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Geopolitica, difesa e gasdotti. La nuova strategia Ue e Usa nel Mediterraneo

Dal via libera agli F35 per la Grecia al Piano Mattei dell’Italia per l’Africa, passando per il peso specifico coagulatosi attorno al sostegno incondizionato all’Ucraina e al progetto EastMed: così il dibattito energetico legato al Mare Nostrum ha la necessità di una decisa accelerazione

Come procede la nuova strategia euro-americana per il Mediterraneo orientale alla luce di due dossier altamente strategici come il gas e la geopolitica? Esiste la possibilità che una rinnovata interlocuzione stimolata dalla comune appartenenza alla Nato possa, da un lato, appianare le tensioni che serpeggiano tra storici rivali e, dall’altro, decidere come veicolare a settentrione il copioso gas presente nei giacimenti?

Analisi e soluzioni sono state al centro di due appuntamenti apparentemente lontani, perché tra Baku e Washington ci sono 10mila chilometri di distanza, ma idealmente vicini e accomunati dalla concreta esigenza di ragionare a più cervelli: l’appuntamento negli Usa promosso dal Delphi Forum e dalla Camera di Commercio ellino-americana, e quello in Azerbaijan con i membri dell’Eastmed Forum. Al centro di entrambi la consapevolezza che il via libera agli F-35 per la Grecia, il Piano Mattei dell’Italia per l’Africa, il nuovo peso specifico dei players euroatlantici coagulatosi attorno al sostegno incondizionato all’Ucraina e al progetto EastMed, possono essere legati da un filo comune.

Una direttrice di marcia concreta è stata tracciata dal senatore repubblicano Bob Menendez, Presidente della commissione Esteri, secondo cui è fondamentale che tutti i soggetti coinvolti nella partita (al di qua e al di là dell’Atlantico) percepiscano la natura strategica del Mediterraneo orientale. Ha affermato che gli Stati Uniti dovrebbero avere un’agenda specifica per la regione, anche in uno scenario in cui la Turchia si comportasse come un alleato ideale. In quest’ottica, ha fatto riferimento allo storico disegno di legge per il Mediterraneo orientale (East Med Act), che ha dato un nuovo slancio all’impegno americano nella regione.

Appare evidente che la stretta cooperazione di difesa che esiste tra Washington e Atene è uno scudo che offre potere deterrente alla Grecia, ha continuato il senatore, che ha fatto un dettagliato riepilogo di tutti i passi degli ultimi anni che hanno notevolmente potenziato la cooperazione difensiva tra le due parti, come le basi di Souda Bay a Creta o nel porto di Alexandroupolis, che non solo è bretella ideale per le truppe Usa e Nato dirette lungo il costone balcanico, ma è strategicamente posizionato a cavallo tra il TAP e IGB greco-bulgaro.

In questo senso va legato al tema energetico quello della difesa, dal momento che al netto delle nuove infrastrutture che potranno essere reaizzate, come l’EastMed, vanno assolutamente protette quelle attualmente in piedi, come appunto il TAP, l’isola di Revithoussa e la nuova Frsu in programma ad Alexandroupolis. Per questa ragione Menendez ha rivelato di aver dato due giorni fa il via libera alla vendita degli F-35 alla Grecia.

“Anche se la Turchia sotto Erdogan fosse la Turchia che vorremmo, ovvero uno Stato laico con forti valori Nato, con cui condividere i nostri valori di democrazia e diritti umani, ci vorrebbe sempre una strategia per il Mediterraneo orientale. E così, quello che ho cercato di fare con il disegno di legge, è stato convincere i governi americani a vedere il Mediterraneo orientale attraverso una dinamica diversa, una dinamica che crei opportunità economiche, una dinamica che sblocchi i giacimenti energetici di Grecia, Cipro, Israele. Una dinamica attraverso la quale può esistere un rapporto di sicurezza più forte”. E la revoca dell’embargo sulla vendita di armi a Cipro rappresenta un altro tassello di questo mosaico.

Alla stregua degli spunti geopolitici va letta, quindi, la nuova cooperazione tra Grecia e Inghilterra alla voce difesa, attivata per affrontare insieme minacce e sfide comuni, ma anche per creare il quadro per future collaborazioni, come osservato dal ministro della difesa inglese, Ben Wallace, dopo la firma con l’omologo greco, Nikos Panagiotopoulos. La Dichiarazione di cooperazione alla difesa, siglata a bordo della nave da guerra ammiraglia della marina britannica Diamond D34 permette ai due paesi di affrontare assieme le minacce moderne, come la guerra ibrida e gli attacchi informatici, che rappresentano una minaccia anche (o soprattutto) per le infrastrutture energetiche e per i giacimenti del Mediterraneo orientale. In quel fazzoletto di acque sono impegnate nelle ricerche primarie aziende come Eni, Exxon, Total: facile comprendere come un ombrello adeguato di protezione e controllo sia l’azione minima da programmare e attuare.

È questo un altro elemento che arricchisce il dibattito energetico legato al Mare Nostrum, troppo spesso in passato rimasto imbrigliato nel confine delle relazioni conflittuali tra Grecia e Turchia e che invece in questa precisa fase, dopo un anno di guerra in Ucraina, all’indomani delle decisioni europee sul price cap, sull’embargo alla Russia e a seguito del nuovo ombrello di alleanze e interlocuzioni sorto attorno al sostegno a Kiev, ha la necessità di una decisa accelerazione.

@FDepalo

Image by aleksandarlittlewolf on Freepik 


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