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I compromessi si fanno in altezza non in bassezza. Sisci su Zelensky a Sanremo

Quella dello Zelensky dimezzato di Saremo è l’Italia a metà che non piace a nessun italiano. È: aiutiamo gli ucraini ma non troppo, quindi delude sia gli ucraini che i russi. È l’Italia in mezzo al guado, che non sa se andare a sinistra o a destra e finisce travolta dal fiume. Il commento di Francesco Sisci

L’Italia (ma chi davvero?) ha sentenziato: il presidente Ucraino Volodomyr Zelensky sarà a Sanremo, ma non proprio. Ci sarà un suo messaggio, ma lo leggerà la Rai, tramite il suo presentatore di fiducia, il signor Amadeus, perché la faccia e la voce di Zelensky sarebbero state troppo per il pubblico.

Così, tutti saranno contenti con questa soluzione salamonica (da grosso salame che si affetta secondo i gusti; non davvero giusto, dal Salomone biblico). O no?

Il mio maestro di storia e di giornalismo, Giulio Pecora, diceva: non peccare, ma se pecchi, pecca fortissimo. Qui invece c’è solo un peccatuccio a metà, per accontentare quelli e non scontentare questi; è un bacio sulla bocca ma senza la lingua, è una pomiciata violenta ma senza mano sotto la maglietta. Va bene per dire al vecchio confessore “non ho commesso atti impuri”, ma è davvero così? Che senso ha? Si sbaglia senza averne ritorni e scontentando tutti.

I compromessi si fanno in altezza non in bassezza.

Quella dello Zelensky dimezzato di Saremo è l’Italia a metà che non piace a nessun italiano. È: aiutiamo gli ucraini ma non troppo, quindi delude sia gli ucraini che i russi. È l’Italia in mezzo al guado, che non sa se andare a sinistra o a destra e finisce travolta dal fiume.

Per carità, la ricerca del compromesso è il sale della politica, ma qui c’è un’uscita miserevole da una situazione impossibile in cui si erano cacciati. Non si poteva negare la presenza di Zelensky, che ufficialmente l’Italia sostiene contro l’invasione russa, e non si voleva offendere il socio di minoranza del governo, il leader della Lega Matteo Salvini pronunciatosi contro tale presenza. Il risultato è che Roma ha pubblicamente dimostrato l’influenza russa nelle cose che contano, e il festival di Sanremo è il più importante.

Quindi, quando finirà la guerra, perché prima o poi le guerre finiscono, chiunque vinca, cosa dirà o penserà dell’Italia? Quali saranno i frutti del mezzo tradimento, della mezza fedeltà per il Paese, per i partiti di governo o opposizione tutti coinvolti in questa ingiusta affettata di salame?

L’Italia è questa, si dirà, è quella dove Marinetti tentò la fantastica crociata di abolire la pasta, e naturalmente fallì, ma fallirono anche quelli che volevano il fascismo duro come Hitler o il comunismo puro come Stalin. L’Italia mezza gaglioffa riesce a sopravvivere, dicono.

Non è solo così, però. La Dc, partito che inventò la distanza dagli opposti estremismi, tenne a bada la minaccia del ritorno del fascismo ed evitò all’Italia di cadere nel comunismo. Lo fece scegliendo con chiarezza una parte, l’Europa, l’Atlantico, e in questo ambito aprì ai rapporti con la Cina di Mao nel 1971.

Ora la posizione è più delicata. C’è un fronte filo-Putin che è uscito ridimensionato dalle elezioni ma rimane influente al governo e all’opposizione. Questo fronte sta agendo contro Zelensky a Sanremo con argomenti legittimi e non. Domenica prossima ci sono le regionali e qualcuno spera che una sconfitta relativa della Lega scuota la leadership di Salvini. In quel modo tutto sarà più facile, dicono. Il salamone sanremese è il prezzo di questa speranza.

Tutto il teatrino comunque dimostra solo una cosa, che gli equilibri italiani sono a termine. La guerra finirà, i filo putiniani italiani resteranno orfani e quel punto che succederà al governo?

C’è la scommessa che la guerra possa durare a lungo, e in effetti a questo si prepara apparentemente Mosca. Ma è possibile anche che la guerra sia agli sgoccioli. I russi hanno perso forse oltre 200mila uomini, cifre da prima guerra mondiale. Ora ne schiereranno altri 500 mila, e forse faranno una mobilitazione nelle grandi città. Non è chiaro però come la società reagirà alla richiesta di questi nuovi sforzi, né cosa farà l’esercito e i suoi generali nel tritacarne di una guerra non vincibile.

È possibile che l’offensiva russa di primavera fallisca, che le truppe sbandino e aprano il fronte a una controffensiva ucraina. Ciò in cambio magari di una salvaguardia territoriale della Russia, altrimenti destinata alla disintegrazione. Se ciò accadesse la guerra potrebbe chiudersi prima dell’estate. A quel punto non è affatto chiaro cosa succederà all’Italia.

Sono ipotesi, ma non remote, possibili forse come e più di una guerra lunga che si estende in un arco temporale incerto.

Qui allora vale un punto: non c’è Francia o Spagna purché se magna. Se non si sceglie, Francia e Spagna faranno a pezzi il Paese e non lasceranno niente. Così per timore di perdere qualcosa si ha la certezza di perdere tutto.


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