Skip to main content

Panetta frena Lagarde sui tassi. E non è l’unico​

Il membro italiano del comitato esecutivo dell’Eurotower torna a chiedere maggiore prudenza sull’aumento del costo del denaro, giocando di sponda con il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco. Si rischia di soffocare quel germe di crescita scampato alla recessione

Una corre, senza curarsi troppo delle ripercussioni sull’economia reale. L’altro invece frena o, almeno, ci prova. Alla Banca centrale europea, Christine Lagarde sembra correre verso un costo del denaro sempre più alto, in barba all’impatto di tali scelte sui finanziamenti alle imprese e alle famiglie. Che la Bce abbia ormai deciso di dichiarare guerra senza quartiere all’inflazione, è ormai noto. Così come è altrettanto evidente il grande ritardo con cui l’Eurotower ha scelto di mettere mano ai tassi, quando la Federal Reserve lo faceva già da mesi negli Stati Uniti.

E poco importa se i mutui a tasso variabile diventano sempre più onerosi. Poco importa se il costo della vita in Europa ha ben poco da spartire con la fiammata dei prezzi oltre Atlantico, figlia, quella sì, di piena occupazione e surriscaldamento della domanda di beni e servizi, sull’onda dei maxi-piani pandemici messi in piedi dall’amministrazione Biden, due anni or sono. Non come in Europa, dove l’impennata dei prezzi risponde al nome di guerra, Russia, energia e transizione.

Lagarde tira dritto, tanto da aver già anticipato al mercato un nuovo rialzo, il secondo del 2023, da 50 punti base, il prossimo marzo. Risultato? Costo del denaro sui rifinanziamenti al 4%. Il che, dinnanzi a un’inflazione della zona euro che nell’anno in corso non andrà oltre il 6% (le ultime stime parlano di prezzi inchiodati al 5,6% a fine 2023, a dicembre 2022 il costo della vita era al 9,2%), comincia a stridere. Ma Fabio Panetta, il banchiere italiano che siede nel comitato esecutivo di Francoforte, stavolta ha preso posizione. O meglio, l’ha presa di nuovo, seguendo idealmente il pensiero di Ignazio Visco, governatore di Bankitalia, che più volte ha invitato, restando inascoltato, l’ex direttore del Fmi ad andarci piano.

Il presidente della Bce può contare sul sostegno, tutt’altro che trascurabile, del falco più falco che ci sia, Isabel Schnabel membro tedesco del board della banca centrale. Alla quale poco importa se l’Europa eviterà per un soffio la recessione nel 2023 (la Germania, attenzione, crescerà meno dell’Italia). Il denaro deve diventare più pesante e i tassi salire. Ma Panetta, da Londra, non è d’accordo.

“Considero imprudente muoversi molto velocemente ora, con l’inflazione che potrebbe evolversi in entrambe le direzioni. Penso che siamo di fronte a una incertezza molto elevata. Non dico che dobbiamo fermarci, ma di prenderci il tempo che serve per valutare meglio l’economia”, ha sottolineato Panetta. Poco prima, Francoforte aveva pubblicato il suo Bollettino economico in cui si ribadisce, come ripetuto anche ieri da Lagarde al Parlamento europeo, che il Consiglio direttivo “intende innalzare i tassi di interesse di altri 50 punti base nella prossima riunione di politica monetaria, a marzo, per poi valutare la successiva evoluzione” della sua stretta.

Secondo Panetta, però, oggi “i rischi inflazionistici sono più bilanciati” e vi è una “elevata incertezza”, sia sulle prospettive dell’economia che su quelle del caro vita. Per questo “in un simile contesto la Bce non dovrebbe vincolare in modo incondizionato la sua politica monetaria futura. Dobbiamo invece adottare strategie monetarie orientate al medio termine”. E se Panetta è il più visibile tra le colombe del Comitato esecutivo, coloro cioè che generalmente vengono ritenuti sostenitori di una linea più morbida e prudente sulla politica monetaria, in contrapposizione ai falchi, che invece spingono per un approccio più intransigente, guardando a tutto il Consiglio direttivo a dargli manforte è sicuramente Visco.

Non a caso, quindi, Panetta ha rilanciato un argomento che Visco va sostenendo da tempo, ad esempio lo scorso 23 gennaio: la necessità di mettere sullo stesso piano il rischio di fare troppo poco sui tassi e quello, opposto, di spingersi troppo in alto. “Non è più necessario porre enfasi unicamente sui rischi inflazionistici al fine di evitare gli scenari peggiori. Occorre invece considerare il rischio che la stretta monetaria risulti eccessiva, oltre all’eventualità che la nostra azione possa rivelarsi insufficiente. Dobbiamo procedere con gradualità, al fine di evitare costi eccessivi per l’economia reale”. A Francoforte avranno sentito?


×

Iscriviti alla newsletter