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Il Congresso Usa per l’Iran libero. Terzi (FdI) spiega cosa fa l’Italia

Di fronte alla speranza che continuano a nutrire i cittadini iraniani che anelano alla libertà e alla democrazia, ogni sostegno politico e istituzionale non va tralasciato. A Washington come a Roma. L’intervento dell’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, esponente di Fratelli d’Italia e presidente della commissione Politiche dell’Unione europea a Palazzo Madama

Di fronte alle costanti violenze e ai crimini perpetrati dal regime iraniano contro le donne e gli uomini che manifestano da settembre a Teheran e nel resto del Paese, lo scorso 8 febbraio la Camera dei Rappresentanti statunitense ha compiuto un atto significativo per contribuire a mantenere viva la lotta per la libertà in Iran. Ben 165 membri hanno infatti presentato una risoluzione bipartisan, a prima firma Tom McClintock, per un Iran libero, democratico e laico. Il testo esprime un sostegno chiaro e netto al programma in dieci punti del Consiglio nazionale della Resistenza iraniana il cui obiettivo è la realizzazione di una Repubblica dell’Iran democratica, laica e non nucleare. Tra i punti contenuti vi sono il diritto universale di voto, libere elezioni, un’economia di mercato, l’uguaglianza di genere, religiosa ed etnica, una politica estera basata sulla coesistenza pacifica e un Iran non nucleare.

Nel condannare l’oppressione operata dal regime contro il proprio popolo con atti di vero e proprio terrorismo non solo in Iran, ma in tutto il Medio Oriente e oltre, la risoluzione precisa che le radici delle odierne rivolte sono il risultato di quattro decenni di resistenza organizzata contro la dittatura dei mullah. Una resistenza guidata principalmente da donne che hanno subito torture, violenze sessuali, incarcerazioni, uccisioni.

Nella conferenza tenuta a Washington per illustrare alla stampa la risoluzione è intervenuta la Presidente del Consiglio Nazionale della Resistenza Iraniana con sede a Parigi, Maryam Rajavi, che ha detto di essere “fiduciosa che questa rivoluzione avrà successo, perché il popolo iraniano è determinato a porre fine a questo regime ed è disposto a pagarne il prezzo”.

La risoluzione “invita le agenzie governative degli Stati Uniti competenti a collaborare con gli alleati europei”, a ritenere l’Iran “responsabile della violazione dei privilegi diplomatici e a invitare i governi a neutralizzare le attività maligne delle missioni diplomatiche del regime iraniano, chiudendole ed espellendone i membri”. Si esorta inoltre il governo degli Stati Uniti a “essere coinvolto in qualsiasi avvio di indagine internazionale sulle uccisioni extragiudiziali del 1988” di migliaia di prigionieri politici in Iran, per lo più membri del principale movimento di opposizione iraniano, i Mojahedin del Popolo (Mek).

Altro tema fondamentale sollevato nella risoluzione è quello dell’inserimento del Corpo delle Guardie della Rivoluzione islamica (Irgc) nell’elenco delle organizzazioni terroristiche. In Italia questo punto è oggetto di una mozione all’esame del Senato che ho presentato l’11 gennaio scorso insieme ai colleghi Andrea De Priamo, Domenico Matera, Roberto Menia, Ester Mieli e Marco Scurria e che ci vede allineati con alcuni Parlamenti nazionali di altri Paesi membri dell’Unione europea e non.

Di fronte alla speranza che continuano a nutrire i cittadini iraniani che anelano alla libertà e alla democrazia, ogni sostegno politico e istituzionale non va tralasciato. Affinché il futuro dell’Iran sia all’insegna della libertà e dei diritti umani universali, è necessario continuare a sostenere, con ogni strumento democratico, i cittadini iraniani ieri, oggi e domani.

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