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Il Pil cresce, ma il Dragone rimane al freddo

Pochi giorni fa il Fondo monetario ha certificato un’accelerazione della crescita cinese. Eppure il debito pubblico continua a sfuggire di mano al governo. Al punto che intere province non hanno i soldi per pagare il riscaldamento e i trasporti locali

Le due facce di un’economia. Come a dire, sì, la Cina crescerà anche del 5,2% quest’anno, come racconta il Fondo monetario nel suo ultimo World economic outlook. Su per giù, 0,8 punti percentuali in più rispetto alle previsioni di Washington dello scorso ottobre. Eppure, alla periferia del Dragone ci sono governi che non hanno nemmeno i soldi per garantire l’accensione dei riscaldamenti (l’inverno cinese è tutt’altro che mite) negli uffici pubblici.

Qualcosa, insomma stride. La verità è che la Cina fa Pil, ma allo stesso tempo il suo debito pubblico continua a sfuggire di mano. Tutto, come ormai noto, è partito dal collasso del mercato immobiliare, il quale ha contagiato le banche e dunque l’economia reale. Lo dimostrano i numeri, messi nero su bianco dalla Cnn. I cui analisti, nel fare due conti, hanno stimato in oltre 123 mila miliardi di yuan (circa 18 mila miliardi di dollari) il debito pubblico della Cina. Il grosso di questa montagna, è allocato proprio presso le amministrazioni delle immense province cinesi.

Le quali, per tentare di tenere sotto controllo il debito ed evitare l’insolvenza, hanno eroso i propri budget di spesa. Tradotto, i soldi destinati al finanziamento dei servizi, sono stati impiegati per ripianare i debiti con le banche. Morale? In queste settimane milioni di dipendenti pubblici cinesi hanno faticato a vedersi pagato lo stipendio, molti trasporti sono stati soppressi, in numerosi uffici, asili e scuole è mancato il riscaldamento (se si paga un debito pregresso è difficile pagare anche il carbone, gas o il gasolio per alimentare le caldaie).

Vale su tutti il caso di una delle province più settentrionali della Cina, Heilongjiang, dove nella città di Hegang migliaia di famiglie sono rimaste senza riscaldamento dopo che le ditte locali hanno fortemente limitato la fornitura. Le società hanno attribuito la mossa alla mancanza di cassa da parte delle amministrazioni. Ironia della sorte: il governo centrale a Pechino ha risposto a questa emergenza ordinando alle città di fornire un riscaldamento adeguato alla popolazione. Ma senza specificare chi pagherà le bollette.

Intanto, come raccontato da Formiche.net, nei giorni scorsi, Pechino ha rilasciato in queste ore una raffica di approvazioni per le società finanziarie straniere che cercano di espandersi nel Paese per tentare di infondere fiducia negli investitori, dopo anni di restrizioni pandemiche. La volontà di procedere in tal senso si era, in realtà, già manifestata in occasione del 20° Congresso del Partito cinese di ottobre, quando il presidente Xi Jinping si è assicurato un terzo mandato alla guida del Paese.


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