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Cosa muove Nato e Ue nell’Indo Pacifico (e viceversa)

Per Pugliese (Osga di Oxford), è in corso una sovrapposizione di interessi tra Indo-Pacifico, attori regionali e Nato (Usa e Ue). È la stessa dinamica che porta la Nato a Seul e Tokyo; alti funzionari europei a incontrare partner giapponesi, australiani, sudcoreani e neozelandesi

Il Giappone, la Corea del Sud, l’Australia, la Nuova Zelanda e l’Unione europea hanno tenuto la scorsa settimana il loro primo colloquio vice-ministeriale degli Esteri, concordando di portare avanti una cooperazione specifica nella regione indo-pacifica.

Secondo fonti diplomatiche informate sui colloqui, i funzionari hanno condiviso l’opinione che sia “significativo” discutere di come “mantenere l’ordine internazionale libero e aperto basato sullo stato di diritto”. È una formula nota, spesso usata dalla diplomazia europea e statunitense alludendo all’assertività marittima della Cina nell’area – e rifacendosi alla visione della regione lasciata in eredità dal defunto premier nipponico Abe Shinzo, “l’Indo Pacifico libero e aperto”.

Qualcosa di molto simile nel wording è stato usato anche dalla Francia nel definire le ragioni che porteranno la Marine Nationale a operare con la Deutsche Marine nei prossimi mesi tra le acque dell’Indo Pacifico. Ambiente in cui anche l’Italia sarà impegnata prossimamente, in esercitazioni con “marine amiche” – come annunciato su queste colonne dal capo di Stato maggiore della Marina, l’ammiraglio Enrico Credendino.

La Marina invierà “Nave Morosini” per attività all’interno di quelle acque che sono tra le più sensibili del pianeta, mentre nell’incontro virtuale tra alti funzionari europei e regionali si è discusso di come rafforzare il partenariato di sicurezza con i quattro Paesi dell’Indo Pacifico, soprattutto dopo che la Russia ha lanciato la sua invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022.

All’incontro hanno partecipato il segretario generale del Servizio europeo per l’azione esterna, il diplomatico italiano Stefano Sannino, che si trovava a Tokyo a fianco al vice ministro degli Esteri, Takeo Mori. A loro si sono uniti in forma virtuale Cho Hyun-dong della Corea del Sud, Jan Adams dell’Australia e Chris Seed della Nuova Zelanda.

I cinque partecipanti hanno anche parlato di come aumentare il coinvolgimento dell’Unione europea e delle nazioni che condividono lo stesso approccio nella regione indo-pacifica, i cosiddetti partner “like-minded”. E in questo quadro, la Nato gioca un ruolo determinante, come spiegato dal segretario generale Jens Stoltenberg durante la doppia visita asiatica, tra Seul e Tokyo, attualmente in corso.

L’alleanza considera quei quattro Paesi dell’Asia-Pacifico come nazioni partner. I loro leader sono stati invitati per la prima volta al vertice che si è tenuto a Madrid nel giugno dello scorso anno. Attività di cooperazione e di congiunzione dei dossier sono in corso. Varie forme di alleanze e cooperazioni li coinvolgono, dal Quad ai Five Eyes o l’Aukus. D’altronde, è stato il conflitto in Ucraina a dare una spinta a certe dinamiche, già pensate dai pianificatori europei, americani e asiatici anche in ottica del contenimento e del confronto all’ascesa cinese.

Aspetti emersi nella pianificazione Nato e Ue affidata allo Strategic Concept a allo Strategic Compass e chiaramente rintracciabili nei nuovi documenti di strategia di sicurezza nazionale giapponesi e sudcoreano. La concomitanza temporale degli incontri guidati dall’Ue e quelli Nato è forse casuale nelle tempistiche, ma non nei contenuti dunque.

“Per tutto il 2022 i politici giapponesi hanno esplicitamente collegato l’aggressione della Russia all’Ucraina con la politica estera e di sicurezza più assertiva della Cina,  insieme a narrazioni che mettevano in relazione il governo unico di Xi Jinping con quello di Vladimir Putin, con una maggiore attenzione pubblica dedicata alla sicurezza militare in generale, nonché alle contingenze militari attraverso lo Stretto di Taiwan”, spiega a Formiche.net Giulio Pugliese, lecturer alla Osga di Oxford, senior fellow allo Iai, Part-Time Professor presso lo Robert Schuman Centre dello European University Institute, tra i massimi esperti della regione indo-pacifica.

Contemporaneamente, le relazioni tra Giappone e Corea del Sud si stanno riprendendo, anche se con qualche esitazione: “Di fronte alla recente riattivazione delle dimostrazioni militari della Corea del Nord, con il più alto numero di lanci di missili balistici di sempre visto durante lo scorso anno, i due Paesi hanno ripreso le esercitazioni militari e hanno persino promesso, entro la fine dell’anno, di scambiarsi informazioni militari in tempo reale”, aggiunge.

“Inoltre – continua – i nuovi leader di Seul e Tokyo si sono incontrati con la controparte statunitense per continuare il dialogo avviato a Madrid. Il mini-laterale Cina-Giappone-Corea del Sud, invece, non è in gran forma. Secondo un diplomatico coreano di alto livello, che ne conosce bene il funzionamento, c’è scarsa volontà politica e poca capacità burocratica per consentirne il funzionamento, nonostante il suo ambito fosse limitato a ‘piccole questioni che interessavano tutte le parti’”. L’ultimo incontro è stato nel 2019.

Attraverso iniziative funzionali in materia di sicurezza ed economia, il governo giapponese ha colmato il divario tra i cosiddetti attori “like-minded” nei teatri euro-atlantico e indo-pacifico – quello sudcoreano sta provando a fare lo stesso, e non a caso Stoltenberg è partito da Seul con la promessa di un impegno maggiore da parte della Corea nell’assistenza all’Ucraina.

“Queste iniziative sono perfettamente in linea con la volontà del governo statunitense di aggirare le disfunzionalità del sistema multilaterale basato sulle Nazioni Unite cementando coalizioni ad hoc tra alleati democratici, come esemplificato dall’Aukus, dal Quad, dal Partenariato per il Pacifico Blu e dalla cooperazione tra i partner del G7. con l’aggiunta al bisogno di India, Australia e Corea del Sud (alias Democratic10, D-10)”, spiega Pugliese.


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