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Porti, appalti e imprese. Le sfide del governo nelle politiche per il mercato

Di Alberto Pera

Riforma del Codice degli Appalti e del sistema portuale, interventi nelle imprese e nella rete pubblica. I primi passi dell’esecutivo non sembrano male, ma la strada è lunga e impegnativa. Il commento di Alberto Pera, avvocato già segretario generale dell’Autorità Garante della concorrenza e del mercato

Gli articoli di Alessandro Minuto RizzoGloria BartoliAdriano GiannolaEmilio Rossi, Maurizio Melani all’interno di una rubrica del Gruppo dei 20 per un programma di legislatura su Equità e Sviluppo. Qui la presentazione del volume curato da Luigi Paganetto

In varie occasioni la presidente del Consiglio ha sostenuto che sono le imprese e i lavoratori che creano ricchezza, e non lo Stato, che casomai la redistribuisce. Sono parole impegnative: i vincoli all’attività delle imprese derivanti dal contesto scarsamente concorrenziale dei mercati rappresentano una delle cause principali della stagnazione quasi secolare dell’economia italiana negli ultimi trent’anni, caratterizzata da tassi di crescita del Pil e del reddito pro-capite tra i più bassi in Europa. Se la presidente del Consiglio vuole essere consequenziale, il tema sempre evocato e assai poco attuato della politica della concorrenza dovrebbe divenire centrale per l’azione del governo.

Su alcuni fronti, in effetti, qualcosa sembra muoversi.

È stata approvata una riforma del Codice degli Appalti che segue le indicazioni del Consiglio di Stato, semplificando notevolmente l’attuale normativa: anche se è subito emerso che la difficoltà nell’attivare la domanda pubblica non dipende solo dalla normativa, ma anche dalle sue continue modifiche, nonché dalle scarse competenze delle amministrazioni e dalla polverizzazione dei centri di spesa.

Per quel che riguarda l’intervento diretto, segnali incoraggianti vengono dai modi in cui si sta affrontando il problema di Ita, nella prospettiva della cessione del controllo e quindi di una integrazione della compagnia in un grande gruppo europeo; così come l’impostazione di un dialogo costruttivo per la soluzione dei problemi dell’Ilva, con l’adozione di misure coraggiose che consentano l’operatività dell’impresa.

Di fronte a questi segni positivi, ve ne sono però altri irrisolti o che rappresentano una vera sfida.

In primo luogo, non convince l’atteggiamento del governo per quel che riguarda l’annosa questione della rete digitale e la preferenza per la “rete pubblica”. Riguardo alla quale una riflessione sarebbe opportuna: la concorrenza infrastrutturale è possibile e auspicabile anche perché la domanda di rete può rispondere a bisogni molto differenti. Il compito dello Stato è piuttosto quello di garantire l’accesso alla rete sia per gli utenti (il “servizio universale”) che per i concorrenti del gestore della rete (in caso questi operi nei servizi, come attualmente Tim o Fastweb) oltre ovviamente a vigilare sulla sicurezza anche grazie ai notevoli poteri attribuiti dalla normativa sul Golden power.

Una sfida per il governo è rappresentata dai servizi pubblici locali: un tema che è nell’agenda della politica da almeno un quarto di secolo.

L’apertura alla concorrenza, anche attraverso la riorganizzazione e/o la privatizzazione delle imprese rileva non solo ai fini dell’efficienza, ma anche nella prospettiva di una ricomposizione del mercato e di creare utilities in grado di competere anche a livello europeo. Il successo delle aggregazioni che sono finora avvenute (Iren, Hera, A2A), dovrebbe  incoraggiare, ma la dinamicità del mercato è ancora limitata. Certo, questo richiede lo sganciamento dal controllo della politica locale: ne sarà capace il governo?

Una simile sfida, in minore evidenza ma non meno centrale, è costituita dalla riforma del sistema portuale, che rappresenta un punto di debolezza nel nostro sistema logistico. Nonostante il nostro Paese sia al centro del Mediterraneo, buona parte dei nostri traffici, anche per l’Oriente, passano per i porti del Nord Europa: e ciò perché il sistema portuale italiano è da sempre ingessato tra gestione pubblicistica dei porti e protezione delle compagnie portuali. Una procedura di infrazione della Commissione per il riconoscimento del carattere imprenditoriale delle Autorità Portuali è stata conclusa. Potrà il governo trarne ispirazione per prendere le misure necessarie che assicurino la definizione di strategie di sviluppo dell’attività portuale e la sua integrazione nel sistema logistico?

Insomma, i primi passi del governo non sembrano male, ma la strada è lunga e impegnativa.

 

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