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(Ferro)via dalla Cina. L’Uganda molla Pechino e sceglie Ankara

Uganda railway

Kampala ha annullato tutti i contratti firmati con la China Harbour Engineering Company dopo otto anni di stallo, e corteggia la turca Yapi Merkezi. Così si oscura l’astro cinese (e si illumina quello turco) sull’Africa

Settimana scorsa l’Uganda ha stralciato gli accordi con l’azienda di costruzione cinese China Harbour Engineering Company – sussidiaria di China Communications Construction Company, a sua volta controllata da Pechino e tassello vitale nella strategia infrastrutturale della Nuova Via della Seta. Abbandonato il partner cinese, il Paese centrafricano ora punta ad appaltare il progetto in questione – una ferrovia da 273 chilometri che dovrà collegare Malaba, città di confine del Kenya, alla capitale ugandese Kampala – alla turca Yapi Merkezi, impegnata in progetti simili nella vicina Tanzania.

La decisione del governo ugandese fa seguito a otto anni di esitazione da parte cinese a mettere sul tavolo i 2,3 miliardi di dollari necessari per la realizzazione della via ferrata. È successo un caso simile anche nel 2022, quando il presidente Yoweri Museveni (dopo essere andato in Cina nel 2018 per cercare di sbloccare i finanziamenti) ha annullato un contratto per la costruzione di sette stazioni idroelettriche con China CAMC Engineering Company.

“Dal momento della presentazione dell’ultimo finanziamento, nel febbraio 2021, abbiamo sentito solo silenzio. Dopo la presentazione del progetto abbiamo aspettato qualche mese, ma non c’è stato più nulla da fare, e fino ad oggi la Exim Bank (la fonte del finanziamento, ndr) non ha ancora risposto”, ha detto Perez Wamburu, coordinatore del progetto ferroviario in Uganda. Da parte sua, la China Harbour Engineering Company sembrava più concentrata sul completare lavori simili in Kenya – Paese che affaccia sul mare e che rappresenta una scommessa più strategica per le mire di Pechino.

Gli avvenimenti sono legati anche alla crescente preoccupazione delle autorità ugandesi (e africane) sul comportamento predatorio della Cina. Dopo aver finanziato la costruzione di due dighe e un’autostrada in Uganda, nel 2021 Pechino ha fatto scattare la trappola del debito nascosta in un finanziamento per ampliare l’unico aeroporto internazionale ugandese, a Entebbe, non appena Kampala ha avuto difficoltà a ripagare il prestito. Preso atto del comportamento cinese, il governo ugandese ha iniziare a cercare fondi in altri mercati di capitali.

Parallelamente, diversi Stati africani si stanno disinnamorando dei soldi del partito-Stato. “Il ridimensionamento da parte di Pechino del finanziamento di grandi progetti ha sostanziato l’idea che i cinesi stiano perdendo terreno nei confronti di attori europei come la turca Yapi Markezi, che sta costruendo la [ferrovia] della Tanzania”, scrive The East African. Da parte sua, la Cina appare sempre più reticente a finanziare nuovi progetti nella regione, viste le possibili inadempienze debitorie. Ad agosto le banche cinesi hanno cancellato i debiti inesigibili di diciassette Paesi africani. E non è escluso che le difficoltà sul fronte interno relative al mattone abbiano pesato sulle decisioni.


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