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L’ombra del conflitto, la transizione e le crisi politiche. La mappa dei rischi di Sace

“I rischi del credito, politici e climatici dialogano tra loro e vanno letti in maniera integrata, ma emerge con forza il messaggio che sostenibilità e transizione sono priorità imprescindibili su cui investire per sviluppare resilienza e costruire vie di crescita futura per le aziende e per il nostro Paese”, ha commentato l’amministratore delegato, Alessandra Ricci

Sono 88 i Paesi nei quali, quest’anno, è aumentato il “rischio politico”. In questo senso, incide fortemente il conflitto scatenato dalla Russia ai danni dell’Ucraina. Tant’è che i riverberi si estendono anche in altri Paesi nei quali, ferite mai del tutto rimarginate, si sono pericolosamente riaperte: Kosovo, Moldavia, Serbia, Azerbaijan e Armenia. Sono solo alcuni dei dati che emergono dalla “Mappa dei rischi 2023” stilata da Sace. Una ricognizione molto approfondita, che analizza ben 200 mercati.

Debolezza del ciclo economico, incertezza geopolitica, allerta climatica ed energetica: il quadro dei rischi globali nel 2023 segnala uno stato di fragilità che rallenta l’attività economica globale e il commercio internazionale. Questi sono gli elementi salienti, riportanti anche da Alessandra Ricci, amministratore delegato di Sace: “Strumenti come la nostra mappa dei rischi sono oggi più che mai indispensabili alle imprese italiane per continuare a crescere sui mercati in maniera competitiva, sana e sostenibile. I rischi del credito, politici e climatici dialogano tra loro e vanno letti in maniera integrata, ma emerge con forza il messaggio che sostenibilità e transizione sono priorità imprescindibili su cui investire per sviluppare resilienza e costruire vie di crescita futura per le aziende e per il nostro Paese. Il lavoro svolto dal nostro ufficio studi si affianca a tutte le iniziative di formazione e informazione che noi di Sace portiamo avanti per accompagnare ogni giorno le aziende italiane, soprattutto le Pmi, in un contesto internazionale fluido e incerto”.

Rischio di credito

L’indicatore spiega il rischio che la controparte estera non sia in grado o disposta a onorare le obbligazioni derivanti da u contratto commerciale o finanziario. Dei 194 Paesi analizzati, in57 diminuisce il livello di rischio e in 65 aumenta. Pesa, anche su questo versante, il caro bollette e le impennate sui prezzi energetici. Bene Portogallo e Grecia (diminuiscono rispettivamente a 42 e 66), che lo scorso anno ha rimborsato anticipatamente il debito con il Fmi ed è uscita dal programma di sorveglianza della Commissione europea. In Africa aumentano gli score in Ghana (88) ed Etiopia (93) che stanno subendo le ricadute delle politiche post pandemiche e della dipendenza dai capitali esteri. Frena anche il Kenya (81) a causa delle limitate risorse da destinare a politiche di supporto. Malgrado le esportazioni energetiche l’Egitto (83) vede peggiorare il proprio score a causa dell’impatto della guerra sull’approvvigionamento di materie prime agricole e sul market sentiment, così come Nigeria (85) e Sudafrica (67) nei quali l’attività di impresa risente di un contesto complesso. In Europa emergente e Csi il rischio di credito risente della escalation generata dal conflitto. In grossa difficoltà si trova quindi la Romania.

 

Rischio politico

Tra le ricadute del conflitto in Ucraina, si registra un dato significativo in Kazakistan. Si osserva infatti il tentativo di prendere leggermente le distanze dalle scelte del Cremlino, con l’obiettivo di non allontanare gli interessi Occidentali che possano sostenerne la crescita (56). In Africa, si vedono gli effetti della mancanza di materie prime alimentari e delle proteste sociali come in Tunisia, Egitto e Nigeria (dove aumentano gli score rispettivamente a 76, 71 e 84). In altri Paesi il peggioramento è legato a conflitti già presenti sul territorio. È il caso di molti Paesi dell’Africa Subsahariana dove negli ultimi due anni si è assistito a diversi colpi di stato come in Ciad (81), Guinea (85), Mali (85) e Burkina Faso (77); piuttosto che a continui scontri tra governo e ribelli come in Etiopia (90) o tra Repubblica Democratica del Congo (86) e Rwanda (52). In America Latina si fanno sentire le disuguaglianze sociali e territoriali: la polarizzazione socio-economica e la dispersione dei voti si sono riflesse nella frammentazione parlamentare e nella difficoltà per chi è al governo di fornire risposte alle istanze dei cittadini che sempre più spesso si sono risolte in rivolte sociali che non sembrano destinate a rientrare a breve come in Colombia (50) e in Brasile (50) con le recenti contestazioni elettorali, ma anche in Perù (47) scosso da episodi di violenza politica sempre più ricorrenti e intensi ed estesi ormai in un Paese fortemente diviso.

In Asia, in linea di massima, la situazione è tutto sommato stabile. Eccezion fatta, va da sé, per le perduranti e crescenti tensioni tra Cina (41) e Taiwan (20), sebbene un confronto militare tra i due Paesi rimanga al momento uno scenario remoto considerato anche il supporto americano e giapponese di cui gode Taiwan e le eventuali conseguenze di un isolamento diplomatico di Pechino. “Peggiorano i rischi politici – così Alessandro Terzulli, chief economist di Sace –  in  un contesto globale fortemente polarizzato da elementi di natura geopolitica, in particolare nella componente di violenza politica; peggiorano i rischi climatici, migliorano gli indicatori di transizione energetica”.

Rischio climatico

Gli indicatori di rischio climatico presentano un peggioramento nell’ultimo anno, seppure con alcune differenze dal punto di vista geografico. e i relativi impatti socio-ambientali: nell’Est Europa e Csi il rischio è limitato a Paesi come il Tajikistan (98) e il Kirghizistan (83), teatro di terremoti frequenti. L’Asia è la più esposta al rischio di fenomeni naturali avversi a causa di temperature in aumento due volte più rapidamente rispetto alla media globale. India (94) e Bangladesh (96) sono le geografie con il più alto indice di rischio climatico dell’area e colpite da eventi ricorrenti e di forte entità in termini di perdite umane ed economiche. Questa mappa, elaborata in collaborazione con la fondazione Enel, fotografa una situazione critica anche nell’Africa Subsahariana: cospicuo è infatti l’aumento degli indicatori di rischio climatico.In Africa, la siccità è il principale fattore di rischio climatico in particolare Egitto (32), Tunisia (32) e Marocco (37) hanno riportato un incremento dei punteggi per la scarsità idrica, che pone un tema di gestione specialmente dei contesti urbani e delle strutture turistiche.

Transizione

Gli indicatori di transizione energetica, mostrano un parziale miglioramento trainato dalle rinnovabili. Europa, America Latina e Asia, trainata dalla Cina, si confermano le aree di maggiore crescita nelle rinnovabili. In avanzamento anche l’America Settentrionale grazie ai progressi registrati da Stati Uniti e Canada. Il Brasile si conferma a ridosso dei Paesi più virtuosi su scala globale grazie anche al sostanziale contributo dell’idroelettrico e all’espansione del solare.

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