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Perché il piano per Serbia e Kosovo è un altro successo di Ue e Nato

L’iniziativa europea mira anche a lanciare un “segnale” in direzione di Cina e Russia che in tutti i modi hanno più volte tentato di destabilizzare la dorsale balcanica, incuneandosi nelle criticità esistenti al solo fine di azzoppare l’allargamento dell’Ue

Superare l’eredità del passato, nella consapevolezza che da un lato le frontiere e l’integrità territoriale vanno preservate (al pari delle minoranze) e, dall’altro, occorre compiere un passo deciso verso la cooperazione regionale che è anticamera alla sicurezza in Ue. Questo in sintesi l’humus attorno al quale è stato concepito l’accordo di normalizzazione dei rapporti fra Pristina e Belgrado, all’indomani di un periodo cuscinetto che non ha stemperato le tensioni fra i due Paesi ma che ora, proprio alla luce di questo vademecum, può essere messo alle spalle.

Una mossa, quella di Bruxelles, che sa anche di monito a soggetti esterni come Pechino e Mosca, da sempre ultra invasivi in quella macro area così delicata e geopoliticamente rilevante. L’incontro di Bruxelles è stato inoltre preceduto da una lettera vergata da Giorgia Meloni, Emmanuel Macron e Olaf Scholz in cui i due governi sono stati esortati a sostenere il dialogo accettando il plan dell’Ue. Oltre al risultato in sé, quindi, spicca l’aspetto dell’azione congiunta di Roma, Parigi e Berlino come buona prassi.

Il piano

Il sostegno al testo del primo ministro del Kosovo, Albin Kurti, e del presidente serbo Aleksandar Vucic, alla presenza dell’alto rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell, assume un ruolo altamente significativo all’interno del quadro geopolitico complessivo. Mostra come, al netto di problematiche complesse, inserite in una contigenza già altamente critica a causa della guerra in Ucraina (dopo la vax diplomacy cinese proprio nei Balcani), le parti hanno mostrato la volontà di rifarsi a trattati internazionali, alla Carta delle Nazioni Unite che viene richiamata anche in relazione alla risoluzione di controversie e, quindi, ad una visione complessivamente europea.

Inoltre le parti si sono impegnate a “assicurare un livello adeguato di autogestione per la comunità serba in Kosovo e la capacità di fornire servizi in settori specifici, compresa la possibilità di un sostegno finanziario da parte della Serbia e un canale di comunicazione diretto per la comunità serba con il governo del Kosovo”. Spazio anche allo status della Chiesa serbo-ortodossa in Kosovo che verrà protetta anche per ciò che concerne i siti del patrimonio religioso e culturale serbo. Spetterà ad un comitato congiunto presieduto dall’Ue il compito di advisor.

Le reazioni

Una forte spinta ideale (e anche materiale) alla questione è arrivata dall’inviato speciale degli Stati Uniti d’America per i Balcani occidentali, Gabriel Escobar, che ha tenuto comunque una posizione prudente, osservando che “una conclusione positiva del dialogo tra Kosovo e Serbia è ancora lontano e occorre lavorare molto prima di raggiungere un accordo tra i due Paesi”.

Pollice in su da altri soggetti (non) marginalmemte coivolti: è il caso dell’Albania, il cui premier Edi Rama ha twittato che la pace e la cooperazione sono fondamentali per il futuro “che dobbiamo ai nostri figli in questa regione devastata da secoli dalla mancanza di pace e cooperazione. Accolgo con favore il consenso delle due parti per l’accordo sul percorso verso la normalizzazione tra Kosovo e Serbia”. Mentre il Dipartimento di Stato Usa ha definito la proposta Ue una “buona occasione”, anche per “far avanzare i nostri obiettivi chiave per la regione dei Balcani occidentali, compresa la garanzia di pace e stabilità per tutte le persone nella regione”.

In sostanza l’iniziativa europea mira anche a lanciare un “segnale” in direzione dei due super player che in tutti i modi anno più volte tentato di destabilizzare la dorsale balcanica, incuneandosi nelle criticità esistenti al solo fine di azzoppare l’allargamento dell’Ue.

Italia & Balcani

Tra le altre cose sul punto spicca il “Piano strategico per la regione adriatico-balcanica” realizzato dalla Direzione generale per la promozione del Sistema Paese della Farnesina con la collaborazione di Agenzia Ice, Sace, Simest e in raccordo con le sedi diplomatiche presenti nei diversi Paesi. L’obiettivo è quello di utilizzare questa panoramica sulle relazioni economiche con i Paesi della regione per progettare una serie di interventi ad hoc, oltre che implementare la presenza del sistema imprenditoriale italiano. Obiettivo, questo, più volte ribadito dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni oltre che essere stato al centro della Conferenza sui Balcani di Trieste.

L’area balcanica, inoltre, è stata attenzionata dalla relazione annuale dell’intelligence, secondo cui la guerra in Ucraina ha rafforzato l’attenzione verso i Balcani occidentali, “percepiti come un punto debole dell’architettura di sicurezza europea e vulnerabili ad azioni di ingerenza da parte della Russia”. In primis la relazione ha messo l’accento sul fatto che Mosca “si connota come rilevante fattore esterno di destabilizzazione del quadrante: con lo scopo di deteriorare la percezione dell’Unione europea e della Nato e rallentare le prospettive di integrazione euro-atlantica, e, contestualmente, alimentando le tensioni interetniche (ad esempio, in Kosovo) e sostenendo le politiche destabilizzanti di alcuni leader locali, come quello della Repubblica Srpska”.

(Foto: twitter profile Borrell)



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