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Green recovery plan e fondo Made in Italy. Come aiutare le Pmi secondo Granelli

Di Federico Di Bisceglie e Gianluca Zapponini

Il presidente di Confartigianato: “Le nostre priorità sono la riduzione del peso delle tasse, lo sfoltimento degli adempimenti burocratici, politiche attive del lavoro per favorire l’occupazione, in particolare dei giovani, potenziando la formazione tecnica e professionale, facilità di accesso al credito e incentivi semplici e stabili per favorire la transizione green e digitale”

L’impennata dei prezzi energetici che ancora non è rientrata. La progressiva rarefazione di manodopera disponibile da immettere sul mercato del lavoro e gli sforzi del Governo per mettere in sicurezza un sistema economico composto, per lo più, da piccole e medie imprese. Una panoramica su questo, oltre che sui nuovi indirizzi assunti a livello europeo la offre, a Formiche.net, il presidente di Confartigianato Marco Granelli.

Le imprese vivono un’impennata dei prezzi che impatta a monte della filiera, visto che le materie prime oggi costano tre volte tanto rispetto a mesi fa. Il governo non è certamente stato con le mani in mano. Che cosa fare di più?

È il momento di mettere mano a un piano complessivo di riforme finalizzate al rilancio del Paese. Al di là delle apprezzabili e condivise misure d’emergenza sul fronte del caro-energia, ora bisogna adottare un approccio sistemico e coordinato delle politiche economiche. Le nostre priorità sono la riduzione del peso delle tasse, lo sfoltimento degli adempimenti burocratici, politiche attive del lavoro per favorire l’occupazione, in particolare dei giovani, potenziando la formazione tecnica e professionale, facilità di accesso al credito e incentivi semplici e stabili per favorire la transizione green e digitale. Tutto questo non può prescindere dall’impegno condiviso a livello europeo. Serve, da parte dell’Europa, una deroga “mirata” agli aiuti di Stato per consentire ai singoli Paesi un ampio margine di manovra utile per continuare a sostenere le imprese nella riduzione dei costi dell’energia. A questo proposito, insistiamo a chiedere l’eliminazione definitiva degli oneri generali di sistema nelle bollette delle piccole imprese.

L’Europa, con la cosiddetta direttiva sulle case green, si sta muovendo per l’efficientamento energetico degli edifici residenziali. E’ un’opportunità per le vostre imprese?
Si tratta di una grande occasione per cogliere nel 2050 l’obiettivo di “emissioni zero” dei nostri edifici e, contemporaneamente, sostenere la crescita economica e occupazionale. Da questo punto di vista il nostro Paese può vantare un patrimonio eccellente di PMI operanti nel “comparto casa”. Però bisogna ripensare profondamente il sistema degli incentivi nel settore delle costruzioni. Basta con gli interventi spot sottoposti a continui ripensamenti, come è avvenuto con i bonus edilizia. La strada realmente efficace consiste nel progettare una vera e propria strategia strutturale di lungo termine. L’Europa deve consentire ai singoli Stati di affrontare percorsi sostenibili. In pratica, sono indispensabili investimenti pubblici per realizzare quanto previsto dalla direttiva e, di conseguenza, le risorse dedicate devono poter essere considerate al di fuori dei vincoli di bilancio e, auspicabilmente, dovrebbero far parte di un vero e proprio “green recovery plan” europeo.

L’Italia si sa, è Paese di manifattura. E le piccole imprese hanno da sempre le spalle meno grosse, dunque sono più esposte agli choc economici. Come proteggere un sistema che è la spina dorsale del nostro Pil?

Il made in Italy è parte integrante della nostra contemporanea identità culturale e non soltanto un prodotto bello e fatto bene, è un ecosistema da valorizzare e salvaguardare mettendolo al centro della strategia complessiva di rilancio del Paese, con un approccio sistemico e coordinato delle politiche economiche. Come abbiamo sottolineato al ministro Adolfo Urso e nel corso di un’audizione in Parlamento, il cuore del made in Italy è rappresentato da 4,4 milioni di artigiani e di piccole imprese, con 10,9 milioni di addetti, senza i quali l’Italia non sarebbe il secondo maggior Paese manifatturiero in Europa e leader globale nei settori di eccellenza (agroalimentare, moda, legno-arredo e meccanica). Confartigianato chiede che questo patrimonio di imprese e di occupazione, che esprime innovazione, sostenibilità, presidio sociale delle comunità territoriali, venga sostenuto con misure strutturali finalizzate a difendere la qualità e l’autenticità della produzione italiana, a promuoverla sui mercati interno ed estero e a difenderla dalle contraffazioni.

Può spiegarci, nel dettaglio, quali sono gli strumenti per valorizzare le produzioni italiane?
Sicuramente il Fondo Made in Italy, vale a dire un contenitore di programmi e progetti da finanziare con risorse adeguate, e il Fondo per la sovranità alimentare che va esteso al settore delle aziende manifatturiere della trasformazione agroalimentare, soprattutto in una logica di prossimità e di Km 0. Per accompagnare le piccole imprese sui mercati esteri, chiediamo di concentrare le risorse su interventi continuativi e strutturali a misura di micro e piccole imprese alle quali va riservato almeno il 50% degli stanziamenti. Tra questi vanno potenziati e resi strutturali strumenti che si sono già rivelati efficaci come il voucher Digital Temporary Export Manager e il bonus export digitale. Il made in Italy va sostenuto nel medio-lungo periodo, promuovendo l’innovazione delle imprese e la qualificazione dei prodotti: per questo va potenziato il “Sistema Italiano per la Qualità” e adottato un “marchio 100 per cento Italia” che consenta la corretta informazione del consumatore sull’origine e la tracciabilità delle nostre produzioni. Altrettanto importante la lotta alla contraffazione, sia con la repressione degli illeciti che con azioni di orientamento e educazione dei consumatori, a cominciare da iniziative formative nei confronti dei giovani.

I corpi intermedi sono per tradizione l’anello di congiunzione tra politica e territorio, tra palazzo ed economia reale, tra salotto e bisogni dei cittadini. Come giudica l’attuale congiuntura dei corpi intermedi?
Di fronte alle profonde e traumatiche trasformazioni economiche e sociali dei nostri tempi, i corpi intermedi sono più che mai indispensabili e chiamati a rinnovate responsabilità. Per un’organizzazione come Confartigianato, che vive di prossimità e di profondo radicamento nel territorio, la sfida consiste nel saper raccogliere le aspettative delle imprese, farne sintesi e rappresentarle nei confronti delle istituzioni e dei decisori pubblici. È un compito fondamentale per evitare i rischi della frammentazione e della sterile contrapposizione di interessi e trasformare le tensioni in una spinta propositiva, facendo leva su senso di responsabilità e coscienza civica per esercitare i propri diritti in un confronto democratico e finalizzato a trovare risposte efficaci nell’interesse più generale del Paese.

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