I regimi autocratici continuano la loro aggressione ibrida via internet, veicolando propaganda e avvalendosi delle nuove tecnologie per amplificarne la portata. Nella sua nuova Relazione, il comparto intelligence italiano mappa le narrazioni, le modalità e le direttrici della disinformazione
“Nel 2022 i principali attori della minaccia ibrida hanno continuato a condurre campagne aggressive in danno dei Paesi occidentali tentando di manipolare a proprio vantaggio gli scambi commerciali, le forniture di beni strategici e l’ambiente informativo dei Paesi bersaglio”. Così si apre la sezione sulle minacce ibride della relazione annuale del Comparto Intelligence, presentata oggi a Palazzo Dante, in cui gli 007 italiani hanno esaminato l’attività di disinformazione con cui i regimi autocratici tentano di indebolire il nostro Paese.
Si tratta di un esercizio più sfuggente di quanto non si creda. Queste campagne sono difficili da identificare e attribuire essendo “condotte su più domini […] in modo coordinato e sinergico”, nonché amplificate da diversi attori tra media e la rete. Inoltre giocano “sulle vulnerabilità delle democrazie occidentali e [sui] punti di forza dei regimi autoritari”, ossia la libera informazione e l’accesso alla stessa. Crucialmente, queste aggressioni virtuali sono sempre “mantenute sotto la soglia del conflitto” per logorare l’avversario senza passare a un attacco frontale.
Al netto di tutto ciò, la relazione del Dis segnala “come Mosca e Pechino [cercano] di sfruttare l’apertura delle nostre società, mercati e ambienti mediatici, per condurre campagne multivettoriali, protette dalla chiusura delle loro società e dall’assenza di meccanismi di responsabilizzazione rispetto all’opinione pubblica interna”. Nel complesso, l’intelligence italiana rileva come i Paesi occidentali abbiano finora “dimostrato una buona resilienza, sia sul versante dell’opinione pubblica che su quello della tutela degli assetti strategici”. Ma la varietà e vastità delle operazioni impongono agli addetti ai lavori di tenere alta la guardia.
LA DESINFORMAZYA DEL CREMLINO…
L’apparato di Stato russo ha passato anni a preparare una struttura narrativa con cui giustificare l’invasione dell’Ucraina, a uso e consumo sia dei russi che della comunità internazionale. Nel 2022, assieme all’invasione, Mosca ha amplificato lo sforzo disinformativo per minare il sostegno pubblico a Kyiv. Dalla relazione dell’intelligence emerge che la Russia è ancora “impegnata in una campagna ibrida contro l’Occidente, a supporto di quella militare contro l’Ucraina”, perché “percepisce il sostegno transatlantico a Kyiv come un fattore determinante per l’esito della guerra”, e dunque mira a indebolirlo dividendo l’Occidente, “cercando di allontanare l’Ue dagli Usa e di destabilizzare i Paesi Nato”.
Il costante monitoraggio dei nostri 007 ha dimostrato che la macchina disinformativa russa lavora per manipolare l’opinione pubblica europea (e italiana) con operazioni di “grande pervasività” e “forte regia statale”. Una dimostrazione è arrivata a settembre, spiega la relazione, quando Meta ha bloccato una massiccia campagna di disinformazione russa (e cinese) in più Paesi, Italia inclusa. In linea di massima, i contenuti diffusi dalla Russia (generalmente accusatori contro l’Occidente) mirano a creare la struttura per diversi casus belli.
Le narrative vogliono “presentare Mosca come un attore responsabile, la cui sicurezza è minacciata dall’espansione e dalle attività militari della Nato; attribuire la responsabilità della crisi in atto alla Nato e all’Occidente, accusati di non considerare le legittime richieste di sicurezza russe; indicare il governo di Kyiv come illegittimo e succube dell’Occidente, nonché colpevole di massicce violazioni dei diritti umani nel Donbass; acuire le tensioni in Ucraina, minando la fiducia nelle capacità [del presidente Volodymyr] Zelensky di gestire il conflitto, per creare spaccature tra la leadership politica e le forze armate ucraine”.
Non è mancato un apporto tutto italiano alle campagne russe. Studiando i principali social media, i nostri 007 hanno rilevato “una saldatura tra i profili no-vax e no-[green]-pass” e le narrative russe, attuata con la ricondivisione di contenuti originati da media e organi istituzionali vicini al Cremlino”. Hanno contribuito “singoli blogger o account di social media, russi o filorussi, inseriti in una rete di connessioni a livello internazionale”, che amplifica il contenuto originale in lingua russa e lo traduce anche in italiano, nonché “attori nostrani della disinformazione, che operano quale cassa di risonanza” e “una variegata rete di soggetti e movimenti attestati su ideologie ‘antagoniste’, che nel contesto italiano si trovano a convergere con le comunità complottiste”. Il tutto, generalmente, via canali Telegram.
Nonostante la dimensione dell’operazione, gli analisti del Dis hanno evidenziato che il suo impatto sia stato “di scarso valore, sia per il limitatissimo seguito generato sui social, sia per la facilità con cui account, link, post e siti web sono stati identificati e rimossi”. A ogni modo, avvertono gli autori della relazione, “Mosca non smetterà di interferire nelle dinamiche politiche e nei processi decisionali interni ai Paesi Nato, ricorrendo ancor più che in passato a metodi coercitivi e manipolativi”, tra cui la disinformazione.
… E LA PROPAGANDA DEL PARTITO COMUNISTA CINESE
Dopo una fase iniziale di silenzio, scrivono gli analisti del Dis, i portavoce di Pechino hanno riposizionato (almeno a livello di comunicazione ufficiale) la Cina da sostenitore della Russia ad attore neutrale. Occorre ricordare il patto di “amicizia senza limiti” stretto da Vladimir Putin e Xi Jinping a un mese dall’invasione. In parallelo, però, Pechino “ha sostenuto la diffusione di narrazioni pro-russe sui suoi stessi media”, come rilevato anche da Formiche.net.
Sempre lavorando in ottica anti-Occidentale, i disinformatori cinesi hanno amplificato le narrative russe più note, specie quelle relative ai laboratori di armi biologiche in Ucraina, e continuato a descrivere l’invasione russa come un’“operazione speciale”. Internamente Pechino enfatizzava i cosiddetti doppi standard occidentali, richiamando come esempio la volontà di espansione, gli errori e le bugie della Nato, nonché l’egemonia e l’arroganza americane. A livello internazionale, la più vasta campagna ibrida cinese è stata quella attuata verso Taiwan in risposta alla visita di Nancy Pelosi, “con l’obiettivo di influenzare il processo decisionale di Taipei”.
In generale, evidenzia la relazione del Dis, i temi della narrativa cinese diretti al verso l’Italia si possono ricondurre a questi filoni. Anzitutto la supposta responsabilità di Usa e Nato nel causare l’invasione dell’Ucraina; le missioni Nato in Afghanistan, Libia ed ex-Yugoslavia, “indicate come prove delle ‘aggressioni dell’Alleanza Atlantica’; l’opposizione all’ingresso di Finlandia e Svezia nella Nato; l’illegittimità delle sanzioni contro la Russia, che provocano danni per l’Europa e profitti per gli Usa; l’elogio dell’approccio cinese nei confronti del conflitto russo-ucraino, improntato a un’azione unitaria che costruisce la pace e stabilizza i rapporti internazionali”.
“Quanto ai vettori, mentre all’inizio del conflitto, sulla piattaforma di microblogging Weibo, i thread relativi all’intervento militare si attestavano tra gli argomenti più discussi, più di recente è tutto rientrato nelle linee di ‘neutralità’ dettate dal Partito, per cui i video e le dichiarazioni considerati ‘eccessivi’ sono stati oscurati o rimossi, complice anche la nuova e stringente legge sugli algoritmi che costringe molte piattaforme a rimuovere autonomamente i contenuti che non rispettano la ‘civiltà digitale sana e positiva’ voluta dai vertici cinesi”.