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La guerra di Putin e il cocktail venefico in Italia secondo Sisci

La Russia ha perso solo nell’ultima settimana di conflitto quasi 4mila soldati, secondo fonti britanniche. Nel frattempo nel nostro Paese al fianco dell’Ucraina sono successe tre cose bizzarre, tra Sanremo, Conte e Berlusconi. L’opinione di Francesco Sisci

In Ucraina negli ultimi sette giorni i russi avrebbero perso 3-4mila uomini, tra morti e feriti, il disastro più grave dalle prime settimane di guerra quasi un anno fa, secondo il ministero della difesa britannico.

Non è chiaro se questa sia l’importante offensiva annunciata da Mosca o solo una grande manovra diversiva per indurre un ritardo nelle consegne dei nuovi carri armati a Kyiv. È chiaro comunque che sta fallendo perché i russi non avanzano in alcun settore e si moltiplicano nuovi segnali di difficoltà delle truppe, degli armamenti e della catena di comando.

Se il presidente russo Vladimir Putin avesse difficoltà militari ora, prima ancora dell’arrivo dei nuovi armamenti, sarebbe un durissimo colpo politico.

In queste stesse ore, in Italia, da tempo anello debole della catena di alleanza a sostegno dell’Ucraina, sono avvenute tre cose bizzarre.
Dopo mille polemiche il presidente ucraino Volodimir Zelensky non è andato a Sanremo, rito tv nazionale, ma ha mandato solo un messaggio, letto alle 2:30 di notte invece che in apertura di serata, forse su insistenza dello stesso presentatore Amadeus.

Giuseppe Conte, leader del maggiore partito d’opposizione, secondo i sondaggi, ha sostenuto che l’Italia deve mandare in Ucraina armi di difesa ma non di attacco. Cioè non deve mandare carri armati o aerei, richiesti invece da Zelensky per respingere i russi.

Infine l’episodio più peregrino. Durante le elezioni amministrative, a urne aperte, l’ex premier Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia (FI) e partner della maggioranza di governo, ha affermato che il premier italiano non dovrebbe parlare con Zelensky perché in fondo è sua la colpa dell’invasione.

In questo cocktail venefico ci sono due aspetti, uno esterno e uno interno, che si rinforzano l’uno con l’altro.

Quello esterno è che le querelle italiane oggettivamente indeboliscono il fronte alle spalle dell’Ucraina e favoriscono le dinamiche a favore di Putin, in un suo momento di difficoltà militare. Le incertezze italiane possono aumentare i dubbi a Berlino e creare una chimica pericolosa dell’alleanza. Putin, non genio militare, ma grande talento politico, può puntare su questa chimica per corrodere il sostegno strategico a Kyiv.
Ciò dà fiato alla guerra, perché Putin pur battuto sulle trincee può sperare che gli alleati si dividano e lascino l’Ucraina da sola. L’Ucraina però non si arrende comunque e la guerra continua.

Quindi la linea pacifista italiana oggettivamente, al di là di ogni intenzione, versa benzina sul fuoco della ostilità e del sangue. Inoltre incrina un’alleanza politica importantissima già oggi e tanto più importante domani, dopo la fine del conflitto.

Roma rischia di trovarsi tra due sedie, tra i vincitori ma non troppo, quasi come le accadde alla fine della Seconda guerra mondiale. Solo che allora cambiare posizione in mezzo ai combattimenti la favorì; un’ambiguità oggi la potrebbe invece dannare. I debiti, soprattutto di guerra, si pagano sempre.

Infine si schiude un delicatissimo fronte interno nel governo italiano. Le dichiarazioni di Berlusconi aprono nei fatti una crisi politica nella maggioranza che ufficialmente sostiene l’Ucraina. Approfondisce poi le fratture all’estero, con gli alleati americani o britannici o est europei, paladini di Zelensky. Tali fratture accadono poi quando il governo soffre per rapporti tesi e faticosi con i due Paesi-guida della Ue, Francia e Germania.

La situazione ha una ricaduta tutta italiana. Il governo guidato dal premier Giorgia Meloni nasceva politicamente zoppo dall’inizio. Sulla questione davvero dirimente, la guerra, FdI (Fratelli d’Italia) di Meloni era per l’Ucraina, FI (Forza Italia) e Lega erano molto più tiepidi.

Inoltre, sin dal primo giorno, si è aperta contesa mai risolta tra FdI e alleati su qualunque cosa, dalla presidenza del Senato agli altri incarichi.
Con una debolezza endemica interna, l’isolamento esterno dalla Ue, per le controversie con Francia e Germania, possono essere asfissianti. Su questo poi far precipitare la polemica di valenza esterna-interna di Berlusconi può causare un danno serio. È probabile che il suo non sarà un episodio isolato. È credibile anzi che il Cavaliere o suoi uomini, domani, a urne chiuse intensificheranno le polemiche.

Il governo non cadrà, per mille motivi, italiani e stranieri. Gli equilibri italiani, per quanto precari, è opportuno conservarli almeno fino a un cessate il fuoco. In ogni caso, a questo punto l’esecutivo Meloni dovrebbe rimettere a punto alcuni pezzi cruciali esteri della sua azione di governo.

Se lo farà i risultati sono comunque incerti, perché è più facile fare un abito nuovo che aggiustarne uno vecchio. Se non lo farà però è certo che le conseguenze saranno enormi.

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