Il presidente della Commissione europea interviene al World economic forum, da dove lancia la sfida alla competitività, ma senza strappi con l’alleato americano. Ora avanti tutta con un fondo sovrano formato continentale e sussidi snelli e calibrati. E la Cina stia attenta a quello che fa
Non è mai troppo facile affrontare una platea come quella di Davos, specialmente dopo due anni di appuntamenti virtuali, causa pandemia. La finanza (buona o cattiva che sia), le istituzioni, i propositi, gli obiettivi. E, poi, le conclusioni. C’era molta attesa per l’intervento, circa 35 minuti, di Ursula von der Leyen, ospite del World economic forum presso la rinomata località svizzera. Poco più di mezzora intrisa di politica, energia, guerra, inflazione e futuro dell’Unione europea. Prossima all’ingaggiare una nuova sfida per la competitività dal sapore americano, dopo l’avvio della grande stagione dei sussidi all’economia deciso dall’amministrazione Biden (qui l’intervista all’economista Marco Fortis).
NEL NOME DELL’UCRAINA
Il discorso del capo della Commissione europea è partito da dove ci si aspettava partisse: la guerra in Ucraina, crocevia dei destini europei, ancor prima che globali. “L’aiuto dell’Ue a Kiev è incrollabile”, ha esordito von der Leyen. “Da quasi un anno l’Ucraina ha sbalordito il mondo. In quella fatidica mattina di febbraio, molti hanno predetto che Kiev sarebbe caduta nel giro di pochi giorni. Ma questo non aveva preso in considerazione il morale e il coraggio fisico del popolo ucraino. Avete resistito all’invasione russa e hai respinto l’aggressore contro ogni previsione. Nemmeno gli incessanti attacchi della Russia ai civili o lo spettro di un inverno brutale hanno scosso la vostra determinazione. In quest’ultimo anno il vostro Paese ha commosso il mondo e ispirato tutta l’Europa. E posso assicurarvi che l’Europa sarà sempre con voi”.
E ancora, “molti dubitavano che quel sostegno sarebbe stato così incrollabile. Ma oggi i Paesi europei stanno fornendo armi sempre più strategiche all’Ucraina. Ospitiamo circa 4 milioni di ucraini nelle nostre città, nelle nostre case e nelle nostre scuole. E abbiamo messo in atto le sanzioni più forti di sempre che lasciano l’economia russa di fronte a un decennio di regressione e la sua industria affamata di qualsiasi tecnologia moderna e critica. Non ci sarà impunità per questi crimini. E non ci sarà alcuna interruzione nel nostro costante sostegno all’Ucraina”.
IL FRONTE INDUSTRIALE AMERICANO
Il cuore del discorso è però stato un altro. Ovvero come mettere a punto una politica industriale continentale a prova di competitività. A Bruxelles sanno benissimo che il maxi-piano statunitense per le imprese, l’Inflation reduction act, cocktail a base di sussidi e sgravi, rappresenta un potenziale problema per l’Unione. Molte imprese, infatti, se non lo stanno già facendo, potrebbero decidere di delocalizzare e varcare l’Atlantico, senza considerare il considerevole aumento della competitività delle stesse imprese americane, proprio sull’onda del piano.
“Non è un segreto che alcuni elementi della progettazione dell’Inflation Reduction Act abbiano sollevato una serie di preoccupazioni in termini di alcuni degli incentivi mirati per le aziende. Questo è il motivo per cui abbiamo lavorato con gli Stati Uniti per trovare soluzioni, ad esempio in modo che anche le aziende dell’Ue e le auto elettriche prodotte nell’Ue possano beneficiare dell’Ira”, ha chiarito von der Leyen.
Su una cosa, però, il numero uno del governo comunitario, è stato chiaro. Sulla questione dei sussidi, con gli Stati Uniti bisogna negoziare, non scontrarsi. “Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di evitare interruzioni nel commercio e negli investimenti transatlantici. Dovremmo lavorare per garantire che i nostri rispettivi programmi di incentivi siano equi e si rafforzino a vicenda. E dovremmo stabilire come possiamo beneficiare congiuntamente di questo massiccio investimento, ad esempio creando economie di scala attraverso l’Atlantico o fissando standard comuni. Al centro della visione comune c’è la nostra convinzione che la concorrenza e il commercio siano la chiave per accelerare la tecnologia pulita e la neutralità climatica”.
L’AGENDA VON DER LEYEN
Di qui, von der Leyen è passata direttamente a redigere un taccuino, su cui impostare la politica industriale che verrà. Due i capisaldi, la green economy e il ribaltamento del concetto di aiuto di Stato, proprio per tentare di mettersi in scia agli Stati Uniti. “Sappiamo anche che gli aiuti di Stato saranno solo una soluzione limitata che solo pochi Stati membri possono utilizzare. Per evitare un effetto di frammentazione sul mercato unico e per sostenere la transizione alle tecnologie pulite in tutta l’Unione, dobbiamo anche intensificare i finanziamenti dell’Ue”.
Sotto forma, ha precisato von der Leyen, “di Fondo di sovranità europeo nell’ambito della revisione intermedia del nostro bilancio entro la fine dell’anno. Ciò fornirà una soluzione strutturale per aumentare le risorse disponibili per la ricerca a monte, l’innovazione e i progetti industriali strategici fondamentali per raggiungere lo zero netto. Ma poiché ciò richiederà del tempo, esamineremo una soluzione ponte per fornire un supporto rapido e mirato dove è più necessario. E per sostenere questo, stiamo attualmente lavorando duramente a una valutazione delle esigenze”. Secondo punto, un grande piano continentale green. La Ue deve “realizzare la transizione verso le emissioni zero senza creare nuove dipendenze e per farlo abbiamo un piano. Un piano industriale per il green deal, nel quale proporremo un nuovo NetZero Industry Act”.
UN AVVERTIMENTO ALLA CINA
Non poteva mancare un avviso alla Cina, rea di continuare a giocare sporco. Troppo. “Laddove il commercio non è equo, dobbiamo rispondere in modo più deciso. La Cina ha fatto del potenziamento dell’innovazione e della produzione di tecnologie pulite una priorità chiave nel suo piano quinquennale. Domina la produzione globale in settori come i veicoli elettrici oi pannelli solari, essenziali per la transizione. Ma la concorrenza sul net-zero deve basarsi su condizioni di parità”.
“La Cina ha incoraggiato apertamente le aziende ad alta intensità energetica in Europa e altrove a delocalizzare tutta o parte della loro produzione. Lo fanno con la promessa di energia a buon mercato, basso costo del lavoro e un ambiente normativo più indulgente. Allo stesso tempo, la Cina sovvenziona pesantemente la sua industria e limita l’accesso al suo mercato per le aziende dell’Ue. Avremo ancora bisogno di lavorare e commerciare con la Cina, soprattutto quando si tratta di questa transizione. Quindi dobbiamo concentrarci sulla riduzione del rischio piuttosto che sul disaccoppiamento. Ciò significa utilizzare tutti i nostri strumenti per far fronte alle pratiche sleali, compreso il nuovo regolamento sulle sovvenzioni estere”. E, attenzione, non esiteremo ad aprire indagini se riteniamo che i nostri approvvigionamenti o altri mercati siano distorti da tali sovvenzioni”.
Da parte sua la Cina, sempre dal palco di Davos, ha spiegato come “l’attenzione nel 2023 è rivolta all’espansione della domanda interna, mantenendo fluide le catene industriali e di approvvigionamento, sostenendo il sano sviluppo del settore privato e le riforme delle imprese statali, attirando investimenti esteri ed evitando i rischi finanziari. Se lavoriamo abbastanza duramente, siamo fiduciosi che la crescita possa tornare al suo trend normale”, ha detto il vice premier Liu He. “Non è assolutamente possibile optare per un’economia pianificata dallo stato”.