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Enzo Carra e la toccante celebrazione del suo funerale. Il racconto di Anzaldi

Di Michele Anzaldi

“I morti non fanno la guerra”, come dice il proverbio, ma in questo caso verrebbe da dire che hanno trasmesso dei valori. Lettera di Michele Anzaldi sui funerali di Enzo Carra

“Mortui non mordent” (un uomo morto non fa più la guerra). Mai come in quest’occasione si è rivelato appropriato il proverbio latino. Oggi, sul Giornale di Augusto Minzolini, Marco Gervasoni risponde al fondo infamante – non dimentichiamo la tempistica – pubblicato ieri dal Fatto quotidiano giornata dei funerali di Enzo Carra.

Tralasciando gli aspetti umani e il rispetto del dolore dei suoi cari e delle persone amiche, per capirne l’inappropriatezza e infondatezza invito a leggere Gervasoni. O forse sarebbe meglio leggere l’ultimo libro scritto da Carra (l’ok alla pubblicazione è stato dato dal letto dell’ospedale Gemelli), uscito proprio in queste ore col il titolo “Ultima Repubblica”, edito da Eurilink University Press.

A dimostrazione di come è stata superata e rivalutata la vicenda rievocata in maniera inutilmente polemica da Travaglio, il libro si apre con un dialogo tra Carra e proprio uno dei magistrati del pool di Mani pulite, Gherardo Colombo, conseguenza di un rapporto che si è creato e consolidato dopo la il dibattito nato anche dalla famosa foto degli schiavettoni.

Ma lasciando da parte queste risposte giornalistiche, rimane il dolore per la perdita inaspettata di Carra.
E allora vorrei pubblicamente fare i complimenti alla moglie, la signora Olga, e al figlio Giorgio per il toccante funerale che si è svolto nonostante la situazione: la moglie costretta su una sedia a rotelle per la frattura di femore e anca, ricoverata a Torino e giunta a Roma di notte appena in tempo per l’ultimo saluto; il figlio colpito non solo dal dolore ma anche dalla burocrazia funeraria. La bellissima chiesa di Sant’Andrea al Quirinale, progettata da Lorenzo Bernini, grazie alla pianta ellittica ha trasmesso ai tanti partecipanti la sensazione di vicinanza o addirittura di una riunione di redazione, come le tante presenziate da Carra nella sua lunga carriera giornalistica. Un ringraziamento al parroco Alessandro Manaresi, che nell’erudirci sulla bellezza della chiesa museo e dell’eccezionalità di celebrare un funerale in quel luogo, ha spiegato che ciò era possibile perché era il luogo abituale di incontro e di confronto tra lui ed Enzo.

Una celebrazione bella e toccante, che a causa della grande partecipazione ha dovuto limitare gli interventi solo a tre. Il primo fatto dal giornalista Francesco Giorgino, in rappresentanza dei numerosi allievi giornalisti cresciuti in redazione con Enzo. Il secondo in rappresentanza dei colleghi giornalisti fatto da Paolo Franchi. L’ultimo, il più toccante, dell’artista, cantautore, poeta, intellettuale e tanto altro David Riondino, che letteralmente ha rapito tutti recitando una poesia di Antonio Machado, Retrato, da “Campos de Castilla”.

Poesia molto bella e toccante che nella parte finale dice: “Al mio lavoro adempio con i miei soldi, pago l’abito che mi copre e la dimora che abito, il pane che mi nutre e il letto dove giaccio. E quando giungerà il dì dell’ultimo viaggio, e salperà la nave che non ritorna mai, mi troverete a bordo leggero di bagaglio, quasi svestito, come i figli del mare”.

Caro Giorgio, devi essere orgoglioso di tuo padre e dell’ultimo saluto che sei riuscito a organizzare.
Anzi mi permetto di proporti, alla luce di certe miserie, di rendere pubblico il “Libro delle Condoglianze”. Non avevo mai visto una partecipazione così ampia di grandi giornalisti, direttori, opinionisti, editorialisti di sinistra e di destra, politici, rappresentanti delle più alte istituzioni e belle e oneste persone normali.

È stato veramente un bel funerale, tutti in semi cerchio intorno a quell’inaspettata bara. “I morti non fanno la guerra”, come dice il proverbio, ma in questo caso verrebbe da dire che hanno trasmesso dei valori.

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