistema, gente che ha lavorato con lui per oltre 20 anni per avere stabilità, denaro, una bella vita per la prossima generazione. E ora Putin ha annullato questa prospettiva di vita”.

Un’analisi che sul piano dell’intelligence coincide con la laconica, ma estremamente significativa, valutazione di Jeremy Fleming, il direttore del Government Communications Headquarters (Gchq), l’agenzia governativa che si occupa della sicurezza a tutti i livelli, nonché dello spionaggio e controspionaggio del Regno Unito. In pratica l’organismo che storicamente ha consentito in larga misura all’Inghilterra di vincere la seconda guerra mondiale e di conservare nei decenni successivi una certa supremazia nella guerra fredda.

Jeremy Fleming, che a giugno lascerà l’incarico, ha definito “imperfetto” il processo decisionale di Putin per l’invasione dell’Ucraina. Dopo i carri armati Leopard tedeschi, gli Abrams americani ed i Challenger inglesi, che saranno indispensabili per fronteggiare i tentativi d’offensive russe in primavera, Kiev spera anche nell’invio dei super jet da guerra Usa ed europei. I segnali ci sono. L’estate scorsa il Congresso americano ha approvato un pacchetto da 100 milioni di dollari per l’addestramento dei piloti ucraini: training con cui sono stati preparati a guidare i caccia da combattimento statunitensi. E Colin Kahl, sottosegretario alla Difesa, ha dichiarato “non è inverosimile che, in futuro, gli aerei occidentali possano far parte del mix di armi fornite all’Ucraina”.

Ma come per i tank vi sono varie problematiche tecniche e di manutenzione da superare. Molto prima degli F-15, F-16 per le forze ucraine sarebbero più adatti i caccia americani FA-18 o i Gripen di produzione svedese, che possono decollare da piste più corte e richiedono meno manutenzione.

Per i carri armati il miscuglio di diversi modelli è destinato a creare all’inizio non poche difficoltà. I Challenger britannici, per esempio, utilizzano munizioni diverse dallo standard Nato. Mentre per i Leopard, ci sono differenze fra gli standard dei mezzi modelli forniti da vari paesi europei. Un Leopard A4 spagnolo può avere un controllo del fuoco o un sistema radio diverso da quello finlandese e da quello polacco, sebbene siano essenzialmente interoperabili. Ancora più sofisticati gli M1A2 Abrams dagli Stati Uniti che, non sono diesel come gli altri tank e consumano molta benzina ed includono elettronica e sistemi di puntamento più moderni rispetto al suo cugino più vecchio, l’M1A1. Gli Abrams sono macchine complesse, con processi di gestione analoghi a quelli di un aereo. Dall’altra parte della barricata, sul fronte russo, l’intelligence occidentale ritiene che Mosca stia inviando ulteriori rinforzi in prima linea. Si tratterebbe essenzialmente di forze di fanteria e artiglieria, composte principalmente dai soldati arruolati con la mobilitazione cosiddetta parziale dei mesi. Ma che non hanno l’esperienza militare e soprattutto il livello di supporto di artiglieria e carri armati che avevano all’inizio delle ostilità. Il comando dell’armata russa fa affidamento sulla superiorità numerica delle loro truppe.

Vite sospese su una cortina di ferro che rispetto a quella evocata da Wiston Churchill si é spostata di duemila chilometri ad est, al confine fra l’Ucraina e la Russia. Solo che da fredda la guerra si è trasformata in un bagno di sangue e grazie all’ apprendista stregone Putin non fa alcuna differenza fra il massacro degli ucraini e quello del popolo russo.

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