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Mps torna in rosso, ma Lovaglio limita i danni

La banca più antica del mondo archivia un 2022 non facile con perdite per 205 milioni, dopo l’utile del 2021. Ci sono di mezzo i costi per gli esuberi previsti dal piano Lovaglio. Che però vede il bicchiere mezzo pieno, al contrario della Borsa

Un bilancio in rosso, ma pur sempre meglio delle attese. Sono lontani i tempi in cui il Monte dei Paschi doveva incassare in silenzio una perdita di 1,6 miliardi di euro. Correva l’anno 2020 e della ricapitalizzazione da 2,5 miliardi frutto del raccordo Tesoro (azionista al 64%), anchor investor e fondazioni non se ne vedeva l’ombra. Ora che tutto, o quasi, è andato in porto, Luigi Lovaglio, ceo di Rocca Salimbeni, può guardare con relativo ottimismo a quella fase due che dovrebbe portare all’uscita dello Stato dal capitale e al ritorno di Siena in mano ai privati.

Ad oggi la certezza è che Mps ha chiuso il 2022 con una perdita di 205 milioni di euro, a fronte di profitti per 310 milioni del 2021, spingendo al ribasso (-3%) il titolo a Piazza Affari. La banca sarebbe però stata in utile se non ci fossero stati i 925 milioni di euro investiti nel piano di incentivi all’esodo che ha coinvolto 4 mila dipendenti e caposaldo del piano industriale che porta la firma dello stesso Lovaglio. Nel solo quarto trimestre dell’anno la banca toscana ha registrato profitti per 156 milioni di euro, il doppio rispetto alle attese degli analisti.

Lovaglio in ogni caso ha inteso guardare al bicchiere mezzo pieno. “Mps non è più un problema sistemico ma un vero asset di valore per il Paese. Oggi è esattamente un anno da quando ho avuto l’onore di assumere questo incarico. Mai mi sarei aspettato dopo solo 7 mesi dall’avvio del nuovo piano di trovarmi qui oggi a presentare i conti di un trimestre dove abbiamo registrato un Cost/income al 60%, già in linea con il target di piano al 2024, e un indice di solidità patrimoniale al 15,6%”, ha rivendicato il manager.

Tornando ai numeri del 2022, lo scorso anno Mps ha registrato ricavi per 3 miliardi, in crescita del 3,6% sul 2021, grazie al balzo del 26% del margine di interesse, spinto dal rialzo dei tassi, che ha compensato il calo delle commissioni (-8%), penalizzate dalla volatilità dei mercati, e il risultato inferiore al 2021 dell’attività di trading e dei proventi da partecipazioni. I costi per il personale sono scesi del 2,4% rispetto al 2021. Salgono leggermente i crediti in sofferenza che passato dai 3,2 miliardi di settembre ai 3,3 miliardi di fine anni. In aumento le perdite su crediti, salite dai 250 del 2021 a 417 milioni.

Un dato anche qui evidentemente influenzato e che include le rettifiche connesse all’operazione di cessione dei crediti deteriorati conseguenti all’utilizzo di scenari di vendita nei modelli di stima, nonché il costo derivante dall’aggiornamento degli scenari macroeconomici, mentre nel 2021 la banca aveva beneficiato di riprese di valore per circa 130 milioni su alcune posizioni.

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