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Dalla svolta di Fiuggi al governo di Giorgia Meloni. Ecco l’eredità di Tatarella

Nel giorno del ventiquattresimo anno dalla scomparsa di Pinuccio Tatarella, l’intera nomenklatura di An, con in testa l’attuale sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, si è riunita al Senato per “raccogliere i frutti” delle intuizioni del padre della destra italiana

Quando nel 1999 scomparve Pinuccio Tatarella, la giovane Giorgia Meloni era già pronta ad andare sul terreno indicato dal Ministro dell’Armonia, distante dal nostalgismo ma non dal conservatorismo. E oggi con l’attuale governo la strada di Tatarella vive una stagione nuova.

Con queste parole il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha aperto il ricordo in Senato dell’esponente della destra italiana, alla presenza non solo dell’intera nomenklatura di An a partire dall’ex presidente della Camera Gianfranco Fini, ma anche di chi come il l’ex presidente della Camera Luciano Violante, pur nelle differenti vedute, aveva con Tatarella un rapporto di profondo rispetto e stima.

“Fiuggi, bipolarismo e Giorgia Meloni” è stato il fil rouge che ha accompagnato gli interventi del ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, del già citato Violante, del presidente del Senato Ignazio La Russa e del vicepresidente della fondazione Tatarella, Fabrizio Tatarella, alla presenza di un mondo, quello legato al tratturo Msi-An-Pdl che si è ritrovato a parlare di futuro e di un polo conservatore celebrando la figura di Tatarella.

(Qui lo speciale di Formiche.net con interventi e interviste)

Oltre alla moglie del già ministro, la prof.ssa Angiola Filipponio Tatarella (qui l’intervista), in prima fila c’erano tra gli altri gli ex parlamentari Italo Bocchino, Francesco Maria Amoruso, Andrea Ronchi, Mario Landolfi, Peppino Valentino, Giuseppe Scopelliti; attuali eletti come Giovanni Donzelli, Roberto Menia, Luca Sbardella, Tommaso Foti; intellettuali come Pietrangelo Buttafuoco, Nicola Rao direttore del Tg2, Pippo Marra editore di AdnKronos.

Punto di partenza la rottura di uno schema, effettuata da Tatarella, alla vigilia delle elezioni del 1994, consegnando così una rappresentanza politica a quel 65% di italiani che non si riconosceva nella sinistra. Non a caso Mantovano, che ha esordito con un saluto ad Angiola Filipponio e a Gianfranco Fini (“perché al cuore non si comanda”), ha ripetutamente messo l’accento sull’assioma idee-visioni-azioni. Il pantheon della destra italiana, ha spiegato, ha in Tatarella un pezzo della casa madre ma al contempo in lui ha l’elastico che permette scatti e iniziative.

Il frutto di quel lavoro bipolare si ebbe nella legislatura 2001/2006 stabile e con un governo longevo, al pari di quello nato nel 2008 (finito poi nel 2011 nella bufera internazionale). “Oggi compare un’analoga coalizione, finalmente guidata dalla destra di Giorgia Meloni: e chi la critica adombrando riferimenti al neofascismo è spiazzato dai fatti e dalle idee del premier”, ha aggiunto Mantovano che, nei due governi Berlusconi, fu sottosegretario all’Interno. Oggi la destra “è andata oltre, con una guida giovane e donna, che si è fatta da sola e non è un’imprenditrice né è figlia di circoli finanziari: bensì il frutto di un impegno personale”.

Ma c’è un prima, rispetto a Fiuggi, rispetto alla tesi di andare oltre il Polo e al progetto conservatore di Giorgia Meloni. Ed è il tempo in cui, quando si stavano per creare le premesse (anche internazionali con il crollo del muro) alla nascita del centrodestra in Parlamento, c’era chi preparava socialmente il terreno. Lo ha ricordato Luciano Violante: era il tempo in cui una personalità come Tatarella era capace come pochi di chiudere i conflitti, proprio quando tutti gli altri erano capaci di aprirli.

“Nelle corde di Pinuccio – ha ricordato – c’era già il partito conservatore, che mi auguro oggi Meloni riesca a realizzare, lontano dal localismo e dal fascismo, per il bene di tutta la politica italiana”. Violante ha invocato uno dei progetti a cui Tatarella teneva di più, come il presidenzialismo, per esprimere la sua visione critica sulla strada intrapresa dall’attuale governo (“preferirei soluzioni più europee come il cancellierato, prevedendo magari sedute comuni di Camera e Senato”).

Tatarella, come ha ricordato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, faceva precedere ogni iniziativa politica con una di carattere editoriale come dimostrano i nomi delle testate da lui scelte: Centrodestra (senza trattino), Presidenzialisti, Il Roma, Puglia d’Oggi basandosi su tre direttrici: senso della storia, identità, comunità e con un frequente richiamo al pensiero di Prezzolini.

“Mentre il progressista è la persona di domani – ha ricordato Sangiuliano – il conservatore è la persona che pensa al dopodomani, ma con un solido bagaglio di storia: solo con la storia identitaria si può servire il futuro”.

@FDepalo

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