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Si scrive energia verde, si legge atomo. La mossa francese vista da Zollino

​Il docente dell’Università di Padova a Formiche.net: i numeri dicono da decenni che l’energia nucleare è la meno rischiosa e la più pulita, il tasso di emissioni in Francia lo dimostra. Poco comprensibile l’irrigidimento dell’Italia. La Germania? I tedeschi sono cocciuti, senza atomo andranno a sbattere​

Meglio insieme e, possibilmente, ben accompagnati. Forse la pensano proprio così a Parigi, se l’argomento di discussione è l’atomo. Poche ore fa, la Francia di Emmanuel Macron, ha scoperto le carte, facendo ben intendere all’Europa che il nucleare di ultima generazione (di recente inserito nella tassonomia europea e dunque a pieno titolo nel novero delle energie pulite), non è il passato e tanto meno il presente, dove conta solo sopravvivere senza il gas della Russia. Ma il futuro, quello sì. E così, l’Eliseo ha lanciato una specie di chiamata a raccolta di 12 Stati europei: tra questi c’è anche l’Italia.

“A margine del Consiglio informale Energia a Stoccolma riuniremo i Paesi che hanno un posto nel nucleare”, ha annunciato il ministro francese per la transizione energetica, Agnes Pannier-Runacher. “Rinnovabili e nucleare sono i pilastri su cui costruire la nostra transizione energetica, abbiamo bisogno di entrambi e i Paesi devono poter decidere il proprio mix energetico”. Oltre alla Francia, gran tessitrice della tela nucleare, all’incontro parteciperanno Romania, Bulgaria, Slovenia, Repubblica Ceca, Svezia e Italia (Roma, però, ha smentito) Slovacchia, Polonia, Ungheria, Croazia, Paesi Bassi e Finlandia.

Problema, non tutti in Europa hanno la libido dell’atomo. Francia, Svezia e Ungheria utilizzano già l’energia nucleare, producono grazie ad esso elettricità e la vendono a Stati terzi (Italia inclusa), mentre altri Paesi, tra cui la Polonia, vogliono costruire i loro primi reattori. Ma c’è chi, come la Germania, tale fonte di energia l’ha abbandonata due anni orsono, rispolverando il caro vecchio carbone, dopo lo scoppio della guerra e il blocco delle forniture russe di metano. L’Italia, poi, l’atomo lo ha salutato oltre 35 anni orsono. E allora, che si fa? E quale dovrebbe essere l’atteggiamento dell’Italia? Formiche.net ne ha parlato con Giuseppe Zollino, professore di tecnica ed economia dell’Energia alla Facoltà di ingegneria dell’Università di Padova e responsabile energia di Azione.

EUROPA SCHIZOFRENICA SULL’ATOMO

“La Francia ha la più grande infrastruttura nucleare in Europa ed è il Paese con le minori emissioni di CO2 per kilowattora prodotto, insieme con la Svezia. La Germania, issata ad emblema europeo di decarbonizzazione dagli ambientalisti nostrani, ha emissioni per kilowattora 5-6 volte maggiori. Ecco, questo la dice lunga sulle opportunità offerte dal nucleare”, premette Zollino. “Nel 2022, le emissioni tedesche per la generazione elettrica sono state 470 gCO2/kWh, quelle francesi di appena 72. Ben 6,5 volte di meno. E uno pensa: chissà che procedure d’infrazione avrà avviato la Commissione europea contro la Germania? E invece no: la multa da mezzo miliardo se l’è beccata la Francia, per non aver usato abbastanza fonti rinnovabili”.

Dunque? “Questo per dire che in Europa, da oltre 20 anni, vige una strana regola: si dichiara l’obiettivo della decarbonizzare e poi si pongono obiettivi vincolanti di produzione da rinnovabili, negando con ciò l’evidenza empirica: la tecnologia più efficiente ed efficace per abbattere le emissioni è il nucleare. E vorrei sottolineare che stiamo parlando delle tecnologie nucleari già disponibili, quelle di terza generazione evoluta, non del nucleare che verrà, che ovviamente sarà accolto con entusiasmo, appena disponibile. Ecco, la proposta francese va esattamente nella direzione di valorizzare un’asset chiave per la decarbonizzazione, come il nucleare”.

IL GOVERNO DICA SI ALL’INVITO FRANCESE

Zollino insiste. “Che il nucleare sia privo di controindicazioni non lo dice la politica, ma i ricercatori, la scienza, i numeri. Il Centro Comune di Richiesta ha prodotto uno studio corposo che dimostra senza equivoci che il nucleare rispetta il principio così detto Do Not Significant Harm, e perciò è tecnologia idonea per la decarbonizzazione, al pari delle rinnovabili. L’iniziativa francese è in questo senso corretta e persino tardiva. E, mi permetta, trovo inspiegabile il rifiuto italiano di partecipare, insieme con altri 11 Paesi membri ad una riunione peraltro informale convocata dalla presidenza svedese. Soprattutto alla luce del fatto che l’attuale maggioranza di governo aveva inserito il nucleare nel programma elettorale. Ora che abbiamo di fronte una sfida difficile come quella dell’azzeramento delle emissioni al 2050, e tutti gli scenari ci mostrano che per questo ci servirà più del doppio dell’energia elettrica che usiamo oggi, davvero pensiamo di generarla tutta con fonti variabili e stagionali, come il solare e l’eolico e impressionanti quantità di sistemi di accumulo?”

La conclusione del ragionamento è questa. “Senza nucleare in Italia azzerare le emissioni è molto più impattante in termini si occupazione di suolo e di materiali necessari per gli impianti, e pure più costoso. Perché nel confronto dei costi, bisogna considerare tutti quelli necessari al funzionamento del sistema, anche quando di notte non c’è vento (e la produzione solare ed eolica sono entrambe nulle). L’Italia non si doveva tirare fuori, speriamo solo temporaneamente, dall’alleanza per il nucleare. Né può essere una giustificazione il fatto che una parte dell’opinione pubblica è purtroppo vittima di campagne denigratorie quanto interessate contro i rischi dell’energia nucleare e delle radiazioni in genere. Anche su questo, i dati ufficiali, raccolti dalle Nazioni Unite, mostrano che il nucleare è in fondo alla classifica per numero di morti in incidenti, a parità di energia prodotta. E l’idroelettrico, per esempio, ha numeri purtroppo molto più grandi. Ce lo ricordiamo, infatti, il disastro del Vajont, nel 1963, che fece 2000 morti. Per fortuna, dopo quel drammatico evento, nessuno pensò di indire un referendum per abrogare l’energia idroelettrica in Italia. E nessuno ne parla oggi, mentre molti -dichiarandosi in guerra contro il cambio climatico- vorrebbero che rinunciassimo per sempre al nucleare, che è l’arma più efficace per combatterlo. Proprio come chi vorrebbe combattere le pandemie senza il ricorso ai vaccini”.

LA GERMANIA E IL SUO DESTINO

Zollino affronta, infine, il caso tedesco. Berlino, come noto, due anni fa ha spento molte delle sue centrali. Ma non tutte. “Tanto per cominciare in Germania ci sono ancora tre centrali nucleari attive. Sarebbe stato meglio estendere la vita anche alle altre tre, specie con le difficoltà di approvvigionamento gas dell’ultimo anno e mezzo, ma hanno preferito aumentare la produzione a lignite, il peggior nemico del clima. Il governo tedesco, come sappiamo, è fortemente indirizzato dall’ideologia verde. Per loro il No al nucleare è un dogma: non c’è spiegazione che possa rimuoverlo. Se all’approccio dogmatico ci somma la cocciutaggine germanica, beh non serve aggiungere altro. Pazienza, noi non possiamo farci molto. Se non studiare bene il caso proprio come esempio da non imitare”.


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