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Consob, perché Savona per la tutela del risparmio resta inascoltato. L’opinione di Pedrizzi

È incredibile che, pur affrontando questioni cosi importanti per i risparmiatori italiani, sia passato pressoché sotto silenzio il Rapporto Consob, che ha esaminato il comportamento degli italiani nel corso dell’anno 2022. L’intervento di Riccardo Pedrizzi

L’inflazione “opera come una tassa occulta e iniqua violando il fondamento democratico della Notaxation without representation” ha detto il presidente della Consob (Commissione nazionale per le società e la Borsa), Paolo Savona, presentando l’ottavo Rapporto sulle scelte di investimento degli italiani.

In quella occasione ha affrontato anche il grave problema della mancanza di educazione finanziaria che caratterizza i nostri concittadini: ad oggi l’80% degli italiani che investono i propri soldi ritiene problematica la gestione “anzitutto a causa del contesto incerto e della crescita dei prezzi” ed il 21% degli investitori che preferiscono detenere i propri risparmi in un conto corrente indica l’inflazione tra i fattori di difficoltà nella gestione delle finanze personali; mentre più di un terzo non ne percepisce l’impatto sul proprio potere di acquisto; la diversificazione degli investimenti è conosciuta dal 50% degli intervistati e solo tra il 20% e il 49% dispone di nozioni sul rischio di credito e i mercati.

Eppure è incredibile che, pur affrontando questioni cosi importanti per i risparmiatori italiani, sia passato pressoché sotto silenzio questo “Rapporto”, che ha esaminato il comportamento degli italiani nel corso dell’anno 2022.

Savona è ritornato anche con insistenza, ancora una volta, sullo stesso tema che aveva toccato nel giugno scorso, allorquando propose e dette la ricetta di come salvaguardare i risparmi degli italiani, invitando i decisori politici a garantire “parità di trattamento non solo tributario tra tutte le attività possedute”.

Secondo Savona attualmente il grande problema delle famiglie e dei risparmiatori italiani è l’inflazione. “In Italia ci sono norme che ostacolano il principio costituzionale della difesa del risparmio: ho sollecitato a giugno governo e Parlamento affinché garantissero parità di trattamento normativo, non solo tributario, tra tutte le attività possedute per contrastare l’aumento dell’inflazione. Dopo un iniziale interesse alla proposta – si è lamentato il presidente della Consob – non sono stati fatti progressi, anzi le discriminazioni di trattamento normativo tra attività di portafoglio sono aumentate, ostacolando il raggiungimento dell’obiettivo di tutela del risparmio in ogni forma, come previsto dalla Costituzione”.

Savona rimprovera alla politica di “accettare che l’aumento dei prezzi gravasse maggiormente sul risparmio, con l’eccezione di una sua modesta remunerazione conseguente al discusso aumento dei tassi nominali dell’interesse e il riconoscimento di compensazioni fiscali stimabili nell’ordine del 2%”. Secondo Savona, infatti, gli effetti dell’inflazione potevano essere almeno mitigati nell’interesse dei risparmiatori perché l’inflazione viola il fondamento democratico della “no taxation whitour rapresentation”.

Su temi cosi cruciali, sopratutto in questo particolare momento storico, come mai – bisognerebbe chiedersi – non si sia aperto un dibattito pubblico sulla stampa e la politica di qualsiasi orientamento non abbia preso alcuna iniziativa parlamentare (proposte di legge, atti ispettivi, mozioni, ecc. ecc.)?

La verità è che la causa viene da lontano e cioè da quando il risparmio è stato considerato una merce come tutte le altre, pur essendo tutelato, come ha detto giustamente ed opportunamente Paolo Savona, dalla nostra Costituzione  all’art. 47 che recita: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina e controlla l’esercizio del credito”.

Il risparmio, infatti, frutto del lavoro e di una autolimitazione nei consumi, anche secondo il magistero sociale sulla Chiesa, è una “virtù” ed un “valore sociale” e va valutato, quale “ricchezza della Nazione” e quale “ricchezza dell’Europa”. Esso è in primo luogo una “virtù”, perché è una forma di responsabile previdenza, di cui la persona, o la famiglia, si fa carico facendo sacrifici ed evitando le sirene del consumismo e le spese voluttuarie; ed è “un valore”, perché è sudato “lavoro del passato”, che mutandosi in credito e capitale d’investimento e combinandosi di nuovo col lavoro del presente e del futuro, è il fattore imprescindibile dell’ulteriore sviluppo economico e del benessere della comunità.

Questa sana concezione del risparmio non da oggi è stata travisata e distorta, così come il concetto di investimento, perché il sistema, in particolare nel mondo occidentale più sviluppato, ha creato la figura del “consumatore”, che progressivamente è andata sostituendo quella del “risparmiatore” e del “proprietario”, sacrificati sull’altare del consumo. Ecco perché non si celebra più la “giornata del risparmio”. Anzi, non solo si è sempre più incentivato il consumo, ma si è colpito sempre più pesantemente la rendita finanziaria, cioè gli interessi sui risparmi che dovrebbero essere considerati, invece, solo un parziale rimborso delle erosioni inflazionistiche.

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