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Meloni, Varsavia e il confine morale (e materiale) dell’Occidente

Alla vigilia della visita a Kiev il premier italiano rafforza il legame con la Polonia: “Come europei vi dobbiamo dire grazie per il lavoro straordinario a sostegno dell’Ucraina”. Le nuove armi all’Ucraina? Se ne è parlato affinché ci sia la pace e la stabilità

Una visione comune, quella delle identità come base fondante degli Stati, accanto alla consapevolezza che Varsavia “è il confine morale e materiale dell’Occidente”. Incontrando il primo ministro polacco, Mateusz Morawiecki alla vigilia del viaggio a Kiev, Giorgia Meloni non solo fa un passo nel sostegno a tutto ciò che vuol dire per l’Italia la Polonia (San Giovanni Paolo II incluso), ma mette l’accento su strategie comuni alla voce sicurezza e cooperazione. Ovvero la partita delle armi da destinare a Kiev (caccia dopo carri), il ruolo nuovo di un’Europa che tratti il dossier migranti con spirito di coesione e non con distacco verso i paesi di prima accoglienza e il disegno complessivo in cui incardinare le strategie comuni sulla guerra in Ucraina.

A Varsavia (prima di Kiev) il Presidente del Consiglio ritrova una Nazione “a cui come europei dobbiamo dire grazie per il lavoro straordinario che sta facendo a sostegno dell’Ucraina”, ha esordito, proprio per sottolineare una volta di più il tema delle frontiere esterne. Con il governo polacco ha ragionato sui futuri rifornimenti di armi all’Ucraina “affinché ci sia la pace e la stabilità”, nella convinzione, senza rischi di sbavature, che l’Ucraina può contare su Italia grazie ad un sostegno a 360 gradi, “perché ci siamo stati e ci saremo”.

Non solo geopolitica legata alla guerra, dunque, ma anche l’immigrazione è stata al centro del vertice: la posizione del premier italiano è che la discussione sulla gestione dei migranti deve essere “sulla dimensione esterna dei confini europei: inutile discutere dei movimenti secondari se a monte non discutiamo dei movimenti primari degli immigrati illegali”, ovvero quello stesso passaggio che in occasione dell’ultimo Consiglio Europeo ha prodotto la dichiarazione finale in cui l’assise continentale prendeva coscienza di un cambio di passo, anche grazie allo stimolo italiano.

Meloni alla Ue chiede risposte, “una Europa seria si deve occupare di questi temi con pragmatismo così come si deve occupare delle sue tante identità, delle nostre eccellenze che ci sembra che spesso vengano aggredite. Noi non siamo niente senza le nostre eccellenze e le nostre identità e i nostri prodotti che hanno fatto grande la nostra civiltà e continueremo a difenderli, a difendere il diritto di bere un buon bicchiere di vino e il diritto di non mangiare carne che non sia sintetica”. Il tema delle eccellenze dei singoli membri all’interno delle politiche Ue è stato più volte caldeggiato, dal momento che si tratta di “battaglie che conduciamo insieme” alla Polonia.

Passaggio che è propedeutico al macro tema delle riforme da attuare in Ue: Meloni ha assicurato di voler lavorare per Europa con principio sussidiarietà, senza dimenticare che con il premier polacco esiste anche una amicizia personale, “abbiamo un’idea molto simile e compatibile su come debba essere l’Ue come attore globale, ovvero vogliamo un gigante politico e non burocratico, lavoriamo per un’Europa in cui viga il principio di sussidiarietà: non faccia Bruxelles quello che possono fare Roma e Varsavia”.

Italia e Polonia infine sono unite anche dalla reciproca citazione nei singoli inni nazionali. “Ci sono stati italiani che hanno sacrificato se stessi per la libertà della Polonia e polacchi che hanno sacrificato se stessi per l’unità dItalia, altre figure ci hanno legato nel corso della storia” come quel “gigante della storia, della fede e dell’identità che ho avuto l’onore di conoscere”, ovvero San Giovanni Paolo II.

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