L’azienda giapponese ha raggiunto un accordo per le forniture di terre rare dalla società mineraria californiana, svincolando il passaggio obbligato dalla Cina. È un altro segnale del decoupling in un’industria cruciale per la transizione green-tech, già avviato anche tra le due sponde dell’Atlantico…
È in corso e tutt’altro che completo, ma il processo di disaccoppiamento tra Occidente e Cina incomincia ad approfondirsi negli stadi industriali più importanti. Specialmente quelli legati alla trasformazione dei critical raw materials in prodotti commercialmente appetibili per le industrie green-tech. Come le terre rare.
L’annuncio nella giornata di ieri da parte di Sumitomo Corporation – conglomerato industriale giapponese, attivo in diversi settori tra cui il mining, la trasformazione di metalli, la produzione di agenti chimici per il settore elettronico e la fabbricazione di magneti – e di MP Materials, azienda mineraria proprietaria del sito estrattivo di Mountain Pass, in California, va infatti in questa direzione.
MP, infatti, è l’unico produttore attivo di concentrati di terre rare negli Stati Uniti, con piani di espansione che includono anche l’avvio di un impianto di raffinazione di ossidi di terre rare (neodimio e praseodimio, NdPr), input cruciali per la fabbricazione di magneti permanenti, in rapida richiesta per i motori elettrici degli EV e le turbine eoliche, oltre ad ulteriori applicazioni nell’elettronica e per alcuni sistemi militari.
Allo stato attuale, l’azienda americana – a cui il Dipartimento della Difesa ha garantito 10 milioni di dollari nel 2020 per supportarne l’espansione industriale e altri 35 milioni nel febbraio del 2022 per costruire un sito di produzione di metalli di terre rare pesanti – è fortemente legata alla Cina, a cui vende circa 30.000 tonnellate di concentrati di terre rare in assenza di consumatori domestici. Secondo i dati presentati dalla società, nel solo 2021 il sito di Mountain Pass ha contato per il 15% della produzione globale. Tra gli investitori che hanno rilevato la società nel 2017, grazie ad una cordata privata, c’è anche il partner cinese Shenghe Resources che possiede circa l’8% delle azioni di MP. L’investimento, infatti, è funzionale alle spedizioni dei concentrati in Cina.
Secondo le stime di mercato, MP Materials potrebbe completare lo Stage II dei piani d’integrazione della supply chain nel 2024, con circa rispettivamente il l 90% delle entrate e il 32% in volume che potrebbero risultare dalla produzione di ossidi di NdPr. Molto dipenderà dall’andamento dei prezzi, storicamente volatili in questo segmento ma che potrebbero correggersi al rialzo se l’offerta globale dovesse rimanere ristretta. Attualmente, MP produce in grossa parte cerio e lantanio, in sovrapproduzione a livello globale per la configurazione mineralogica dei siti, soprattutto fuori dalla Cina.
Attività estrattive il cui output, circa il 90% del materiale grezzo (comprese le terre rare ‘magnetiche’) è trasformato in Cina a livello globale. Un passaggio cruciale per il controllo della supply chain e che rappresenta motivo di preoccupazione a livello industriale e geopolitico anche per altre filiere, come quella delle batterie elettriche in cui Pechino domina la raffinazione di litio, cobalto, nickel e grafite. Nel mercato delle terre rare, allo stato attuale solo l’australiana Lynas Corporation produce, nel sito di Mountain Held, concentrati e possiede impianti di raffinazione in Malaysia, più volte sottoposti a scrutini ambientali. Lynas si è inoltre assicurata nel febbraio del 2021 30 milioni di dollari dal Pentagono per costruire un impianto di separazione di terre rare ‘leggere’ (Nd, Pr) in Texas, in partnership con Blue Line Corporation. Oltre a MP, negli Stati Uniti sono attivi Noveon, società che ricicla e produce in piccole quantità magneti, oltre a Texas Minerals Resources Corporation, che rimane ancora alle prime fasi di sviluppo.
Proprio per ridurre l’esposizione del proprio business, considerando i rischi geopolitici (nel 2010 Pechino bloccò l’export di terre rare al Giappone in seguito ad una crisi diplomatica), Sumitomo si è infatti garantita la fornitura di materiali dalle attività di separazione di MP attraverso impianti in Vietnam e nelle Filippine. Qui, gli ossidi che verranno prodotti negli impianti californiani verranno spediti per la “metallizzazione” e così servire direttamente il mercato giapponese che rappresenta il secondo mercato di consumo di terre rare al di fuori della Cina. Il Giappone, infatti, rappresenta il primo produttore mondiale di magneti permanenti per standard tecnologici, avendo tuttavia una quota di mercato intorno al 7%. La Cina possiede invece circa il 90% grazie anche al saldo controllo delle fasi intermedie e dei prezzi delle materie prime.
L’accordo diverrà operativo a luglio 2023, grazie al quale Sumitomo si aspetta di fornire ai produttori giapponesi circa 3.000 tonnellate di NdPr, circa il 30% del loro consumo annuale. Seguirà un ulteriore agreement che farà di MP il solo venditore americano in Giappone, mantenendo così il costo di spedizione competitivo e allo stesso livello delle operazioni in Cina.
Sumitomo ha una lunga storia nell’industria dei magneti e delle terre rare, che è iniziata nel 1980 ed è proseguita lungo i diversi stadi della supply chain – dalle attività minerarie fino, appunto, alla commercializzazione di prodotti finiti. L’accordo con MP è un altro importante tassello per la costruzione di una filiera indipendente dalla Cina, essenziale per rendere l’industria più resiliente di fronte a possibili scenari di conflitto e rischio geopolitico. Pechino ha di recente rivisto la lista di prodotti e tecnologie soggetti a restrizioni all’export. Tra cui importanti asset dell’industria delle terre rare. Un chiaro segnale, insieme alla riorganizzazione dei produttori nazionali intorno a quattro state-owned enterprises (SOEs), della volontà di Pechino di voler proteggere e rafforzare i suoi settori strategici.
La domanda di magneti, infatti, aumenterà esponenzialmente nei prossimi decenni in seguito ai piani di elettrificazione della flotta automotive e della progressiva installazione degli impianti eolici offshore. Accordi per la fornitura di terre rare “magnetiche” sono intercorsi anche tra MP, General Motors e Vacuumschmelze, produttore tedesco di magneti con impianti anche in Cina. In Europa, la filiera è in fase di rilancio, con progetti in corso di sviluppo in Francia, Inghilterra, Germania. Nel 2021, un importante accordo è stato siglato tra Neo Performance Materials, azienda canadese, e il governo estone per l’espansione degli impianti produttivi della società nel paese baltico nel quadro degli sforzi della Commissione europea per rafforzare l’industria continentale.
Le terre rare sono infatti gli elementi più “critici” per i piani di decarbonizzazione e la posizione attuale dell’Unione lungo la supply chain e che vedranno (insieme alla filiera del litio e delle batterie) con tutta probabilità concentrarsi gli sforzi della Commissione per il finanziamento di nuovi progetti, dalla miniera – come il sito di estrazione di Kiruna, scoperto e operato da LKAB in Svezia – ai mercati di sbocco.