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Schlein è una buona notizia per Calenda e Meloni, non per Conte e Zelensky

La vittoria di Schlein è una novità che condanna il cosiddetto Terzo Polo a congelare i conflitti interni e a procedere lungo la strada della strutturazione di un’offerta politica che si avvantaggerà degli spazi che i dem lasceranno inesorabilmente vuoti al centro. Per il cosiddetto centrodestra e per Giorgia Meloni, invece, è una manna. Il commento di Cangini

L’inattesa vittoria di Elly Schlein è una buona notizia per la coppia Renzi-Calenda e per Giorgia Meloni, una cattiva notizia per Giuseppe Conte e per Volodymyr Zelensky. Vediamo perché.

Se la neo segretario del Pd posizionerà il partito in coerenza con il proprio profilo politico e con i temi della propria campagna per le primarie, lo spostamento a sinistra dell’asse dem sarà un fatto. Il Pd sarà allora in grado di recuperare parte di quegli elettori più marcatamente “di sinistra” che alle scorse politiche hanno chiesto asilo al Movimento 5 Stelle, e il fatto che Schlein sia più che orientata ad un’alleanza strategia col partito di Conte non cambierà le cose. Il primo test importante della segreteria Schlein saranno, infatti, le Europee, dove si vota con il proporzionale: il Pd avrà tutto l’interesse a confliggere col M5S.

Ovviamente, se Renzi avesse mai pensato di rientrare in un Pd guidato da Bonaccini, ora la strada gli è preclusa. Una novità che condanna il cosiddetto Terzo Polo a congelare i conflitti interni e a procedere lungo la strada della strutturazione di un’offerta politica che si avvantaggerà degli spazi che i dem lasceranno inesorabilmente vuoti al centro.

Per il cosiddetto centrodestra e per Giorgia Meloni è una manna. La matrice antiliberale, e sotto sotto anticapitalista, di Schlein li rafforza. E il fatto che quelle di ieri siano state le elezioni primarie meno partecipate nella storia del Pd lascia intendere che la capacità di Elly Schlein di portare al voto masse di elettori astensioniste è, quantomeno, tutta da verificare.

Cosa c’entra Zelensky? C’entra perché, come ha notato Stefano Folli sulla Repubblica di oggi, a differenza di Enrico Letta, Elly Schlein non è affatto convinta della necessità di armare il popolo ucraino per consentirgli di resistere all’invasione russa. Il fatto di aver votato contro l’invio di armi e poi di essersi corretta ci dice che la linea di politica estera e di difesa del “nuovo” Pd è ancora in progress. Ma non c’è dubbio che da oggi il già fragilissimo fronte politico e sociale italiano favorevole alle decisioni della Nato e dell’Europa sul conflitto ucraino si è ulteriormente indebolito.


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