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Altro che Sleepy Joe. Il discorso di Biden letto dall’amb. Castellaneta

Il presidente degli Stati Uniti è apparso deciso e risoluto come non lo si vedeva da tempo, forte di alcuni importanti risultati ottenuti negli ultimi mesi e proiettato verso la campagna per le presidenziali del 2024. Il commento di Giovanni Castellaneta, già consigliere diplomatico di Palazzo Chigi e ambasciatore negli Stati Uniti

È stato un Joe Biden più “muscolare” del solito quello che si è visto nel tradizionale discorso sullo Stato dell’Unione pronunciato nella notte (orario europeo). Il presidente degli Stati Uniti è apparso deciso e risoluto come non lo si vedeva da tempo, forte di alcuni importanti risultati ottenuti negli ultimi mesi e proiettato verso la campagna per le presidenziali del 2024. Sono tre le aree di maggiore interesse su cui soffermarsi per analizzare il discorso del leader democratico: l’economia, la politica interna e quella internazionale.

Partiamo dalla prima: è sempre valido l’adagio coniato da Bill Clinton negli anni Novanta – “It’s the economy, stupid!” – secondo il quale, in fin dei conti, è sempre la performance economica l’elemento principale per decretare la vittoria – o la sconfitta – in una tornata elettorale. E non è dunque un caso se Biden ha iniziato il proprio speech proprio sottolineando i buoni risultati registrati dagli Stati Uniti negli ultimi mesi e i provvedimenti varati dalla Casa Bianca per rilanciare l’economia. La crescita del Pil è bassa, ma è probabile che una recessione sarà scongiurata; inoltre, la disoccupazione è ai minimi da oltre cinquant’anni a testimoniare la vitalità del mercato del lavoro statunitense. La (quasi) piena occupazione si potrebbe però trasformare in un’arma a doppio taglio per l’amministrazione democratica, che attraverso il Chips Act e l’Inflation Reduction Act vuole creare centinaia di migliaia di nuovi posti di lavoro nelle industrie dei semiconduttori e delle tecnologie pulite. Inoltre, questi massicci piani di sussidi alle aziende che investono nelle nuove tecnologie rischiano di dare vita ad una rischiosa guerra commerciale con gli alleati europei, su cui Biden non si è soffermato particolarmente nonostante proprio ieri si sia conclusa la visita a Washington dei ministri delle Finanze francese e tedesco, Bruno Le Maire e Robert Habeck.

Per quanto riguarda invece la politica interna, il presidente ha teso un ramoscello d’ulivo ai rivali repubblicani, facendo gli auguri al nuovo speaker della Camera Kevin McCarthy e auspicando che all’interno del Congresso ci possa essere collaborazione tra i due partiti quantomeno sulle questioni più importanti. Ricordando la capacità di lavorare uniti in alcune occasioni, Biden ha certamente riconosciuto implicitamente la necessità di dover contare sui voti dei Repubblicani dopo aver perso la maggioranza alla Camera; tuttavia, il fatto di aver conservato la maggioranza in Senato pone il Presidente in una posizione di inusuale forza, che gli consentirà di affrontare questi ultimi due anni di mandato senza essere condannato al ruolo di “anatra zoppa” che era toccato invece a Barack Obama.

Infine, la politica estera: quella più rilevante per noi osservatori esterni, e forse quella che conta meno per vincere le elezioni. Infatti Biden ha riservato alle questioni internazionali l’ultima parte del suo intervento, senza però risparmiare alcune stoccate – tutto sommato prevedibili – alla Cina. Il presidente ha riaffermato la volontà degli Stati Uniti di considerare Pechino come un concorrente e non come un nemico (soprattutto a livello economico), dimostrando fermezza sulle questioni di sicurezza nazionale con riferimento all’incidente del pallone aerostatico cinese che nei giorni scorsi ha sorvolato i cieli americani. Ovviamente, non è mancato poi un passaggio sulla necessità di continuare a difendere l’Ucraina contro l’invasione russa.

Insomma, è stato un Biden per certi versi prevedibile, ma dai toni tutto sommato concilianti grazie ad una posizione di relativa solidità con cui potrà affrontare la parte finale del proprio mandato. Un discorso che getta le basi per la sua candidatura nel 2024 e che lascia chiaramente intendere che “Sleepy Joe” non è ancora disposto a farsi da parte.


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