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Bonaccini e il pragmatismo democristiano. Le primarie Pd secondo Pombeni

Il politologo dopo le votazioni nei circoli per la nuova segretaria nazionale: “Auspico che i gazebo confermino questo risultato, sennò sarebbe evidente un condizionamento esterno”. Sulle parole di Bonaccini verso Meloni: “Bene ha fatto a definirla capace. Ci vuole dialogo con il governo”. E Schlein? “Cooptata dall’establishment della gauche caviar”

Più del confronto televisivo possono i numeri. La volontà che emerge, dopo il voto di iscritti e militanti del Pd, è quella di un partito riformista. L’energia “popolare” di Stefano Bonaccini ha primeggiato: quasi il 53% degli iscritti ha scelto lui come futuro segretario. “Evidentemente i militanti dem hanno preferito il pragmatismo politico a chi in questi anni ha sostanzialmente inseguito feticci”. Lo dice il politologo e saggista Paolo Pombeni che, però, in attesa del voto nei “gazebo” avverte su un possibile problema che si potrebbe verificare: “Una forma di contaminazione esterna che possa in qualche modo ribaltare l’esito delle votazioni nei circoli”.

Professore, perché teme che le votazioni nei gazebo possano sovvertire i risultati consegnati dai circoli?

Perché con la formula con cui sono state organizzate queste primarie, tutti possono votare, di conseguenza il rischio “manipolazione” è altissimo. Sarebbe ben poco serio per un partito come il Pd assistere a una situazione di questo tipo. Dunque spero, anche per preservare un po’ di credibilità, che il voto nei gazebo confermi quello dei circoli.

Bonaccini senz’altro primeggia, ma Schlein lo tallona e conquista alcuni centri cittadini importanti. Non si potrà non tenerne conto. 

Schlein rappresenta il tipico prodotto dei talk show televisivi. Un esempio plastico della contaminazione del partito, di cui parlavo prima. Ha costruito la sua ascesa politica (e in questo ha qualche responsabilità anche Bonaccini) inseguendo feticci: diritti sbandierati qua e là, il “partito degli ultimi” che non vuol dire nulla e tutte le altre amenità di cui quel mondo si riempie la bocca.

Quale sarebbe il suo bacino di riferimento?

La rivale del governatore emiliano-romagnolo dice spesso di avercela fatta da sola. Ma non è così. È stata cooptata dall’establishment, dalla gauche caviar.

Dunque è fuorviante pensare che la sua mozione congressuale rappresenti la sinistra-sinistra?

Ma certo. Se tra i militanti ci fosse davvero la volontà di un partito di sinistra-sinistra Gianni Cuperlo avrebbe dovuto prendere molti più voti di quelli che ha preso. Lui, invero, rappresenta una proposta di sinistra. Un uomo colto, preparato, che ha letto qualche libro. Eppure, non bucando lo schermo e non essendo un prodotto da talk show, non è stato votato.

Se Bonaccini ce la dovesse fare, come si proporrà con eventuali compagni di viaggio nella galassia del centrosinistra?

L’approccio sarà sempre incardinato sul pragmatismo. Bonaccini sa che questo forte vento di destra che soffia nel Paese è stato fortemente alimentato anche dalla sinistra della follia rappresentata dal Movimento 5 Stelle. Lui si deve porre come collettore di forze razionali, chiamando a sé i grillini che non hanno perso il senno e i più ragionevoli del Terzo Polo. Ma partendo da un punto irrinunciabile: senza Pd non si costruisce alcuna alternativa al governo attuale.

A proposito di governo. È scoppiata una mezza rivolta nel Pd quando Bonaccini ha definito il premier Meloni, un leader “capace”…

È una follia. Bene invece ha fatto Bonaccini a fare quell’osservazione su Meloni, perché è la pure verità. Anche in questo, il governatore ha mostrato la sua capacità politica: il prossimo segretario del Pd, chiunque sarà, dovrà avere un approccio – pur dalla prospettiva dell’opposizione – dialogico con il governo. Le posizioni pregiudiziali non portano da nessuna parte. Meloni dal canto suo dovrebbe solamente liberarsi da chi ancora pratica l’eccesso (anche nei toni), pur essendo al Governo e diffondere una visione più omogenea del sistema Paese.

Tra i suoi intendimenti, Bonaccini ha esplicitato la volontà di cambiare la classe dirigente del Pd. Consigli?

È un giusto intendimento, che tuttavia va perseguito attraverso il pragmatismo democristiano. La metodologia non deve essere quella di un azzeramento sic et simpliciter, specie perché è inimmaginabile che gli attuali dirigenti siano tutti da “cestinare”. Non commetta, Bonaccini, l’errore di Renzi. Piuttosto, la strada da percorrere è quella di una progressiva disarticolazione della vecchia classe dirigente che lasci spazio a una nuova classe politica in “cantiere”. Sostituire quella vecchia con quella nuova.



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