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Quanto si è mosso il Pentagono nell’Indo Pacifico. Il diario di Ratner

Il Pentagono fa il diario delle ultime attività statunitensi nell’Indo Pacifico. Un insieme composito di esercitazioni, accordi di cooperazione e impegni di tipo civile. Obiettivo: mantenere la regione libera e aperta (e contenere la Cina)

La scorsa settimana, Ely Ratner, assistente del segretario della Difesa statunitense con incarico di occuparsi di Indo Pacifico, ha testimoniato davanti alla Commissione Esteri del Senato e tracciato un diario delle più recenti attività del Pentagono nella regione. Le forze armate hanno un ruolo determinante nella partita geopolitica marittima indo-pacifica, dunque l’elenco di attività fornito da Ratner è estremamente interessante. Anche perché (come spesso accade) ciò che fa la Difesa supera la dimensione militare e va a toccare quelle civili (sociali, economiche, politiche e culturali).

L’alto funzionario innanzitutto parla di “progressi rivoluzionari per le alleanze e le partnership statunitensi nell’Indo-Pacifico”. Nella regione gli Stati Uniti hanno la necessità di costruire un sistema di cooperazioni che faccia da argine all’espansionismo cinese e al suo sviluppo come potenza globale. Per questo scopo è comunque necessario che sia esercitata una deterrenza tale da scoraggiare gli avventurismi di Pechino come quelli nel Mar Cinese o per esempio un attacco a Taiwan (che potrebbe cambiare le sorti della regione e del mondo).

A dicembre gli Stati Uniti, hanno annunciato diverse nuove iniziative di posizionamento della forza militare con l’Australia per aumentare le capacità azione e attivazione in una vasta gamma di domini. Sono state pianificate rotazioni della US Bomber Task Force e dei caccia, ma anche di assetti marini e dell’esercito. Poche settimane dopo, gli Stati Uniti e il Giappone hanno annunciato il primo dispiegamento avanzato di un Marine Littoral Regiment nelle basi nipponiche – di stanza alle Hawaii, il reggimento del Corpo dei Marines è una componente da combattimento dotata di capacità anti-aerea, anti-nave e assalto anfibio.

I nuovi dispiegamenti in Australia e Giappone indicano la volontà di Washington di rafforzare la propria presenza militare nella regione, partendo chiaramente dagli alleati più coesi. Sotto quest’ottica, sebbene toccando un partner più delicato, rientra il recente annuncio sull’apertura all’accesso statunitense a quattro nuove basi nelle Filippine

Mentre con il Giappone Washington ha espresso il proprio sostegno alla decisione di acquisire nuove capacità offensive che rafforzeranno la deterrenza regionale, gli Usa hanno contemporaneamente ribadito la volontà di permettere all’Australia di ottenere una capacità sottomarina a propulsione nucleare armata convenzionalmente — che è lo scopo dell’Aukus, l’accordo tra Washington, Canberra e Londra.

Se la cooperazione trilaterale con Giappone e Australia è l’elemento cruciale della capacità americana di costruire presenza e deterrenza nella regione, un altro cardine è l’India. Il grande lavoro di Washington sta nel cercare di tenere Nuova Delhi — potenza economica e demografica — agganciata ai like-minded, per evitare che gli indiani prendano una via eccessivamente autonoma e perché averla nel fronte sarebbe cruciale.

L’India ha risposto favorevolmente alla costruzione del Quad, partnership di cooperazione a scopo securitario, che include anche il trittico nippo-australe-americano. Gli americani intendono sin dall’amministrazione Trump implementare la struttura per farla diventare qualcosa di più e più stabile. Ora, nell’epoca dei mini-lateralismi, ci sarà probabilmente un seguito. Ratner ha parlato dei rapporti che Washington sta costruendo con Nuova Delhi definendoli ‘investimenti”, che non sono solo di carattere militare, ma anche politici e poi economico-industriali – come dimostrano i tentativi di costruire una nuova partnership strategica totale visti in queste stesse settimane.

Un altro Paese fondamentale con cui recentemente gli americani hanno smosso le linee della cooperazione è la Corea del Sud. Seul è escluso dai principali sistemi mini-laterali con cui Washington porta avanti la sua attività nella regione, ma è allo stesso modo un attore chiave per la strategia statunitense. I sudcoreani sono fuori dai raggruppamenti per via di una faglia storica con i giapponesi, ma gli americani stanno lavorando con buono successo per riconnettere i due alleati. D’altronde il contesto generale è cambiato, Seul sa che condivide con Tokyo la necessità di fronteggiare una doppia criticità: la minaccia da Pyongyang e la competizione da Pechino. Entrambi trovano in Washington un grande alleato contro quelle criticità.

Infine Ratner ha menzionato anche l’Europa, ricordando che il Pentagono sta sviluppando una postura di forza più distribuita, resiliente e letale; sta rafforzando le capacità di alleanza e sta costruendo reti più forti di alleati e partner che la pensano allo stesso modo. L’Ue si è dotata di un documento di visione per l’Indo Pacifico e diversi Paesi membri (tra cui l’Italia) hanno pianificato attività di presenza militare all’interno della regione. Si tratta di missioni sotto l’ottica della dottrina “Indo Pacifico libero e aperto”, che gli europei potrebbero agganciare alla Indo Pacific Maritime Domain Awareness (IPMDA), programma per acquisire consapevolezza operativa nell’area e da lì partire per il controllo della sicurezza regionale.

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