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Putin strategy, nuovo attacco a Kiev e continuità con Stalin

Putin starebbe pianificando un ennesimo attacco a tenaglia contro l’Ucraina. A Varsavia e nelle capitali occidentali si segue con sgomento la mistificazione dell’80esimo anniversario della cruciale battaglia di Stalingrado. Il Cremlino non si rende conto che le parti si sono invertite e la resistenza all’invasore è oggi quella vissuta sulla propria pelle dagli ucraini. L’analisi di Gianfranco D’Anna

Mosca prepara un attacco concentrico contro Kiev. Secondo il primo ministro polacco Mateusz Morawiecki, la Putin strategy prevede una contemporanea offensiva da tre direzioni per circondare le forze ucraine.

In una intervista al quotidiano tedesco Bild, il capo del governo polacco afferma che la Russia ha mobilitato da 200 a 500mila soldati e sta ammassando armamenti e rifornimenti. Sulla base della cosiddetta dottrina Gerasimov, il nuovo comandante in capo dell’armata russa d’invasione, non si può escludere – ha aggiunto Morawiecki – un attacco dalla Bielorussia per circondare Kiev da ovest.

L’offensiva di Mosca può scattare a marzo o aprile, quando il fango del terreno paludoso si sarà prosciugato. Alla domanda del giornale tedesco se consideri realistico lo scenario di un rovesciamento di Putin, il premier polacco ha risposto: “Da un lato non punterei troppo a questo scenario, dall’altro conosco la storia di alcune rivoluzioni dove alla calma, segue ancora calma, finché non cominciano rivolte nelle strade e poi le rivoluzioni o i cambi di governo. Quindi non lo escluderei “. Quanto alle conseguenze di un’eventualità di questo tipo, Morawiecki è esplicito: “Penso che il presidente russo sia una persona molto cattiva, ma penso anche che non sia l’unica condizione perché potrebbe esserci un altro Putin ancora peggiore. Quindi non è l’unico fattore”. Il Cremlino intanto cavalca la retorica di Stalingrado per coprire le perdite di vite umane sempre più gravi che sta subendo in Ucraina. Putin si è recato a Volgograd, la città dove ottant’anni fa, si concludeva la battaglia più sanguinosa della storia, una carneficina con oltre due milioni di vittime che segnò il definitivo “giro di boa” della seconda guerra mondiale, e l’inizio della disfatta delle truppe di Hitler. Quello scontro colossale si svolse sulle rive del Volga, ed ebbe per centro la città che al tempo si chiamava Stalingrado, l’attuale Volgograd che oggi, che di fatto, sarà per un giorno la capitale di una Russia che nell’anniversario di quella vittoria cerca un’ulteriore spinta per affrontare un’altra carneficina, quella del conflitto contro Kiev. Vladimir Putin non ha esitato a tracciare un parallelo tra la resistenza contro Hitler e l’invasione dell’Ucraina. Senza rendersi conto che le parti si sono invertite e la resistenza all’invasore è oggi quella vissuta sulla propria pelle dagli ucraini.

Rivelatore della metamorfosi sovietica del leader del Cremlino, a Volgograd è stato inaugurato un busto del dittatore Joseph Stalin. Da quando Putin ha preso il potere in Russia, nel 2000, c’è stato un crescente coro giustificazionista e nazionalista del ruolo del despota nella storia. Tanto che gli storici hanno più volte denunciato la strisciante riabilitazione di Stalin nel Paese. Più di tanti paragoni e di corsi e ricorsi, il busto di Stalin per l’80entesimo della battaglia di Stalingrado evidenzia la continuità con il protagonista dei trentun anni più sanguinosi e tragici della storia russa. Trentuno anni, tanti quanto durò il regime stalinista, di deportazioni e massacri di avversari politici e interi popoli, con un bilancio di decine di milioni di vittime e orrori che probabilmente fecero concorrenza all’abisso dell’umanità scatenato da Hitler e dai regimi nazifascisti.

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