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Calo dei consensi e paura delle euro-urne. I dolori di Parigi e Berlino

Macron e Scholz, zavorrati da sondaggi pessimi e varie questioni interne, nelle scelte europee sembrano guidati da logiche diverse rispetto a coesione continentale e alleanze internazionali. Entrambi rischiano una cattiva performance alle Europee del 2024 mentre Meloni, a maggior ragione dopo le Regionali, è l’unica leader che cresce

Quanto influiscono le notevoli difficoltà interne di Macron e Scholz (proteste di sindacati e lavoratori a Parigi, calo della Spd alle urne berlinesi) nell’elaborazione della strategia europea franco-tedesca? Ancora una volta, come si è visto in occasione della cena ad escludendum con Zelensky (su cui c’è stato anche un retroscena di Politico), si è deciso di puntare tutto su azioni spot come palliativo in vista delle prossime europee che potrebbero rappresentare un momento di grande difficoltà per entrambi i leader.

La questione si pone sia a causa dei numeri, visto che Macron e Scholz continuano a perdere punti nei consensi (mentre Meloni no, come dimostrano le Regionali), sia in prospettiva: nel 2024 il presidente francese rischia seriamente di subire una marginalizzazione proprio mentre da un lato Ecr e Ppe dialogano sempre più intensamente (Weber e Meloni in primis) e dall’altro il suo sodale teutonico deve gestire il rodaggio del primo anno di governo e il calo della Spd. Gli strascichi del Consiglio europeo dello scorso 9 febbraio sono da perimetrare in questo ambito, al fine di avere un quadro d’insieme realistico.

Qui Germania

In Germania è iniziata la risalita della Cdu: le elezioni di Berlino potrebbero essere il primo segnale di vita, dopo la sconfitta alle politiche. I cristiano-popolari sono avanti con il 28,2%, lasciando l’Spd appaiati con i Verdi al 18,4%. Si tratta del peggiore risultato nel dopoguerra a Berlino dei socialisti (nel 2021 aveva ottenuto il 21,4% dei voti) mentre la Cdu centra il miglior risultato degli ultimi 20 anni.

Il vincitore delle elezioni berlinesi, Kai Wegner (Cdu), potrebbe preferire i Verdi come possibile partner di coalizione e il leader del partito federale Merz inizia così a vedere la fine del tunnel post Merkel in cui il partito era scivolato dopo l’abbandono della cancelliera e la scelta affrettata di affidarsi ad una leader non all’altezza come Annegret Kramp-Karrembauer.

Ma al di là di chi guiderà l’amministrazione berlinese, spicca il dato delle lotte dell’Spd a livello nazionale, poiché il governo Scholz non è stato in grado di dare risposte all’inflazione dilagante, alle conseguenze della guerra in Ucraina, alle questioni sui tavoli europei. Lo dimostra, una volta di più, il macro dibattito interno che si è coagulato sulla decisione di inviare i carri Leopard a Kiev, che da subito aveva avuto il via libera del ministro degli Esteri Annalena Baerbock, mentre il Cancelliere era stato costretto a temporeggiare (un po’ per i dubbi della sua parte politica, un po’ per la sua poca propensione al rapido decisionismo).

Il governo deve affrontare anche un’altra emergenza, dopo l’annuncio della Ford di voler tagliare 3.800 posti di lavoro, con la sede di Colonia che verrà particolarmente colpita. Inoltre un altro colosso come Thyssen-Krupp toglie il sonno a Scholz: ha fatto registrare un crollo nel settore dei materiali del 33%.

Qui Francia

Vivere per lavorare o lavorare per vivere? Questo lo slogan contro Macron gridato dai giovani francesi impegnati nelle proteste contro le politiche welfare dell’Eliseo. L’ultima manifestazione oceanica, che secondo il ministero dell’Interno è stata di 963.000 persone (93.000 nella sola Parigi) è dell’11 febbraio scorso, quando centinaia di migliaia di persone sono scese in piazza per il quarto giorno consecutivo contro la riforma delle pensioni del governo. Hanno scioperato più del 40% degli insegnanti della scuola primaria e più di un terzo degli insegnanti delle scuole superiori.

Dalle piazze di tutto il Paese, tra cui oltre alla capitale Marsiglia, Tolosa, Nantes e Nizza, i leader degli otto principali sindacati francesi hanno già annunciato un’altra serie di scioperi se il piano di Macron non verrà abbandonato, ovvero fare marcia indietro rispetto al progetto di innalzare l’età pensionabile da 62 a 64 anni. Il presidente ha anche un problema politico interno, dal momento che in parlamento ha perso la maggioranza assoluta alle elezioni dello scorso anno e quindi, per approvare la riforma, ha bisogno del sostegno dell’opposizione di destra.

Anche i fornai francesi hanno deciso si protestare perché l’amata baguette è minacciata dall’aumento dei costi, contingenza che si somma all’aumento dei costi di burro e farina, mentre il prezzo delle uova è aumentato anche a causa di un’epidemia nazionale di influenza aviaria.

Altro versante di crisi per Macron è un settore cardine dell’economia francese come il vino, con gli organismi dell’industria vinicola francese CNIV e Vin & Société che hanno lanciato l’allarme per i dati che mostrano un calo del 70% del consumo di vino in Francia sommato alle mancate vendite dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

Non solo popolarità interna in calo, anche un competitor sta preoccupando Macron: si tratta del ministro dell’Economia Bruno Le Maire che non solo aspira all’Eliseo ma si è reso protagonista negli ultimi tempi di vari litigi pubblici con il presidente francese.

Scenari

A questo quadro analitico va sommato il retroscena pubblicato da Politico, secondo cui la decisione di Macron di organizzare la cena ad excludendum con Zelensky e Scholz, provocando la reazione di Palazzo Chigi, è nata dopo aver visto gli onori che Londra ha riservato al presidente ucraino, ovvero il discorso solenne nella Westminster Hall e l’incontro con il re Carlo III. Si è trattato a Parigi di un desco apparecchiato last minute, mentre Macron e signora erano attesi a una serata a teatro e soprattutto senza alcun dividendo politico concreto, ma al solo di fine di provare ad ottenere un ritorno (interno) mediatico.

Macron e Scholz, quindi, zavorrati da un calo di consensi e da notevoli problematiche interne, nelle scelte europee sembrano guidati da logiche diverse rispetto a coesione continentale e alleanze in chiave internazionale. Entrambi rischiano una cattiva performance alle europee del 2024 mentre Meloni (che ha incassato un buon risultato sull’immigrazione) a maggior ragione dopo le Regionali, è l’unica leader che cresce costantemente anche con vari attestati di stima da parte della stampa internazionale.

@FDepalo

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